Memorie Di Un Assassino, in sala il capolavoro del 2003 del premio Oscar Bong Joon-ho

Con "Parasite" Academy Two distribuisce un prcedente film del regista. È il racconto di un’indagine su di un serial killer nella Corea del Sud degli anni Ottanta. Grande fascino visivo e precise stoccate alla storia del paese. Da non perdere

Memorie Di Un Assassino

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L’effetto Oscar si è fatto sentire. Dopo aver vinto 4 statuette, su tutte quella storica per il Miglior film, il ritorno al cinema di Parasite di Bong Joon-ho sta portando risultati ragguardevoli. Da quando è uscito nuovamente, il 6 febbraio, il film sudcoreano ha raddoppiato gli incassi, passando da 2 a 4 milioni, con quest’ultimo weekend a 1,4 milioni. Negi Stati Uniti, intanto, questa settimana ha incassato 8,8 milioni di dollari, per un totale che ormai supera i 44. E sul piano globale è stato sfondato il muro dei 200 milioni.

Complimenti al distributore italiano Academy Two, che ha creduto nel film, scommettendo nel rilancio attraverso un’operazione congiunta che ha compreso anche la programmazione di un precedente film di Bong Joon-ho vecchio quasi di vent’anni, Memorie Di Un Assassino (2003), in Italia mai proiettato prima in sala. Il riscontro al botteghino è stato naturalmente inferiore, ma non insignificante, 112mila euro in 40 sale.

A indicare che, con le giuste strategie è possibile dare visibilità a quell’enorme giacimento di valore costituito dai classici del cinema. Magari appartenenti a quelle cinematografie emergenti che, il risultato degli Oscar 2020 sta lì a suggerirlo, posseggono una potenziale capacità di attrazione del pubblico fino a poco fa non immaginabile. Anche perché, nel frattempo, grazie allo streaming, gli spettatori sono stati educati all’incontro con film e immagini un tempo invisibili, provenienti da tutto il mondo. E dopo aver fatto la conoscenza di certi film e certi autori sul piccolo schermo, è possibile che abbiano più voglia di incontrarli anche sul grande, in un’ottica virtuosa, non di pura competizione, ma di integrazione tra sala e streaming – cosa che comincia a emergere da alcune ricerche.

La cosa diventa ancora più probabile se si ha a che fare con film di qualità come Memorie Di Un Assassino, un thriller in cui l’allora poco più che trentenne Bong Joon-ho, alla sua seconda regia, rivelò già compiutamente il suo talento. Siamo nel 1986, gli anni nella storia della Corea del Sud della presidenza del generale Chun Doo-hwan, che s’era impossessato del potere nel 1979 con un colpo di Stato, esercitandolo in forme violente e repressive. Un paesino di provincia è scioccato dai delitti di un misterioso serial killer che sevizia e uccide giovani donne. Il detective Park Doo-man (è Song Kang-ho, il protagonista di Parasite) brancola nel buio e da Seoul viene inviato un collega per aiutarlo, Seo Tae-yoon (Kim Sang-kyung). Il primo s’affida ciecamente al suo istinto (“So tutto, mi basta guardarti in faccia”), l’altro ha un approccio metodico, attentissimo ai documenti e le evidenze della scientifica.

Memorie Di Un Assassino, tratto da un romanzo (Come And See Me di Kim Kwang-rim), a sua volta ispirato a una storia vera, è molto più di un confronto tra due caratteri agli antipodi. Bong Joon-ho usa il genere poliziesco per raccontare un ambiente e un’epoca. Che è la Corea del Sud ritratta negli anni del regime dittatoriale. Una realtà in cui è prassi accettata che la polizia utilizzi metodi d’indagine violenti, torturando gli indiziati – individuati più sulla base del pregiudizio che di indizi affidabili – e addirittura creando prove false. Un mondo in cui non esiste spazio alcuno per le donne – una poliziotta che dimostra buona attitudine e intuizioni è relegata al ruolo di passacarte – e in cui diventa impossibile effettuare un’operazione di polizia perché tutto il personale è impegnato nella repressione di una protesta studentesca (il regime di Chun Doo-hwan si rese protagonista di massacri di dimostranti).

In Memoria Di Un Assassino l’indagine diventa il riflesso della storia del paese. E tanto le violenze del serial killer nei confronti delle donne quanto quelle perpetrate da una polizia brutale (c’è un terzo detective che non fa nulla per controllare i suoi istinti peggiori) si fanno metafora di una condizione sociale più generale. Bong Joon-ho mostra già un uso controllatissimo della macchina da presa, con piani sequenza e un’alternanza sapiente di luminosi campi lunghi e dettagli cupi e asfissianti.

La sensazione di un paese giunto al capolinea è evidente. Sia nel dipanarsi della vicenda, con l’indagine che si trascina stancamente per anni senza un colpevole. Sia nell’uso metaforico degli spazi, dall’angusto canale di scolo in cui viene ritrovata la prima vittima al tunnel in cui nel finale i due protagonisti si ritrovano insieme a un indiziato, immersi nel buio non solo delle proprie frustrazioni ma anche della ragione – quel che accade a Seo Tae-yoon, che smarrisce progressivamente la sua lucidità da detective analitico.

Memorie Di Un Assassino non possiede la levigatezza di Parasite, anche perché precede le esperienze internazionali di Bong Joon-ho di Snowpiercer e Okja, con le quali il regista ha preso meglio le misure di un cinema globale capace di parlare a tutti. Ma la matrice del suo cinema è già matura, e se manca l’amalgama tragicomico proprio del film premio Oscar – gli scatti di tono farseschi agli occhi di uno spettatore occidentale possono risultare squilibrati – c’è la capacità di costruzione di una narrazione di forte presa spettacolare, che regala personaggi e momenti che si stagliano nella memoria. Curiosamente, la storia segue la stessa dinamica di Zodiac di David Fincher, che però sarebbe stato girato solo quattro anni più tardi, nel 2007.