Giornata mondiale contro l’AIDS, 4 fra le serie tv più costruttive sulla vita con l’HIV

La televisione non offre molto spazio alla rappresentazione di personaggi sieropositivi; quando lo fa, però, riesce a restituirne ritratti carichi di umanità

Serie tv con personaggi sieropositivi

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Celebrare delle giornate mondiali non ristabilisce i torti subiti, non cancella le cattive azioni né rettifica i mali della storia, ma aiuta a tenere alta l’attenzione su temi di cui spesso non ci si cura abbastanza. E così il 1° dicembre di ogni anno la Giornata mondiale contro l’AIDS prova a smuovere le coscienze sull’epidemia causata dal virus HIV. Nonostante i progressi farmacologici e una maggiore conoscenza della questione, l’AIDS e la vita con l’HIV continuano a essere oggetto di dolorosi pregiudizi.

La televisione, come il cinema e la letteratura, può dare un contributo costruttivo alla rappresentazione del tema, offrendo spunti che aiutino a comprendere meglio la storia del virus e la vita con l’AIDS. Negli ultimi anni sono state quattro, in particolare, le serie tv capaci di offrire uno spazio significativo a una fetta di popolazione spesso trascurata, quando non completamente dimenticata.

Pose

Gli obiettivi di sensibilizzazione della Giornata mondiale contro l’AIDS si sovrappongono perfettamente alla natura didattica di Pose. La seconda stagione, in particolare, mostra tutta la forza con cui la serie FX di Ryan Murphy tenta di informare e coinvolgere il pubblico nella dolorosa storia della comunità LGBTQ degli anni ’80 e ’90. L’obiettivo non è stimolare una pura e semplice compassione nei confronti di una parte della società che pure ne meriterebbe a iosa, quanto far luce su una tragedia consumata nell’indifferenza generale.

È così che Pose porta sulla scena il cimitero improvvisato di Hart Island, una terra di nessuno in cui venivano sepolti i corpi dei newyorchesi morti a causa dell’AIDS. Ed è così che sconvolge le vite di tanti suoi personaggi, e in particolare dei due protagonisti, Pray Tell (Billy Porter) e Blanca (Mj Rodriguez), entrambi talmente fiaccati dal virus da esser pronti a gettare la spugna.

Fino all’emergere di una chiara lezione finale, naturalmente. Quella che abbiamo rilevato nella nostra recensione e che Pose trasmette con tutte le sue forze di episodio in episodio: vale la pena lottare, vale la pena vivere, perché ad accompagnare ogni passo c’è l’amore di una famiglia che non guarda alla biologia per trovare senso e forza.

Le Regole del Delitto Perfetto

Era difficile immaginare che una serie tv così impegnata a districarsi fra morti, segreti, complotti e manovre illecite potesse riuscire a far posto a una questione tanto complessa, eppure ci è riuscita. Le Regole del Delitto Perfetto – in pausa invernale su ABC dopo una lunga serie di shock – è anzi una delle poche serie recenti ad aver azzeccato la rappresentazione di un personaggio sieropositivo.

Oliver (Conrad Ricamora) è un ragazzo gay dalla sensibilità molto pronunciata e scoprire di essere sieropositivo mina ogni sua sicurezza. Ciò che però lo eleva rispetto a un qualunque personaggio di sfondo colpito da una tragedia personale è la complessità delle sue reazioni. Le Regole del Delitto Perfetto riesce infatti a seguire le varie fasi della sua presa di coscienza, dal dolore iniziale alla capacità di processarlo e, per quanto possibile, metabolizzarlo. Il risultato è un uomo completo di pregi e difetti e, da questa parte dello schermo, un personaggio colpito ma non definito dal virus dell’HIV.

Looking

Amata e odiata, la serie HBO Looking non è stata forse il più fortunato tentativo di rappresentare sul piccolo schermo la variegata comunità gay californiana dei nostri tempi. Eppure l’Eddy della serie, interpretato da Daniel Franzese, è sopravvissuto ai giudizi più impietosi per via dell’umanità profonda del suo personaggio. Eddy è infatti un uomo gay sieropositivo, impegnato nell’accettazione del proprio corpo e della fisicità di chiunque lo circondi.

Proprio come Oliver, anche Eddy non è definito dal virus dell’HIV. Ne viene colpito ma non affondato, e se la sua forza non sembra emergere negli episodi della serie, è invece molto più evidente nel contesto della rappresentazione delle persone sieropositive in televisione. Raccontando di Eddy e della sua condizione, infatti, Looking riesce a diffondere conoscenze cruciali sulle relazioni fra uomini sieropositivi e non, sui trattamenti preventivi del virus e i sentimenti delle persone costrette a conviverci.

Tales of the City

La Barbary Lane di San Francisco è un luogo quasi mitico, ormai. Protagonista al pari dei suoi personaggi in Tales of the City, fa da sfondo alle colorate vite di una comunità LGBTQ cementata attorno alla figura di Anna Madrigal (Olympia Dukakis). La versione televisiva attuale, disponibile su Netflix e che abbiamo già recensito, è solo l’ultimo capitolo di una storia lunga quarant’anni e nella quale Armistead Maupin si è sentito in dovere di far spazio anche all’AIDS.

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La morte per AIDS del personaggio di Jon Fielding, in onda nel 1983, è la prima del genere nella storia della serialità televisiva. Per quanto brutale, ha aiutato ad ancorare alla realtà una produzione che fino a quel momento aveva cercato di mettere la positività davanti a tutto. E poi è arrivato il personaggio di Michael (Murray Bartlett), scopertosi sieropositivo nel 1989 e poi ancora perfettamente in salute nei tempi moderni, quelli osservati dalla serie Netflix.

Il suo essere sopravvissuto agli anni più duri dell’epidemia di AIDS non lo rende irrilevante ai fini narrativi. Al contrario, gli permette di esprimere tanti dei dubbi e delle frustrazioni degli uomini nelle sue condizioni. Uomini che, sì, possono ancora contare sul dono della vita, ma che per un’epidemia terribilmente virulenta hanno perso tanti degli affetti più cari e la possibilità di vivere liberi dai pregiudizi altrui.