It – Capitolo Due parte bene al botteghino, ma il ritorno di Pennywise è deludente

I ragazzini di “It” sono cresciuti e a quarant’anni si ritrovano per combattere il loro arcinemico. Partendo dal romanzo di Stephen King, Muschietti costruisce un film sulla memoria e i traumi del passato. Il risultato è al di sotto delle ambizioni

It – Capitolo Due

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È un esordio molto positivo quello di It – Capitolo Due. All’uscita di giovedì il film racimola 1,4 milioni, facendo meglio del primo episodio, che era partito con 1,1 milioni e scalzando Il Re Leone, ininterrotto leader degli incassi da due settimane.

Anche stavolta in cabina di regia c’è Andy Muschietti, che ha scelto di adattare il fluviale bestseller di Stephen King, presente anche in un cameo, dividendolo in due capitoli. Il romanzo era costruito in un andirivieni tra gli anni Cinquanta in cui i protagonisti adolescenti facevano la conoscenza del diabolico pagliaccio Pennywise (Bill Skarsgård) e gli anni Ottanta in cui, da adulti, si riunivano per combatterlo. Muschietti ha scelto una netta suddivisione cronologica: per cui gli anni Ottanta sono diventati il passato nel quale si è svolto il primo episodio It, e l’oggi è lo scenario di It – Capitolo Due, in cui si muovono questi ormai quarantenni che, fedeli all’antica promessa fatta 27 anni prima, tornano nella cittadina natale di Derry per affrontare l’arcinemico.

Pennywise riappare una notte uccidendo ferocemente un omosessuale, curiosa presenza di Xavier Dolan. L’unico del club autodefinitisi dei “perdenti” rimasto a vivere in città, Mike, avverte gli altri. Che, sebbene recalcitranti, tornano per sconfiggere definitivamente il clown.

Il character poster di James McAvoy per il film

It – Capitolo Due vuole essere un film sull’oblio e la memoria. Tutti i personaggi hanno rimosso completamente gli avvenimenti di 27 anni prima. E rimettere piede nell’odiata Derry li obbliga a un’immersione nel proprio passato traumatico, in cui il clown e le terrificanti allucinazioni che è in grado di innescare costituiscono la proiezione delle paure recondite dei protagonisti. È un po’ come se tornassero al punto di partenza, degli adulti costretti a rivivere le inquietudini di un’adolescenza mai definitivamente superata. E qui Muschietti rimescola le cronologie, sovrapponendo ai protagonisti cresciuti le loro versioni da ragazzini, a segnare la forza del legame tra il sé di oggi e quello di un tempo, e quanto sia difficile, e inaggirabile, fare i conti col passato.

Detto questo il film è più macchinoso del precedente, a partire da una durata ingiustificata di due ore e tre quarti, che dilata oltremisura le situazioni, soprattutto l’ultima parte dello scontro finale. Il primo episodio manteneva un equilibrio tra gusto vintage anni Ottanta e il riferimento a un universo visivo tra cinema d’epoca modello Goonies e serie tv odierne alla Stranger Things. E nelle angosce del gruppo di ragazzini trovava la chiave per costruire un coinvolgente romanzo di formazione di provincia, dosando bene parti orrifiche e parti sentimentali.

It – Capitolo Due è più sfocato. I protagonisti quarantenni sono decisamente meno interessanti delle versioni giovanili, anche perché le loro storie personali vengono appena abbozzate – e risultano sprecati attori come Jessica Chastain e James McAvoy. L’elemento di fondo, la morale su cui vuole insistere il film è che, sebbene siano diventati dei professionisti più o meno di successo, chi architetto, chi scrittore, chi stand up comedian, i protagonisti mantengono al fondo le stesse insicurezze dei ragazzini di un tempo, che il clown Pennywise riattiva implacabilmente.

Così il film finisce per essere una sorta di replica del primo episodio, ancora una volta un romanzo di formazione con conseguente superamento di (tardiva) linea d’ombra. Senza però riuscire mai a mostrare un autentico senso di amarezza, che sarebbe stato più consono alla vicenda di adulti che scoprono di non essere mai veramente cresciuti.