‘Sponz Fest’ e ‘La Luna e i Calanchi’, due eventi che hanno reso due paesi teatro di arte e musica

Migliaia di ragazzi e famiglie da tutta Italia, hanno risvegliato questi piccoli deliziosi paesi con il giusto rispetto, cogliendo il senso e lo spirito delle feste


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Sono reduce da una settimana di musica e poesia vissuta tra lo Sponz Fest, il festival itinerante ideato e diretto da Vinicio Capossela, che si svolge in Irpinia e La Luna E I Calanchi, la manifestazione ideata da Franco Arminio che si è svolta ad Aliano, in provincia di Matera.

Lo Sponz Fest, alla sua settima edizione, ha coinvolto diversi paesi dell’alta Irpinia e molti artisti per una festa aperta a tutti nel nome di un ciclo antropologico intitolato quest’anno “Sottaterra, luogo da cui nascono i germogli di una nuova vita, e in cui è custodita la nostra memoria con le nostre radici. Il tema ha fatto da sfondo a dibattiti, a riti collettivi, a incontri e concerti in una cornice paesaggistica suggestiva e poetica.

La Luna e i Calanchi di Franco Arminio, il poeta “paesologo”, giunto alla sua ottava edizione, si è svolto invece ad Aliano, un piccolo centro al sud della Basilicata. “Il paese non è in regola con la modernità. La modernità non è in regola con il paese”, dice il poeta. Per questo anche raggiungerlo non è semplice. Ma il festival comincia nel viaggio: ore di macchina in un deserto di colline coltivate e riarse, e improvvise oasi naturali dalla bellezza mozzafiato. I discorsi sui sedili si fanno via via più profondi e sinceri, fino a fare spazio al silenzio e all’introspezione. Un viaggio che ti predispone alla semplicità dell’arte e dell’incontro. Costeggiando i vertiginosi calanchi, (dorsali costituite da rocce sedimentate di argilla bianca), tra i più belli d’Europa, si ha la sensazione che il piccolo centro, famoso per Cristo Si È Fermato Ad Eboli di Carlo Levi, sia incastonato tra quelle croste abbaglianti, impermeabile allo scorrere del tempo. Adottata da Franco Arminio per raccogliere i fermenti artistici non solo lucani,  Aliano è diventata  una comunità intellettuale in evoluzione tra arte e ambiente.

In entrambi i casi, piccoli paesi dormienti, sono divenuti ad agosto meta e teatro di arte e musica, raccogliendo partecipanti da tutta Italia (e non solo). Migliaia di ragazzi hanno colto il senso e lo spirito delle feste.

Li ho visti in processione salire sul monte “Calvario” a Cairano, con 37 gradi, senza l’ombra di un albero o di una casa, così come camminare nella terra arsa dei calanchi, che Levi descriveva come “l’immensa distesa di argille aride ondulanti nel sole a perdita d’occhio”. Li ho visti seduti per ore ad aspettare di ascoltare la musica, di ascoltare poesia, migrando da teatri a piazze, senza sosta, desiderosi solo di questo: godere della bellezza. Li ho visti dormire nelle tende, sulle panchine, sulle sedie, stremati da nottate trascorse a scambiarsi musiche e parole. Li ho visti in silenzio ascoltare lezioni di fisica, di civiltà con Mimmo Lucano, seguire e partecipare a dibattiti. Li ho sentiti cantare in coro “Il Protocollo” di Arminio e le canzoni proposte dagli artisti e li ho visti ballare tra balle di fieno al tramonto.

Prima di partire da Aliano ho dato un ultimo sguardo al paese. Sul piccolo davanzale di una finestra c’erano almeno venti scarpe impolverate messe con un certo ordine l’una sull’altra e affiancate. La camera, probabilmente affittata da poche persone, aveva ospitato quella notte qualche “clandestino”. Il cuore mi ha sorriso. In quella immagine ho capito che per la musica, la poesia e l’arte c’è speranza, e che come dice Franco Arminio “L’unico paradiso possibile è la gioia”.