Cesare Cremonini su 7 del Corriere della Sera: l’hatercrazia, lo scioglimento dei Lunapop e suo padre

Cesare Cremonini si racconta a cuore aperto in un'intervista con Walter Veltroni

cesare Cremonini su 7

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Cesare Cremonini si racconta su 7 del Corriere della Sera attraverso un’intervista intensa rilasciata a Walter Veltroni e realizzata negli studi Mille Galassie a Bologna. L’artista sui social racconta di aver trascorso una giornata insieme a chiacchierare dimenticando completamente l’intervista.

Ciò che emerge è un racconto a cuore aperto della sua vita, dallo scioglimento dei Lunapop alla società, passando per la hatercrazia – un nuovo termine che conia in riferimento all’odio che pervade il nostro Paese, sui social network e non solo. C’è spazio anche per la sua vita privata attraverso il racconto di un episodio intimo che riguarda suo padre e l’ictus che lo ha colpito mentre i due erano a cena insieme.

“Stiamo vivendo in una specie di hatercrazia, una parola che non so se esista sul vocabolario, ma calza con ciò che sta capitando. Una società che si sente allegramente legittimata ad alzare quotidianamente una forza divenuta tascabile, a portata di tutti, al fine di indignarsi comodamente seduta su un divano o molto peggio azzannare il prossimo senza alcun freno. Io credo che non vi sia nessuna strada, nessun futuro per il nostro Paese, se non quella dell’incontro e dello scambio con ogni diversità di pensiero, di religione, di costume e di colore”, dichiara un Cesare Cremonini particolarmente analitico che sembra aver ben chiara la situazione dell’Italia. Il nostro Paese ce la può fare, salvo un cambiamento radicale da concretizzarsi nell’incontro e nello scambio, nell’accettazione della diversità in ogni sua forma e sostanza.

Il passato di Cesare Cremonini ha radici nei Lunapop. Fu lui infatti a fondare il gruppo sui banchi di scuola, insieme ad alcuni amici, determinato a cercare un manager valido per presentare le sue canzoni all’Italia. Quello che sembrava essere un sogno, un progetto eccessivamente ambizioso di un ragazzino, si è poi concretizzato nella realtà e i Lunapop sono ancora oggi artefici di un album da record che ha superato ogni più rosea aspettativa con successi del calibro di 50 Special, Qualcosa Di Grande, Un Giorno Migliore.

Lo scioglimento dei Lunapop fu frutto di incomprensioni, forse. Accenna a genitori e fidanzate, da tenere fuori da un progetto musicale di una simile portata.

“I Lunapop si sciolsero perché le regole che tenevano in piedi un progetto musicale composto da ragazzi così giovani erano regole strane, utili ma molto difficili. La prima era: i genitori fuori dalle scatole. La seconda: possibilmente anche le fidanzate. Regole impossibili da rispettare, per ragazzi tra i diciassette e i diciotto anni, tutti di famiglie borghesi. Figli della Bologna che coltivava il valore della famiglia, quindi del condividere la vita dei figli. I Lunapop diedero vita ad un progetto che ebbe un successo straordinario. Ancora oggi l’ultimo grande successo della musica italiana, dal punto di vista discografico. Nel momento in cui si ruppero questi equilibri, queste regole divennero impraticabili, non era più pensabile poter continuare”.

Nel corso dell’intervista c’è spazio anche per un momento intimo che riguarda suo padre. Cesare Cremonini non ne parla spesso ma su 7 ha raccontato un episodio che ha cambiato la sua vita e il rapporto con il genitore.

“Qualche anno fa mio padre ebbe un ictus davanti a me, a cena. Stavamo passando una bella serata in due in Piazza Santo Stefano, una delle più belle cartoline di Bologna, quando le sue parole cominciarono a cadere sul tavolo. La sua voce spariva e tornava accompagnata da un fortissimo mal di testa. Decidemmo di tornare a casa. Una volta arrivati nelle campagne fuori Bologna dove ancora vive, smise di parlare. Lo portati in ospedale attraversando chilometri di strade in mezzo ai campi senza badare a semafori o agli incroci. Continuavo a raccontargli di quando ero piccolo e lui mi addormentava con delle improbabili favole inventate. Improvvisavo alla meglio per cercare di tenerlo sveglio, mentre lui emetteva frasi sconnesse. Arrivati all’ospedale Sant’Orsola lo operarono immediatamente e mi ritrovai a pregare per lui nella sala di aspetto. ‘Dio fammi risentire ancora una volta la sua voce!‘. Anche se vorrei non capitasse mai più, quel momento ha cambiato profondamente la mia vita, il mio rapporto con lui e la mia spiritualità. L’intervento riuscì e dopo due settimane di silenzio e balbettamenti mio padre tornò a pronunciare il mio nome correttamente. La voce è la cosa più importante che abbiamo. Ciò che ci lega ad ogni persona che amiamo, ciò che ricorderemo di ogni nostro incontro con gli altri”.