Fascismo e razzismo nella musica: il caso Morrissey

La Gran Bretagna sembra avere i suoi robusti anticorpi e non perde occasione per reagire agli artisti che esternano i loro ideali di estrema destra.

Il caso Morrissey

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È apparsa in questi giorni una notizia che riguarda Morrissey, il celebre cantante inglese ex frontman degli Smiths. Settori della società civile si stanno mobilitando contro di lui a causa delle sue esternazioni filonaziste, che non sono una novità e che hanno fatto discutere già in passato. Il più antico e famoso negozio di dischi londinese, lo “Spillers Records” di Cardiff aperto nel 1894, ha eliminato dall’esercizio commerciale l’intera raccolta dei suoi dischi come forma di boicottaggio. Il titolare ha comunicato il suo rammarico per non aver preso prima questa decisione, quando già alcune esternazioni di Morrissey del tipo “Hitler è di sinistra”, o l’ostentazione di una spilletta sulla giacca che identifica un movimento di estrema destra, avevano creato polemiche e turbamenti.

Altre forme di reazione hanno preso corpo, vedi ad esempio quella – concepita con intelligente ironia dalla stilista Verity Longley – di realizzare borse per lo shopping  con lo slogan “Shut up, Morrissey”- “Stai zitto Morrissey”: ogni volta che il cantante inglese si fa vivo con qualche esternazione razzista o xenofoba, parte una nuova campagna di vendite, così che la protesta e lo scherno nei suoi confronti si possano trasformare addirittura in una griffe di moda. La stilista, che ha deciso di devolvere gli introiti al fondo d’emergenza per le vittime dell’attentato di Manchester, ha detto alla BBC: “Ogni volta che Morrissey rilascia un’intervista siamo subissati di richieste, ho appena ricevuto 500 ordini in 48 ore !”. Per quanto circoscritta e poco influente dal punto di vista politico, questa vicenda è interessante perché ripropone un tema in qualche modo “storico”. A dispetto del ruolo fondamentale che la Gran Bretagna ha avuto nel combattere il nazismo e il fascismo, fra i sudditi di Sua Maestà non sono mai mancati simpatizzanti nazisti e fascisti, neppure nel mondo musicale e in quella formidabile tradizione rock, che da sempre ha ispirato i movimenti giovanili, le battaglie sociali, le idealità libertarie e la lotta contro ogni forma di autoritarismo.

Negli anni Trenta, fino allo scoppio della guerra, era attiva in Inghilterra l’Unione Britannica dei Fascisti guidata da Oswald Mosley, e persino dopo la fine del conflitto, nel 1948, un movimento fascista riprenderà vita in Gran Bretagna. In campo musicale si contano molti tentativi di contaminare con ideologie razziste e autoritarie generi come il rock, il punk, il metal. Già nella metà degli anni ‘70 Ian Stuart Donaldson, cantante del gruppo punk Skrewdriver, era tra gli attivisti del Fronte Nazionale razzista, e nei primi anni Ottanta Douglas Pearce, anche attraverso il complesso dei Death in June, dava corpo ad un filone musicale di estrema destra, che avrebbe assorbito anche suggestioni esoteriche e sataniche. Gli stili conosciuti come Hate Rock e Neofolk sono per tradizione di estrema destra e sono diffusi, fra l’altro, presso gli Skinhead. Il raffinato e urticante Morrissey è dunque in buona compagnia, anche se difficilmente potrà spendere il suo carisma di rocker per fare proselitismo politico. La Gran Bretagna sembra infatti avere i suoi robusti anticorpi, e non perde occasione per reagire. Così come negli anni Trenta si contrastavano i fascisti con mobilitazioni di piazza (famosa è rimasta la battaglia di Cable Street a Londra, nell’ottobre del 36, tra i fascisti e gli abitanti del quartiere), e così come tante sono le cronache di boicottaggi, proteste e tafferugli per respingere, nella vita politica come nella cultura rock inglese, le infiltrazioni fasciste, altrettanto accade con il caso Morrissey. Oggi si levano i suoi dischi dagli scaffali dal negozio più vecchio del mondo, e lo si prende in giro con accessori d’abbigliamento, perché appaia in qualche modo chiaro che da quelle parti “non si passa”. Del resto, anche negli anni Sessanta, quando alcuni settori del gruppo motociclistico dei Rockers ebbero la loro sbandata verso il razzismo, altri gruppi sociali, vedi in particolare i Mods (la storia è narrata anche nel film culto “Quadrophenia” musicato dagli Who) furono pronti a scendere per strada e a darle di santa ragione.