Se L’Isola dei Famosi affonda Il Nome della Rosa, qualcosa è andato storto: perché la serie Rai non è piaciuta?

La disastrosa caduta de Il Nome della Rosa: la serie evento di Rai1 viene affondata negli ascolti da L'Isola dei Famosi. Perché la produzione internazionale non ha attratto gli spettatori?


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La produzione televisiva de Il Nome della Rosa non è riuscita nel grande intento di riportare in auge il best seller di Umberto Eco. Lo avevamo detto fin dall’inizio: trasportare questa opera monumentale sullo schermo non è un’impresa facile. Eppure il film del 1986, pur con gli opportuni tagli per scelte narrative, aveva convinto pubblico e critica.

Ma se arriviamo a un punto in cui L’Isola dei Famosi affonda Il Nome della Rosa negli ascolti, evidentemente c’è qualche problema di fondo. I dati auditel parlano chiaro: l’ultima puntata della miniserie Rai ha conquistato 3.960.000 spettatori pari al 16.9% di share. Su Canale 5, la semifinale del programma condotto da Alessia Marcuzzi è perfino in rimonta rispetto alla scorsa settimana, e ha registrato 2.970.000 spettatori pari al 18.3%. L’Isola dei Famosi ha letteralmente affondato Il Nome della Rosa, proprio come fece l’iceberg con il Titanic.

Cos’è andato storto? L’adattamento televisivo del romanzo di Eco è davvero così terribile? A dire il vero c’è qualcosa da salvare. Il comparto artistico è eccezionale, a cominciare da John Turturro e Rupert Everett, i cui personaggi nell’ultima puntata hanno avuto un interessante confronto faccia a faccia. Premiato anche il nostro Fabrizio Bentivoglio: il suo Remigio è il volto della sofferenza e della disperazione per non esser riuscito a compiere la sua missione. La fotografia di John Conroy ha donato un tocco di classe alla storia, grazie al gioco di luci e ombre che ha incoronato le scene: come risultato, lo spettatore ha avuto la sensazione di essere all’interno di un dipinto. Eppure, nonostante il cast stellare, la serie evento non è mai decollata del tutto.

Uno studente di storia dell’arte avrà notato le diverse inesattezze storiche. Tra queste, la presenza di una statua raffigurante della Madonna caratterizzata da una posa serpentina tipica del Cinquecento (Il Nome della Rosa è ambientato nel Trecento); nella seconda puntata, il giovane Adso nota il disegno preparatorio per alcune vetrate, dove vi sono due angeli. Peccato che entrambi risalgono a un secolo più tardo rispetto a quello in cui si trovano lui e Guglielmo. Infine, alcune cadute di stile: sulla facciata dell’abbazia appaiono una statua in una posizione insolita per l’epoca, e una sirena, simbolo di peccato (di solito si trovano sulle chiese romane).

Un altro fattore che ha influito sul crollo degli ascolti riguarda la narrazione: le indagini di Guglielmo e Adso si sono sbiadite nell’arco di pochi episodi, causando mancanza di attrattiva da parte del pubblico. Assenti inoltre quelle riflessioni filo-teoriche che caratterizzano il detective francescano e che sono fondamentali per la risoluzione dei casi di omicidio.

Intanto in casa Rai gongolano per il risultato raggiunto (ma non commentano il crollo di ascolti), e noi siamo qui a chiederci se in un futuro ricorderemo Il Nome della Rosa per il suo cast oppure per i suoi scivoloni. Tralasciando gli errori storico-artistici, su cui si può anche chiudere un occhio, per alcuni l’adattamento televisivo non è nient’altro che un kolossal fantasy all’italiana che vuole eguagliare Il Trono di Spade (ma senza gli imponenti draghi), che tuttavia perde il suo fascino in corso d’opera. Ed è un peccato.