Torna The Americans su Rai4 dal 21 marzo, perché rivedere la saga dei Jennings che è molto più di una spy story

In attesa della messa in onda della quarta stagione, Rai 4 riporta sugli schermi il gioiellino di Joe Weisberg che ha reso grandi Keri Russell e Matthew Rhys.

The Americans

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Ci siamo, torna The Americans su Rai4. L’appuntamento è sul canale 21 del digitale terrestre alle 19:00, a partire da giovedì 21 marzo, con un episodio al giorno dal lunedì al venerdì.

Matthew Rhys e Keri Russell riportano sui nostri schermi le vite di Philip ed Elizabeth Jenkins, protagonisti di uno spy drama che è sempre stato molto, molto più di questo. Chiariamoci: abbiamo le spie russe sotto copertura negli Stati Uniti e abbiamo l’agente dell’FBI sempre a un passo dalla verità. Abbiamo anche la guerra fredda, una tensione costante e il brivido del pericolo imminente, ma se The Americans si erge al fianco dei giganti del nuovo millennio – The Wire o Mad Men, per esempio – non è solo per questo.

In attesa della messa in onda della quarta stagione, ritroviamoci su Rai 4 e riscopriamo alcuni degli elementi che rendono The Americans un monumento alle grandi storie. Qualche esempio?

Il pretesto della spy story

Lo abbiamo già detto: ci sono le spie, c’è l’agente dell’FBI. E anche se giocare al gatto e al topo è sempre un ottimo espediente per alimentare la fiamma della tensione, in The Americans la spy story e le sue inevitabili conseguenze sono anche e soprattutto un motore narrativo potentissimo. È dalle implicazioni del lavoro ingrato di Philip ed Elizabeth, infatti, che emergono i temi portanti della serie.

Gli eterni conflitti, ad esempio, come quello fra il senso del dovere e l’istinto di conservazione di sé e dei propri cari. Philip ed Elizabeth sono costretti a una lotta costante tra il sentimento che li unisce, l’amore e il senso di protezione per i figli, e la lealtà verso una madrepatria lontana alla quale i due rispondono in modo diverso, addirittura speculare. Philip, da un lato, mostra i segni di un logorio delle intenzioni, il dubbio doloroso e crescente di trovarsi dal lato sbagliato della barricata, il bisogno di tirare finalmente il fiato e vivere per sé, cedendo alle lusinghe del sogno americano. Dall’altro lato, Elizabeth incassa in silenzio i colpi di un’esistenza dura, spietata, con una fede incrollabile nei princìpi per i quali ha abbracciato una vita in un Paese corrotto da ideali che disprezza.

La lealtà

Arriviamo così a un altro tema cardine della serie. La corruzione morale, il cedimento al fascino di ciò che è comodo, semplice, gratificante, sono i mali di una società, di ogni società, e non ci sarebbe nulla di strano se finissero col prevalere anche in The Americans. Qui, però, non succede. Questi cattivi della storia sono combattuti con la lealtà. Puro delirio di idealismo? No di certo. Come abbiamo appena detto, Philip mette in dubbio molte volte il contratto di lealtà che lo lega al suo Paese. Dopo più di 15 anni sente di aver dato il suo contributo, di aver saldato il debito e di meritare finalmente la tipica vita americana che fino ha quel momento ha solo preteso di vivere. Eppure resta fedele ai suoi princìpi, e con la lealtà resiste faticosamente alle sirene di una società corrotta.

Elizabeth, invece, incarna i tratti di una figura tipicamente femminile, e che però fin troppo spesso sono stati attribuiti a uomini destinati a essere gli eroi della storia. Elizabeth è fiera, è coraggiosa, è determinata. È anche brutale, calcolatrice, quasi indistruttibile. O forse è più semplicemente resiliente, il prototipo di donna giusta al posto giusto, che rovescia l’immaginario legato all’angelo del focolare bisognoso di guida e protezione. Elizabeth Jennings, insomma, è la donna che tutte noi in fondo sappiamo di essere: quella che prende la vita e l’affronta, costi quel che costi. La lealtà alla madrepatria, per lei, è un principio al quale sacrificare qualsiasi debolezza.

L’attenzione ossessiva al dettaglio

Non possiamo pensare di celebrare The Americans e limitarci alle performance – brillanti, davvero brillanti! – del cast. Il profondo senso di realtà che pervade la serie, su tutti, non è frutto del caso, ma di uno studio accurato delle convenzioni del periodo. Ci sono i giusti modelli di auto, ad esempio. La Camaro bianca di Philip è uno status symbol degli anni ’80, dunque non la scelta ideale di una spia che per definizione deve mantenere un basso profilo. Eppure resta lì sul vialetto di casa Jennings, non per un errore di calcolo o scarsa attenzione storica, ma per segnalare il tumulto interiore di un uomo stanco di inflessibilità e privazioni.

E cosa dire dell’abbigliamento? Se da spettatori tiriamo un sospiro di sollievo all’idea che quei capi non siano più di moda, allo stesso tempo dobbiamo riconoscerne la perfetta aderenza al periodo storico. Ancora una volta, un risultato così in linea coi tempi non può essere attribuito al caso, ma al lavoro straordinario dei costumisti, che hanno scelto di volta in volta i capi più in voga nel mese in cui è ambientato ogni episodio.

Le storie e le meta-storie

Raccontare di spie, guerra fredda e servizi segreti significa garantire una certa verosimiglianza tra gli eventi sullo schermo e le consuetudini reali. Per farlo, gli autori di The Americans si sono affidati a una serie di ex dipendenti della CIA per alcune consulenze. Tutto molto bello, peccato che non si possa ricreare per filo e per segno la giornata tipo di un agente coinvolto in operazioni di massima sicurezza. Per superare l’ostacolo, quindi, la CIA ha imposto di visionare in anteprima i copioni di ogni episodio così da accertarsi che non venissero svelati troppi dettagli sul lavoro dell’agenzia. La sicurezza non è mai troppa, insomma.

Potremmo continuare ancora a lungo ma, ehi, è arrivato il momento di lasciare spazio proprio a loro, ai Jennings. Ritroviamo The Americans su Rai 4 a partire dal 21 marzo, e innamoriamoci di nuovo di una storia speciale e dei suoi formidabili interpreti.