Takagi & Ketra, i Barbooodos e la paraculaggine di copiare Aretha Franklin

Nel film in uscita di Danny Boyle, nella memoria collettiva sono misteriosamente scomparsi i Beatles e qualcuno ne approfitta per riproporne i successi ex novo. Il problema con i Barbooodos è che Aretha Franklin ce la ricordiamo ancora bene.


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Giorni fa c’è stato un certo parlare intorno al nuovo singolo di Takagi e Ketra, i due producers passati agli annali non solo per aver messo le mani su alcune delle hit più commerciali uscite negli ultimi anni, da Baby K a Jovanotti, passando per Fedez e J-Ax, ma anche per aver tirato fuori singoli in prima persona, avvalendosi della collaborazione di giganti quali Fragola e Arisa, prima, Tommaso Paradiso e Elisa e Giusy Ferreri, poi. Ecco, il certo parlare intorno al nuovo singolo di Takagi e Ketra, per intendersi, THG dei Gemelli DiVersi, il primo, il producer dei Boomdabash, il secondo, è stato dapprima legato alle voci che si sono messe al servizio dell’opera, Calcutta, Tommaso Paradiso e Jovanotti, denominati i Barbooodos. Tre nomi grossi, anche abbastanza impensabili tutti insieme, non tanto per i primi due, perché Paradiso e Calcutta vengono dallo stesso posto metaforico, l’indie, hanno lo stesso editore, Universal Publishing, e hanno già collaborato scrivendo canzoni insieme, quanto per la presenza del terzo.

Chiunque è dotato di buona memoria e di senso del trash non può non ricordare il momento in cui Jovanotti ha tentato il classico passo della mantide religiosa, quel suo tic personale che vuole che ogni volta che un nuovo artista abbia un qualche successo, zac, ecco che arriva lui e lo abbraccia pubblicamente, ne canta le lodi e, metaforicamente, prova a mangiarselo. Non può non ricordarselo perché i complimenti da lui fatti a Calcutta sono stati divulgati sui social dallo stesso cantautore di Latina, in un post che ci faceva vedere, questo l’oggetto vero di quel post e vero motivo per cui uno non può non ricordarselo, come Calcutta avesse bloccato Jovanotti sui social. Così c’era indicato, col classico simbolo del ban. Un mito, Calcutta, che blocca chi lo elogia, forse consapevole della mossa della mantide religiosa, o semplicemente infastidito dai complimenti pelosi.
Sta di fatto che ora i tre son lì, uno a fianco all’altro, e non uso questa definizione per caso. Perché i tre, come Qui Quo e Qua, si dividono la canzone a pezzetti, senza interagire tra loro. Paradiso, Jovanotti e Calcutta. Strofa, bridge e ritornello. Poi si alternano strofa e ritornello, con Calcutta sempre al ritornello. Ma ognuno per conto proprio.

Ora, il motivo per cui c’è stato un certo parlare, superati i primi due minuti di mistero su chi fossero i tre Barbooodos, tanto è durato l’arcano, è stato però strettamente legato alla canzone. Uno shuffle senza arte né parte, tecnicamente, che però si è avvalso del genio nientepopodimenochè di Aretha Franklin. I più attenti, infatti, ma anche i più distratti, si sono accorti di come il refrain fatto col pianoforte, quello che fa da base portante per tutta la canzone, il cui titolo non citerò per non essere poi accusato dai miei figli di fare pubblicità a una tale cagata, è praticamente identico a quello che introduceva la hit di Aretha, Don’t Play That Song For Me, a firma Ahmet Ertegün e Betty Nelson.

Ora, evidentemente i due producers negli ultimi mesi devono aver superato un gap che li voleva del tutto ignari del mondo “Aretha Franklin”, e se ricordate quello scempio che a poche ore dalla morte della Regina del Soul i due, complice Giusy Ferreri, hanno fatto sul palco del Deejay On Stage di Riccione sapete di cosa sto parlando. Un passaggio, quello dell’omaggio a Aretha, che ha fatto all’epoca molto discutere, per la violenza che ha poi avvolto la Ferreri, violenza ovviamente da stigmatizzare, ma che non nasconde la bruttezza assoluta della loro esecuzione, al limite del penale. Facile, quindi, ipotizzare che i due abbiano voluto colmare una lacuna, studiandosi la produzione di questa benedetta Aretha Franklin (lo dico per gli analfabeti funzionali che mi stanno leggendo, sto facendo dell’ironia). Ma da qui a clonare praticamente un brano, usando bellamente l’intuizione di qualcun altro per costruirci su una canzone, beh, ce ne corre. È chiaro, siamo in Italia, e qui si parla di plagio solo se a essere copiata di sana pianta è la linea melodica, per un tot prefissato di battute, non si parla di plagio né per chi copia gli arrangiamenti, né per chi copia i giri armonici, ma una canzone che si basi su un giro di piano che a sua volta è la caratteristica principale di un’altra canzone lascia quantomeno sgomenti.

Proviamo a fare un esempio che sia chiaro a tutti.

Chiunque abbia mai provato a mettere le mani, anche per pochi secondi, su una chitarra, ha affrontato il riff di Smoke On The Water dei Deep Purple. La conoscete tutti. O meglio, conoscete tutti quel riff, perché poi, magari, il resto della canzone vi è ignota. È un po’ come per il riff di Seven Nation Army degli White Stripes, il “popopopopopopò” che accompagnò la vittoria dell’Italia ai Mondiale del 2006. Bene. Provate a fare una canzone su uno di questi due riff. Fatelo, vi imploro, e quando poi qualcuno vi dirà che l’avete copiata, dichiarate che vi siete liberamente ispirati a, che vi siete lasciati suggestionare da, che in qualche modo avete voluto omaggiare. Ecco, Takagi e Ketra hanno fatto la stessa cosa, giocando su una ambiguità del diritto d’autore, o più presumibilmente sulla paraculaggine.

Non è neanche un plagio di intenzione, quando cioè si scrive una canzone che ricorda il mondo sonoro di qualcun altro, senza però copiarne la linea melodica (ricorderete anni fa la pubblicità di un noto amaro che usava per jingle una canzone uguale a Smells Like Teen Spirit dei Nirvana, ma con gli accordi girati), qui è proprio lo stesso giro di piano.

Paraculaggine a gogo.

Paraculaggine che, grazie ai tre Barbooodos, cioè all’aver coinvolto tre grandi nomi della nostra discografia, sembra riuscire a passare in cavalleria. Come niente fosse.

Di queste settimane è l’uscita di Yesterday, il nuovo film di Danny Boyle in cui si immagina un futuro in cui un tizio si sveglia e nessuno a parte lui conosce il repertorio e la storia dei Beatles, fatto che lo induce a ripercorrerne in prima persona la carriera (per altro idea in parte clonata da Non ci resta che piangere di Benigni e Troisi in cui proprio Yesterday veniva eseguita da Troisi a una giovanissima Amanda Sandrelli, nel loro “ritorno al passato”). Vuoi vedere che Takagi e Ketra non si sono accorti che nel mentre per tutto il resto del mondo Aretha Franklin non è sparita dai database e che quindi andando a copiarla si è semplicemente pestato una merda?

Certo, per gente che ha tirato fuori Amore e Capoeira o Da solo/ In The Night questo dovrebbe essere l’ultimo dei problemi morali, ma non è che sempre chiodo scaccia chiodo.

Io, per dire, oggi scriverò una canzone sul giro di piano di Immagine di John Lennon, ma sarà una mia canzone, liberamente ispirata dal caro e vecchio John. Puoi dire che sono un sognatore, ma non sono il solo.