Un tagliente Alessandro Borghi all’anteprima di Suburra 2 sognando Hollywood (video): “10 anni fa lavoravano sempre gli stessi”

Alessandro Borghi alla presentazione di Suburra 2 parla della sua carriera esplosa tre anni fa col film di Sollima e non nasconde una vena polemica (video)


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Un’annata straordinaria quella appena trascorsa, per cui Alessandro Borghi alla presentazione di Suburra 2 non può che dirsi entusiasta, ma non senza un tocco polemico.

L’attore che nella serie Netflix interpreta Aureliano Adami, boss di Ostia Lido in lotta per il controllo del territorio col clan degli Anacleti e lo spietato affarista Samurai, torna nei panni del mafioso dall’animo tormentato per la seconda stagione in arrivo in streaming il 22 febbraio. E lo fa forte di una nomination ai David di Donatello come Miglior Attore per Sulla Mia Pelle, il film sulla vicenda di Stefano Cucchi prodotto da Netflix.

L’interprete romano, attualmente nelle sale con Il Primo Re, ha parlato di Suburra con gratitudine, perché è stata decisamente la produzione che ha dato una svolta alla sua carriera. Borghi ha ricordato di aver iniziato a recitare da giovanissimo ma di aver trovato il successo solo da qualche anno, proprio grazie a Suburra, prima nel film di Stefano Sollima e poi da protagonista della serie che fa da prequel alla pellicola, sempre nel ruolo di Adami.

Suburra è stato l’inizio di tutto, non solo la serie ma anche il film. Cattleya e Stefano Sollima sono stati i primi a credere in un ragazzo di 28 anni che provava da 15 anni a fare questo mestiere senza riuscirci. Questa è stata la mia grande opportunità. Qui dentro c’è un percorso che dura da anni ormai, dal film alla seconda serie. Questo mestiere è molto complesso, soprattutto in questo Paese dove ci sono poche cose da fare e poche cose interessanti tra queste. Devi essere molto fortunato ad avere l’opportunità di raccontare e dimostrare qualcosa. Quest’opportunità ce l’ho avuta grazie a persone che mi hanno fatto sentire al sicuro dal primo momento credendo in me.

L’attore, commentando il nuovo scenario radicalmente cambiato grazie alle piattaforme streaming che diventano anche produttrici di contenuti come Netflix, ha ricordato come fino a qualche anno fa le possibilità sul mercato dell’audiovisivo per un attore fossero decisamente inferiori rispetto a quelle che il settore offre oggi. E ha evidenziato anche, con una sottile vena polemica, che se le occasioni per emergere erano così poche era anche colpa di una prassi consolidata nel reclutare per i ruoli da protagonisti sempre le poche facce del momento, sempre gli stessi nomi graditi al grande pubblico, per garantirsi un ritorno sicuro in termini di audience nelle sale o in tv.

Oggi vedo un ricambio di cose belle in questo paese che dipende anche da questa possibilità di globalizzazione dei contenuti. Quando ho iniziato io, nel 2006, non c’era molta possibilità di fare delle cose da protagonista… lavoravano sempre gli stessi dieci attori. Oggi questa possibilità esiste, non si affida qualcosa a qualcuno per avere la sicurezza di avere un feedback, si fanno le cose con le persone che le sanno fare bene.

Giunto alla sua quinta candidatura (stavolta in odore di vittoria) ai David di Donatello, Borghi ha appena terminato le riprese di una nuova serie Sky al fianco di Patrick Dempsey, dal titolo Diavoli, una produzione internazionale girata interamente in inglese. Un’esperienza che potrebbe aprirgli strade nuove e portarlo oltreoceano, se arrivassero proposte interessanti da Hollywood. D’altronde, recitare in inglese per gli attori italiani non deve essere un tabù, spiega Borghi.