Basta etichette sulla vittoria di Mahmood a Sanremo 2019, costretto a ricordare di essere un “italiano al 100%” che ci rappresenterà all’Eurovision (video)

Arabo, forse gay, simbolo del multiculturalismo, sulla vittoria di Mahmood a Sanremo 2019 piovono (ingiustamente) etichette


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La vittoria di Mahmood a Sanremo 2019 arrivata a sorpresa contro il favorito Ultimo, che non l’ha presa proprio bene sfogandosi contro i giornalisti in sala stampa nella lunga notte dopo la serata finale, ha scatenato una corsa ad affibbiare etichette inutili quanto semplicistiche a questo talentuoso autore e interprete che ha vinto con la canzone più contemporanea di questo Festival, sebbene il trionfo del già vincitore di Sanremo Giovani sia stato favorito dall’ostracismo delle giurie verso gli altri artisti sul podio.

La sua marcetta dal ritornello che resta impresso per quell’invocazione di “soldi”, come recita il titolo omonimo, è in realtà il ritratto di uno spaccato di vita di una famiglia non tradizionale, un flusso di rime che fotografa istantanee di un’infanzia vissuta alla periferia di Milano tra rapporti genitori-figli complessi e racconta come le difficoltà economiche finiscano per impattare sulle dinamiche relazionali ed emotive, condizionandole profondamente.

Il fatto di essere nato da madre sarda e padre egiziano, di essere gay frendly e di portare in gara un testo che contiene diversi riferimenti alle sue origini miste ha fatto sì che la vittoria di Mahmood a Sanremo 2019 diventasse subito una bandierina da sventolare contro questa o quella idea politica, contro questo o quel politico di professione (il ministro dell’Interno Matteo Salvini in primis, che sui social aveva tifato per Ultimo ritrovandosi, ironia della sorte, il brano che forse meno avrebbe voluto come vincitore) e finendo da un lato preso di mira dagli analfabeti funzionali che gridano acriticamente al primato italico come valore assoluto e dall’altro assurto a simbolo dell’Italia multiculturale in risposta ai deliri razzisti, omofobi e sovranisti di questi tempi bui e rancorosi.

Arabo, meticcio, gay (in realtà non ha mai fatto coming out): sono solo alcune delle etichette che sono state attribuite a questo cantautore reduce da X Factor, Sanremo Giovani e tante collaborazioni importanti che ha semplicemente vinto il Festival con la canzone più rispondente allo spirito dei tempi, per stile musicale e messaggio del testo.

Una corsa alla categorizzazione tale che, quando nella conferenza stampa post-vittoria gli è stato chiesto cosa ne pensasse della polemica Baglioni-Salvini sulla questione migranti, è stato costretto a sottolineare di non sentirsi parte in causa nel discorso, di non voler essere strumentalizzato a fini politici, visto che è nato e cresciuto nel nostro Paese: Alessandro Mahmoud, 27 anni, in arte Mahmood, è semplicemente un ragazzo italiano, che non parla arabo sebbene abbia subito l’influenza di quella cultura grazie ad uno dei suoi genitori. E di cui non dovrebbe interessarci altro, dalle origini all’orientamento sessuale, se non il suo talento musicale.

Io sono un ragazzo italiano, nato e cresciuto a Milano. Non mi sento tirato in causa. Nel brano ho messo una frase araba che è un ricordo della mia infanzia, perché sono nato da madre sarda e padre egiziano ma sono italiano al 100%.

Parlando dei suoi gusti musicali e del suo genere così atipico per la platea Sanremese ma ormai dominante nelle classifiche a metà tra trap, indie e canzone d’autore, il giovane vincitore di Sanremo risponde proprio attribuendosi un mix di influenze diverse che sono il segno della sua originalità.

Sono fan della musica moderna, ascolto dalla trap all’indie al cantautorato alla musica internazionale americana al rap, mi sono fatto contaminare, le mie influenze sono abbastanza miste. Ogni volta che mi chiedono ‘che genere fai?’ rispondo sempre Marocco Pop, perché ho tante influenze arabe dovute ad ascolti passati. Sono fan di tutto e di niente.

Con Soldi ci rappresenterà all’Eurovision 2019 che si terrà in una terra complessa come Israele: l’Italia si presenterà in gara con Mahmood e il suo brano dalle atmosfere arabeggianti proprio in quel di Tel Aviv. E non resta che sperare che il trionfo della contemporaneità e della contaminazione arrivi anche lì.