Finale di Grey’s Anatomy 13 anche in Italia, tra addii e nuovi arrivi: recensione ultimo episodio (video)

In onda anche in Italia il finale di Grey's Anatomy 13: recensione e video dall'ultimo episodio del 12 giugno su FoxLife

Finale di Grey's Anatomy 13

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Nel finale di Grey’s Anatomy 13 , in onda in prima tv assoluta in Italia lunedì 12 giugno alle 21.00 su FoxLife, nessun personaggio ricorrente è morto e questo è quanto di più consolatorio si possa dire sull’ultimo episodio di questa stagione: Shonda Rhimes ha rinunciato a sacrificare una delle sue creature, cosa che in passato ha fatto abbondantemente e drammaticamente, e solo lei sa quanto può esserle costato, per una volta, non cimentarsi nella scrittura di un altro addio straziante.

Complessivamente questa stagione di Grey’s Anatomy ha regalato episodi singolarmente molto belli, alcuni anche qualitativamente al di sopra della media, ma è il quadro complessivo che ha lasciato a desiderare: la trama orizzontale è stata pressoché inesistente o trattata con enorme superficialità, il tempo dedicato ai singoli personaggi è stato sbilanciatissimo (alcuni sono quasi spariti nel nulla), diverse storyline sono state aperte e mai chiuse o continuate come avrebbero dovuto. I grandi temi di questa stagione, accennati alla fine della dodicesima, sono stati un’occasione sprecata: la violenza domestica con la storia di Jo, il controllo della rabbia con le reazioni di Alex, la cogenitorialità delle persone separate coi Japril, la rinascita dopo l’elaborazione del lutto con Meredith, potevano essere approfondite con una complessità drammaturgica che non si è vista. L’annunciato ritorno di Krista Vernoff tra gli autori è quanto di meglio si potesse sperare per la quattordicesima stagione, nell’auspicio di tornare ad assistere a trame perfettamente incastrate e personaggi delineati in profondità come erano quelli della quinta, sesta, settima stagione dello show.

Singolarmente, ogni personaggio ha dato il meglio o il peggio di sé in questo finale di stagione, di cui indubbia protagonista è stata Stephanie Edwards (Jerrika Hinton ha lasciato la serie al termine di questa stagione), trasformata in eroina ai limiti del fantascientifico. Innesca incendi per liberarsi di uno stupratore, affronta il fuoco passando tra le fiamme, porta in salvo una bambina riuscendo a salire sul tetto e infine crolla sotto i colpi di un trauma che si rivelerà decisivo per dare una svolta alla sua vita: se all’inizio del penultimo episodio aveva implorato Webber di tornare al lavoro, ora ha un rifiuto totale per gli ospedali e per quella vita che si vedrebbe costretta a fare se continuasse con la specializzazione. Una scelta repentina, emotiva, basata su quelle stesse motivazioni che fino ad un attimo prima l’avevano spinta a dedicare tutta se stessa al lavoro. Grey’s Anatomy  perde così uno dei suoi personaggi forse meno amati, ma se c’è un dato certo è che quello della Edwards era uno dei meglio caratterizzati tra gli specializzandi della sua generazione (di cui ormai è rimasta solo Jo, peraltro completamente assente dal finale di stagione per la gravidanza dell’interprete Camilla Luddington). La scena in cui la Edwards annuncia a Webber la decisione di lasciare è struggente al punto giusto e conferma ancora una volta come il rapporto tra Richard e i suoi studenti sia sempre il momento narrativo perfetto per far emergere il meglio di ogni personaggio.

Altro dato chiaro di questo finale di stagione è che l’inopportunità di Maggie è diventata ormai insostenibile: questo personaggio fa continuamente scelte discutibili, è sempre nel momento sbagliato al posto sbagliato, oscilla sempre tra l’eccesso e l’insipienza, talvolta è melodrammatica oltre ogni livello di sopportazione, talaltra è talmente insignificante da passare inosservata. Il problema di questo personaggio è proprio questo: manca di sfumature. Ed è per questo che difficilmente si farà mai amare dal pubblico. Ora, ad esempio, si scopre infatuata di Jackson dopo aver fatto una sfuriata alla sorella Meredith per averle mentito sul suo rapporto con Nathan, da cui pure era attratta. Ma la questione del triangolo, rappresentata nella scena in questione anche plasticamente, con Jackson al centro tra le due dottoresse Kepner e Pierce come vertice al quale entrambe puntano, ne pone in realtà un’altra: l’episodio speciale in Montana non ha avuto alcuna ripercussione o conseguenza? L’episodio si è rivelato del tutto avulso che senso ha avuto il sequel del film Japril? Quel che è accaduto durante dal contesto generale, visto che non ha trovato, nell’evoluzione del racconto, un minimo ulteriore sviluppo: quella che era sembrata una svolta di peso nel rapporto tra April e Jackson viene completamente archiviata senza alcun confronto, senza alcuna conseguenza. Un fatto simile non ha precedenti nelle cronache di Grey’s Anatomy (per parafrasare Meredith) ed è davvero inspiegabile, un non-sense assoluto. Il pubblico non ha più saputo nulla dei Japril dopo quel sequel, per poi scoprire alla fine che le avvisaglie degli ultimi episodi erano corrette: Shonda Rhimes sta lavorando ad un nuovo triangolo amoroso, ma visto come ha gestito quello tra Meredith-Nathan-Maggie farebbe meglio a lasciar perdere questa pista. Jackson e Maggie si sono avvicinati quando la madre di lei si è ammalata, e dopo la morte di Diane Avery ha provato ad aiutare Maggie a rialzarsi: è così che Shonda Rhimes giustificherà la nascita di questa coppia nella prossima stagione? Di sicuro Maggie ha un pessimo istinto per gli uomini: mai che ne scegliesse uno adatto a lei.

Una parentesi va dedicata alla regia di quest’episodio, che ha lasciato parecchio a desiderare (gli effetti speciali pensati per Owen hanno rasentato il ridicolo più che creare la giusta suspence per l’entrata in scena di Megan, rimandata alla première della prossima stagione), per non parlare delle lacune della sceneggiatura: come già negli ultimi episodi della funesta undicesima stagione, a tratti i tempi sembrano non tornare. Dal momento in cui Meredith rivela a Nathan che Megan è viva, fino a quando lui decide di raggiungerla mettendosi alla guida, sembrano passare delle ore, visto che si passa dal buio della notte alla luce del giorno e nel frattempo la Bailey trova il tempo di convocare una riunione con la Avery per licenziare la Minnick e restituire a Richard il ruolo di direttore del programma di specializzazione. Questo è uno dei colpi di scena più degni di nota del finale di Grey’s Anatomy 13: Eliza è davvero fuori dai giochi e con questo anche la relazione con Arizona è spacciata?

L’altra grande novità del finale è però la conferma del fatto che Megan non è un fantasma, ma è atterrata a Seattle in carne ed ossa, anche se il pubblico non l’ha ancora vista poiché l’episodio si è concluso con un cliffhanger, prevedibile ma necessario. Per scoprire se Megan è davvero tornata dal regno dei morti nella vita di Owen e quella di Riggs, bisognerà aspettare fino a settembre, col debutto di Grey’s Anatomy 14.

Comunque la si pensi su una storia certamente posticcia e poco credibile come quella della rediviva sorella di Hunt, questo sviluppo dà comunque una bella spinta alle vicende sentimentali di Meredith: che Megan si riveli un ostacolo o meno, il suo arrivo a Seattle non potrà non complicare il rapporto nascente con Nathan. La scena in cui la Grey comunica la notizia a Riggs, con tutto il carico di emotività che quel gesto comporta, è stata rappresentata come un coacervo di delicatezza, premura, incoraggiamento, con tanto di richiamo ad un passato che per quanto archiviato resta sempre sullo sfondo a ricordare alla protagonista da dove viene e qual è la sua storia (“Se fosse stato Derek, sarei già corsa via“).

Non si può parlare per Megan di un parallelo con l’apparizione di Addison al termine della prima stagione, perché le storyline sono completamente diverse, ma visto come è andata con l’arrivo della Montgomery potrebbe esserci materiale su cui lavorare per molte stagioni ancora. E Shonda Rhimes non chiede altro, visto che intende almeno raggiungere almeno il record di 15 stagioni di E.R.