Grey’s Anatomy 13×16 ha scelto di rispolverare il concetto del cosiddetto Japril The Movie, con un sequel che in realtà a poco o nulla a che vedere col precedente, come aveva giustamente accennato Sarah Drew: quello in onda il 16 marzo su ABC è stato un episodio Jackson-centrico che in qualche modo ha riguardato anche April perché il tema affrontato è quello dei legami familiari.
Stavolta nessun effetto amarcord, nessun best of dei momenti Japril di questi anni, nessun tributo agrodolce ai fan della coppia, piuttosto una parentesi completamente nuova, in cui i due protagonisti partono per un viaggio fisico ed emotivo, che li porterà ad affrontare un dramma personale partendo da una distanza enorme per poi ritrovarsi vicini in modo inaspettato.
Il sequel è un episodio tutto dedicato al senso di famiglia: cosa vuol dire essere genitori, avere la responsabilità di crescere qualcuno, farlo insieme ad un’altra persona? Ma soprattutto, come si può rinunciare ad esserlo?
Il fulcro dell’episodio, già anticipato alla vigilia della messa in onda, è l’incontro di Jackson con suo padre: sta tutto lì il cuore di Grey’s Anatomy 13×16, in Jackson che resta pietrificato per tutto il tempo, con gli occhi lucidi e il cuore in gola (o nello stomaco, come dice raccontandolo ad April), impossibilitato ad esprimere i suoi sentimenti di fronte all’apparente serenità di suo padre dopo vent’anni di silenzio e assenza. Il tratto più interessante dell’incontro è la totale simmetricità dei comportamenti dei protagonisti: da un lato un Jackson impietrito che non riesce a proferire parola ma parla con gli occhi, dall’altra suo padre che lo accoglie come un vecchio amico passato di lì offrendogli da bere e parlandogli del più e del meno.
Avendo scelto di inserire quasi ex novo questo personaggio a cui non si era mai dato spazio prima in Grey’s Anatomy, l’idea di rappresentare due uomini agli antipodi, come professionisti, come padri, come persone, è stata decisamente la più idonea: Jackson e suo padre Robert, un ricco chirurgo di una potente famiglia americana che rinuncia a tutto pur di avere una vita senza troppe responsabilità, è rappresentato plasticamente nel primo incontro tra i due. Tanto silenzioso e morso dalla rabbia è Jackson (forse la migliore interpretazione di Jesse Williams vista finora) quanto cordiale e sereno è suo padre.
https://youtu.be/HbRlSSctRZY
E il secondo confronto tra i due è, se possibile, ancor più significativo. Perché Jackson decide di farsi una ragione del fatto di non avere avuto un padre e di non poterlo ritrovare ora, ma capisce anche che da quella sofferenza ha imparato ad essere diverso, a fare per la figlia Harriet tutto ciò che suo padre non ha fatto per lui.
https://youtu.be/x2hwGH7cjxY
Ad aiutarlo in questo percorso c’è April (stavolta grazie allo zampino di Catherine), perfetta nell’intuire il disagio, le necessità ma anche la potenziale forza di Jackson di fronte a quella situazione. In quest’episodio più che mai è come se April fosse in grado di leggere la mente di Jackson ed accompagnarlo per mano a fare un passo dopo l’altro, tanto nella risoluzione del difficile caso medico che lo ha portati in Montana quanto nel chiarimento cercato con suo padre.
I Japril non sono mai stati più distanti emotivamente come all’inizio di quest’episodio, in cui a malapena si parlano: anche la nascita della loro bambina e la scelta di convivere non li ha messi nelle condizioni di riavvicinarsi.
Un intervento geniale in un ospedale in Montana (un’autotrapianto di gola reso sullo schermo con immagini straordinariamente vivide) diventa il catalizzatore di un’energia che, complice l’isolamento, li spinge uno tra le braccia dell’altro ricordando i vecchi tempi (la citazione della prima volta di April e Jackson durante gli esami di specializzazione è palese ancor prima che lui vi faccia riferimento) e con la consapevolezza di aver affrontato un’esperienza in più: Jackson è ora un genitore più consapevole, perché ha affrontato un demone interiore guardandolo in faccia e rendendosi conto di essere meglio di suo padre.
https://youtu.be/HeRVkdhMuSk
Quel che non è parso chiaro di quest’episodio è perché Jackson abbia voluto ritrovare suo padre proprio adesso. Infelice per molto tempo negli ultimi anni, dopo la perdita del primo figlio e poi la crisi matrimoniale con April, Jackson si è sempre sentito soffocato dall’importanza del nome Avery, quindi ha certamente qualcosa in comune con suo padre. E forse proprio quando il suo peso in ospedale si è fatto più importante, con la volontà di far sentire la sua voce in consiglio di amministrazione per difendere Richard Webber, è scattata in lui la volontà di capire cosa abbia spinto il padre a lasciare il suo mondo per andare a gestire una taverna in montagna. Forse una parte di lui si stava chiedendo se quel senso di disagio per le etichette (mostrato sin dal principio durante la specializzazione) e quel fastidio provato di fronte all’autorità di sua madre Catherine potesse portarlo un giorno a diventare come suo padre, a rinunciare a dei privilegi che gli spettano di diritto ma che fondamentalmente non ha mai voluto.
Il fatto che April lo definisca “un buon padre” diventa una motivazione sufficiente perché Jackson esca dal suo torpore e trovi la forza di dire a Robert che non c’è nulla di nemmeno assimilabile ad un rapporto paterno tra loro: pur con tutti i suoi difetti, Catherine è stata negli anni tutto ciò di cui Jackson avesse bisogno. Ed è lei, insieme ad April ed Harriet, la famiglia di Jackson. Il fatto che sia stata mamma Avery a mandare April in trasferta col figlio la dice lunga su quanto sapesse delle intenzioni di suo figlio e si fidasse di lui, accettando la sua volontà di andare in cerca del padre nonostante il rischio di riaprire una ferita dolorosa: le sue ingerenze non conoscono limiti, ma sono anche quelle di una madre che ha speso la sua vita perseguendo quello che ritiene il bene di suo figlio, tutto da sola. Aver riabilitato Catherine stride con quanto visto in questa stagione finora (le pressioni sulla Bailey e l’alleanza contro suo marito), ma in questo caso, osservandola come madre, la celebrazione del ruolo era doverosa.
https://youtu.be/XRiU-HjwlgQ
Una menzione speciale va alla regia di Kevin McKidd, elegante e raffinata come sempre, ma particolarmente fluida e coinvolgente
nelle scene girate in sala operatoria, che complice la colonna sonora sono riuscite a restituire quel concetto da sempre presente in Grey’s Anatomy, “la magia della medicina“, di solito vissuta con gli occhi degli specializzandi ma stavolta ben presente anche in quelli di due strutturati come i Japril. Non è ancora chiaro se quest’episodio ce li riconsegna come coppia, ma sicuramente ha rappresentato un’evoluzione intensa e promettente.
https://youtu.be/g_l9DHDQq5M