Oggi è morto in Svizzera a 89 anni, sconfitto dal cancro, il James Bond più longevo di sempre, sir Roger Moore. Lo hanno annunciato con un commosso tweet i suoi tre figli, Deborah, Geoffrey e Christian: “L’amore con il quale ci ha circondati nei suoi ultimi giorni è stato così immenso che non può essere quantificato con le sole parole”, hanno scritto. Ovviamente il ruolo al quale resta più legato è quello di James Bond, che ha interpretato in ben sette pellicole dal 1973 al 1985, da Agente 007 – Vivi e lascia morire sino a 007 Bersaglio mobile. Ma c’è molto altro nella carriera di Roger Moore, antesignano in un certo senso degli attori contemporanei che con molta più facilità, e meno pregiudizi di un tempo, si muovono tra grande e piccolo schermo.
Nato nel 1927 e diplomato alla Royal Academy of Dramatic Art, Roger Moore aveva nell’immediato dopoguerra esordito al London Arts Theatre. Elegante, aitante, dai modi aristocratici, il cinema non poteva non notarlo. Così vennero i primi ruoli sul grande schermo, il primo in Due mogli sono troppe, un film di produzione italo-britannica diretto da Mario Camerini nel 1951, e poi una serie di film preferibilmente melodrammatici, L’ultima volta che vidi Parigi (1954), di Richard Brooks, Oltre il destino (1955) di Curtis Bernhardt, Vento di tempesta (1959) di Irving Rapper, accanto a Vittorio Gassman.
La notorietà la raggiunge con la televisione. La prima serie a cui partecipa è Ivanhoe (1958), cui seguono The Alaskans e Maverick e soprattutto Il Santo, suo primo grande successo, nel quale interpreta il personaggio di Simon Templar, legato a una serie di romanzi su una sorta di Robin Hood. Nei libri è anche incline all’uso della violenza, ma Roger Moore, che lo interpretò dal 1962 al 1969, lo trasforma in un raffinato paladino della giustizia che non disprezza la frequentazione del jet set e delle belle donne. Moore portò il personaggio anche al cinema, per due film, L’organizzazione ringrazia. Firmato il Santo (1968) e La mafia lo chiamava il Santo ma era un castigo di Dio (1969), che in realtà non erano altro che l’unione di episodi della serie tv.
Una variazione del personaggio di Simon Templar è anche un altro suo telefilm, popolarissimo anche in Italia, Attenti a quei due (1971), una produzione ad alto budget, nel quale Roger Moore, nel ruolo del milionario britannico Lord Brett Sinclair, viene affiancato da Tony Curtis, milionario però americano e quindi dai modi molto meno affettati. E i due insieme, sempre paladini della giustizia ironici, gaglioffi e brillanti, risolvono da privati cittadini casi complessi, in una serie che ovviamente gioca molto efficacemente sul divertente contrasto di caratteri tra i due protagonisti.
Sono questi ruoli a renderlo l’erede ideale di Sean Connery per James Bond. La serie, dopo l’abbandono dell’attore scozzese, aveva vissuto un delicato momento di transizione, che non era certo stato risolto dall’arrivo del nuovo Bond, George Lazenby, interprete di un solo episodio, Agente 007 – Al servizio segreto di sua Maestà che, troppo cupo, non era piaciuto ai fans della serie. Roger Moore ebbe il merito di trovare una sua chiave per interpretare il personaggio che non fosse un calco di Sean Connery, immettendo una maggiore ironia e gusto della commedia nel personaggio dell’agente segreto 007. Il quale, con Roger Moore viene lanciato in avventure sempre più mirabolanti, che portano James Bond anche nello spazio (Moonraker, 1979), in film con semre più effetti speciali in cui l’apparato produttivo tende sempre più al gigantismo. Nel 1983 ci fu addirittura la sfida a distanza con Sean Connery, che quell’anno tornò al personaggio di Bond con l’episodio apocrifo Mai dire mai: ma col suo Octopussy – Operazione Piovra, Roger Moore si tolse la soddisfazione di avere la meglio al botteghino, seppure di poco.
Il seguito della sua carriera fu contraddistinto in gran parte da non memorabili film d’azione, come Ci rivedremo all’inferno e I quattro dell’Oca selvaggia e, sull’altro versante, da commedie in cui poteva mostrare il suo più naturale versante ironico, I seduttori della domenica, La corsa più pazza d’America, anche una partecipazione a quel bizzarro oggetto pop che è Spicer Girls – Il film (1997) . Negli ultimi anni l’impegno maggiore lo profuse nel suo ruolo di ambasciatore dell’Unicef, spesso presente in campagne di sensibilizzazione per la difesa dell’infanzia, che gli valsero anche nel 2003 la nomina da parte della regina Elisabetta di Cavaliere dell’Impero britannico, da cui il titolo di sir. Nel 2013 partecipò al film per la tv The Saint, remake dedicato al suo fortunato personaggio di Simon Templar. La sua ultima apparizione appena l’anno scorso, nel 2016, in The Carer, in cui interpretava se stesso.