Lino Guanciale racconta La Porta Rossa, tra citazioni e curiosità: “Cagliostro non è un morto”

L'attore Lino Guanciale, jolly della fiction made in Rai, racconta il successo de La Porta Rossa, la serie di Carlo Lucarelli in onda su Rai2

Lino Guanciale racconta La Porta Rossa

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Protagonista de La Porta Rossa, ma ancor prima di Che Dio Ci Aiuti, L’Allieva, Una Grande Famiglia e tante altre produzioni Rai, Lino Guanciale è ormai il jolly della fiction della tv pubblica.

Versatile, telegenico, capace di passare dalla commedia al dramma senza fare una piega, il bell’attore di Avezzano è in realtà un antidivo: riservato, impegnato, fedele alle passioni di sempre e alle sue radici di attore teatrale, continua a districarsi abilmente tra cinema, tv e soprattutto teatro (da Ragazzi di Vita di Pasolini all’Antigone di Sofocle, al Romeo e Giulietta diretto da Gigi Proietti, vanta un curriculum invidiabile sul palcoscenico).

La sua popolarità è letteralmente esplosa negli ultimi tre anni, grazie a titoli come La dama velata, Non dirlo al mio capo e L’allieva con Alessandra Mastronardi, ma Lino Guanciale non sembra interessato alla ribalta fine a sé stessa, come ha spiegato al Corriere della Sera.

Prendo sempre i mezzi pubblici, anche se adesso la gente per strada mi ferma più spesso e ci metto il doppio del tempo per arrivare a destinazione. Mi sono solo comprato una macchina più veloce. Un po’ perché mi piacciono le auto, un po’ perché con il teatro mi muovo tantissimo e mi serviva una macchina più sicura. Ci sono due tipologie di attori. Quelli che lo fanno per esibirsi, che godono a stare sul palcoscenico, hanno bisogno del pubblico. E poi chi lo fa per comunicare con gli altri, come me. Nella vita quotidiana preferisco osservare, ascoltare piuttosto che parlare. Non amo stare al centro dell’attenzione (…) I giudizi negativi fanno sempre male, non credo a chi dice che non è vero. Ma fa parte del gioco, accettarle e capire in cosa possano essere utili.

Intervistato da Massimo Franco, l’attore ha provato ad inquadrare le ragioni del successo de La Porta Rossa, il thriller nato dalla penna di Carlo Lucarelli e interpretato al fianco di Gabriella Pession. Dai riferimenti letterari, cinematografici e televisivi al riscontro del pubblico di Rai2, Guanciale analizza soddisfatto il fenomeno che ha portato la seconda rete Rai al 13% di share (nonostante i cambi di programmazione che potrebbero averla danneggiata). Tanti i riferimenti rintracciabili nella sceneggiatura, dal cult Il sesto senso ai grandi classici della letteratura del Novecento, ma la serie è innanzitutto una riflessione sulle seconde chance.

Il modello è Il sesto senso di Shyamalan, ma mi sono rivisto anche tutta la serie della Bbc River con Stellan Skarsgård. Mi sono riletto molti passi di Thomas Mann, maestro nel descrivere la relazione con l’aldilà, con le forze che esulano dalla razionalità. E ho ripreso Dostoevskij, da Delitto e castigo ai Fratelli Karamazov: il mio Cagliostro è un parente stretto di Ivan che impazzisce quando non sa darsi una spiegazione logica del mondo (…) Il segreto del successo credo che sia nella riuscita commistione di generi. Un melange tra il fantasy – la fascinazione per il soprannaturale – e una trama gialla a tinte noir avvincente, con la sua “struttura a esclusione” dei colpevoli. Un tessuto a cui si aggiunge una linea sentimentale forte. Cagliostro non è un morto, è un escluso: è questa la sua tragedia, la sua è la storia di un’emarginazione. È una specie di Marlowe scorbutico, respingente, ma talentuoso, non fa nulla per risultare affascinante, ma diventa seducente malgrado se stesso. È facile volergli bene perché ha perso tutto, è nell’abisso e deve risalire senza nemmeno poter usare la mani. Alla fine è un antipatico che ti conquista. Senza contare che ognuno di noi nella vita fantastica di avere una seconda possibilità.