Grey’s Anatomy 13×13 è una lezione di vita emozionante e drammatica: recensione e promo 13×14

Drammatico e corale l'episodio di Grey's Anatomy 13x13, tra lezioni di vita e insegnamenti a confronto

Grey's Anatomy 13x13, riassunto e recensione

INTERAZIONI: 770

Finalmente con un episodio all’altezza delle migliori stagioni Grey’s Anatomy 13×13 riporta sullo schermo un intreccio corale, intenso, drammatico, capace di imprimere una svolta ad una stagione abbastanza stagnante sul fronte della trama orizzontale.

Dopo la sospensione di Meredith e la sua sostituzione con April, anche quest’ultima come Eliza viene sottoposta ad una sorta di mobbing da parte dei suoi amici e colleghi, tutti concordi nell’isolarla per punirla della sua decisione di accettare quel posto da primario ad interim. Perfino la sua migliore amica Arizona, colei che le è stata accanto più di tutti durante la perdita del suo bambino, e il suo ex marito Jackson, nonché padre di sua figlia, si rifiutano di avere un confronto civile e la guardano dall’alto in basso. Proprio Jackson e Arizona, che avrebbero dovuto perlomeno provare a parlare con April, si sono limitati a giudicare la sua scelta di accettare la proposta, come tutti gli altri (ad eccezione, miracolosamente, di mamma Avery). Segno che la mossa della Bailey di aprire una faglia nel blocco degli strutturati ha avuto l’effetto sperato. Divide et impera.

https://youtu.be/H5TlcsJ-jCs

La stessa April ovviamente ha la sfortuna dalla sua parte. E la legge di Murphy opportunamente invocata in apertura dell’episodio dalla voce narrante di Meredith (che resterà off screen per l’intero episodio) la mette a dura prova, nonostante la sua tenacia nel portare avanti il suo compito, affrontare le criticità e difendere la sua professionalità: “Qualcuno qui dovrà pur comportarsi da adulto qui” è la sua posizione, cosa che gli strutturati del Grey Sloan non stanno facendo da un po’ di settimane, innescando una guerra in difesa del ruolo del vecchio capo Webber tra riunioni segrete e sgambetti palesi alla nuova direttrice del programma di specializzazione.

L’unico a mostrare una certa razionalità e una buona dose di senso pratico è Owen, vuoi per la sua formazione militare vuoi perché è stato capo a sua volta: “Se il capo ti dà un ordine tu lavori e cerchi di far funzionare le cose“. Per non parlare della reazione isterica di Maggie che le dà della traditrice e la ostacola nel suo lavoro: questo personaggio melodrammatico sempre pronto a lamentarsi, che si tratti di disperarsi per i suoi nipoti, per la sua angusta vita sentimentale o perché sua sorella è stata temporaneamente esonerata dal suo lavoro, è sempre al limite della sopportazione. Il suo ostracismo in sala operatoria contro il chirurgo che dovrebbe operare una paziente e farlo al meglio è infantile e stupido: possibile che l’enfant prodige diventata primario a poco più di trent’anni sia così patetica da ostacolare il lavoro di una collega e il suo rapporto con la paziente?

E se gli strutturati si dividono sulla questione April, è bello vedere finalmente gli specializzandi in una sorta di Paese delle Meraviglie in cui vanno alla scoperta della professione in modo attivo e da protagonisti, anche perché ormai a conti fatti per loro dovrebbe dovrebbe avvicinarsi a grandi passi il momento dell’esame per l’abilitazione alla professione chirurgica, ma finora nessuno ha dato grandi prove in sala operatoria. L’entusiasmo generato dall’iniziativa di Eliza – un caso “start-to-finish”, da affidare dall’inizio alla fine ad uno specializzando con la supervisione di uno strutturato – genera finalmente empatia nei confronti di questo gruppo di specializzandi, mai amato dal pubblico sin dalla sua comparsa, e nello specifico nei confronti di Stephanie. Alla sua prima prova però, un’emorragia impercettibile durante l’operazione porta alla tragedia: un bambino muore per dei semplici calcoli, gettando nella disperazione sia lei che la sua mentore Eliza. Ed è proprio la storia della Minnick, devastata dalla perdita di un bambino per la prima volta in carriera, che getta dei dubbi ulteriori su di lei: davvero un giovane medico sportivo, benché chirurgo ortopedico e specializzato nella formazione medica, è più competente nel dirigere un programma di specializzazione rispetto a un chirurgo generale con una trentennale esperienza in un ospedale universitario? Per formare buoni chirurghi conta più l’esperienza sul campo o la bontà del metodo? La saggezza dell’uno e l’audacia dell’altra possono coesistere?

https://youtu.be/nVXGnlSGoAY

Grey’s Anatomy 13×13 ha mostrato finalmente una debolezza nella macchina da guerra Eliza, con la disperazione per l’errore commesso e quel tenero abbraccio con Arizona, che contribuisce a far conoscere questo personaggio dall’arduo compito: sostituire Callie nel cuore della Robbins.

https://youtu.be/uBho3X2rXVc

Ad uscirne meglio in quest’episodio è decisamente Webber, nonostante tutto. Deluso e amareggiato per essere stato messo da parte dalla sua pupilla, con cui ha finalmente un confronto serio durante l’operazione di Warren, scopre anche che a sobillare la Bailey c’era sua moglie Catherine, con un lavoro certosino di pressione e convincimento fatto senza però esporsi apertamente (“La Bailey era il mio ‘dall’inizio alla fine’ e tu me l’hai messa contro“). Alla fine è sempre Webber il pilastro a cui fare riferimento, la roccia su cui poggiarsi, l’oracolo da consultare per sapere cosa fare, cosa accadrà dopo, come se ne esce quando la morte vince: è con lui che Stephanie trova la forza di affrontare il suo fallimento di fronte ai genitori del bambino, ma anche di capire che probabilmente non sarebbe andata diversamente se al suo posto ci fosse stato un altro medico. Le parole di Webber forse non saranno da manuale di chirurgia, ma sono un insegnamento di vita valido per tutti.

https://youtu.be/IY93kWlf6XU

Tra i pregi migliori di quest’episodio ci sono – finalmente, in una stagione molto carente in questo senso – dialoghi brillanti con battute che si fanno ricordare, da Warren che si definisce la first lady della Bailey alla stoccata sul voto politico sbagliato: dopo la storia del muro della scorsa settimana, ovvio riferimento alle politiche di Trump, anche stavolta c’è una chiara satira politica nei confronti degli elettori repubblicani (“Si può votare portare in modo sbagliato?” chiede Owen dopo una battuta di Arizona su April, “Oh certo!” rispondono tutti in coro).

Un episodio molto emozionante per la forza del caso medico e la capacità di mettere in risalto le caratteristiche dei singoli personaggi: da un lato l’intraprendenza e la dinamicità di Eliza, che però si scontra con la sua inesperienza, dall’altro la solidità di Webber, insostituibile quando c’è bisogno di fare la scelta giusta. E anche gli specializzandi finalmente cominciano ad apportare un contributo significativo alla trama: attraverso le loro azioni e reazioni in sala operatoria, si scontrano due mondi apparentemente antitetici e si torna a vedere quel disegno corale che coinvolge tutti. La forza di Grey’s Anatomy è sempre stata proprio questa, riuscire a tenere insieme tutte le storie, tra similitudini e differenze, guardandole proseguire insieme. Anche se ogni tanto qualcuno viene tagliato fuori. Ad esempio, in Grey’s Anatomy 13×13, per la seconda volta nella storia della serie dopo la première di metà stagione, Ellen Pompeo non si è vista per nulla (chissà se percepisce 300mila dollari a puntata anche per quelle in cui non compare nemmeno in un frammento), ma sarà di nuovo in pista nell’episodio Grey’s Anatomy 13×14 con un confronto con la Bailey.