I talent show non distruggono la musica italiana, siamo noi a scegliere gli ex talent sbagliati. 3 ARTISTI da tenere d’occhio

Sono davvero i talent show a distruggere la musica italiana? Il potere è nelle nostre mani!

Amici di Maria De Filippi, anticipazioni finale 2016

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Di talent e di ex talent se ne parla decisamente troppo in Italia. Perché consentire ad un contenitore vuoto di orientare discussioni, riempire pagine e pagine, invadere la TV e colonizzare ogni social network?

I talent show stanno distruggendo davvero la musica italiana o lo hanno già fatto? L’interrogativo coinvolge le migliori testate italiane, esperti di musica e fan, addetti ai lavori ed ascoltatori passivi, ma dovremmo piuttosto chiederci perché se ne parla così tanto e analizzare l’intera situazione da un altro punto di vista. Accantoniamo quindi la storia (indubbiamente vera) delle etichette discografiche che in modalità burattinai comandano tutto perché nell’aspirazione al farlo non c’è nulla di sbagliato: un’azienda produce un bene o un servizio e lo immette sul mercato perché – è ovvio – vuole venderlo. La scelta d’acquisto spetta al destinatario del suddetto bene o servizio, che nelle sue mani ha pieni poteri decisionali.
Non sono i talent che distruggono la musica, quindi, quanto piuttosto le scelte sbagliate di la compra. 

Molti artisti vi diranno che si stava meglio quando l’attenzione musicale si focalizzava interamente sulla radio, i bei vecchi tempi in cui una canzone veniva trasmessa perché era qualitativamente meritevole di passare in radio, al di là del videoclip, del ciuffo o non ciuffo del cantante in questione, del vestito alla moda o meno. È, probabilmente, il primo errore di interpretazione di un fenomeno rivoluzionario come quello musicale che ha coinvolto miliardi di persone nel mondo e tutti i media, forte di un linguaggio universale ed universalmente valido.

Quando la radio era l’unico mezzo di diffusione delle canzoni, probabilmente c’erano anche meno artisti tra cui scegliere e una possibilità era pressoché immediata al momento del rilascio di nuova musica.

Ma c’è anche un’altra cosa su cui riflettere: siamo davvero così sicuri che a quei tempi, effettivamente, non c’era nessun artista scontento per i mancati passaggi in radio o per lo spazio che non riusciva ad ottenere? O, semplicemente, senza internet e altri mezzi per conoscere i suddetti “artisti dimenticati dal sistema”, si viveva nell’ignoranza più totale, in quanto si ignorava l’esistenza di realtà diverse causa impossibilità di scoprirle?

Il potere del mezzo radiofonico, inoltre, non veniva ancora percepito in tutto il suo splendore derivante dalla possibilità di raggiungere milioni di persone in ogni momento della giornata e c’erano gli ormai celebri speaker/deejay, che effettivamente contavano qualcosa nella programmazione dei network.

Si parla di payola come di uno shockante tentativo di corruzione, riconosciuto come illegale nella seconda metà del 900. Società di edizioni pagavano dj e direttori radiofonici per trasmettere determinati brani dai quali avrebbero guadagnato, un capro espiatorio è stato incriminato e vissero tutti felici e contenti aggirando il sistema e inglobando le stesse società di edizioni all’interno di conglomerati del calibro di Ultrasuoni che bombardando da ogni fronte con i Modà, qualche anno fa ha portato Kekko Silvestre e soci al successo. Ultrasuoni – per chi non lo sapesse – è un’etichetta discografica nata da RTL 102.5, Radio Italia e Radio Dimensione Suono, la potenza suprema ed incontrastata alla quale dobbiamo, tra i tanti regali, Bianca Atzei. 

Dopotutto, però, c’è ancora un motivo per il quale rallegrarsi: oggi abbiamo i mezzi giusti per conoscere ciò che ci fanno vedere e ciò che non ci fanno vedere ed è proprio per questo motivo che i talent show non distruggono la musica italiana semplicemente perché, al pari di ogni altro programma televisivo, mostrano una selezione della realtà musicale secondo i gusti e gli orientamenti personali di una nicchia ristretta che attraverso i più beceri meccanismi spinge a credere nel potere del contenitore stesso, l’unico rilevante agli di occhi di ascoltatori passivi indifesi che non hanno le competenze né la volontà di andare oltre per scoprire cosa c’è DENTRO, DIETRO e ACCANTO al contenitore vuoto il quale, nella sua essenza primordiale, non è bello né brutto, buono né cattivo. Semplicemente è VUOTO.

Mia mamma ha un barattolo di vetro in cui conserva le caramelle, un barattolo trasparente. Compra spesso caramelle alla menta, senza zucchero, quelle che mangeresti per obbligo con un mal di gola ma che non porteresti mai ad un bambino di quattro anni. Mio nipote va continuamente alla ricerca di caramelle e quando si avvicina al “barattolo delle mille occasioni” lo vede traboccare e ripone nella “quantità” le più alte aspettative… Per poi rimanere, puntualmente, deluso! Quando apre il barattolo, scopre che le sue Big Babol non ci sono e lo richiude cercando altrove le sue adorate gomme da masticare alla fragola. Altre volte, invece, tenta una caramella alla menta ma sa che non riesce a mandarla giù e la sputa immediatamente. Spesso però capisce che se cerca bene, una Big Babol la trova, ma è sul fondo e deve essere disposto ad uno sforzo in più per scovarla e regalarsi un momento di piacere.

Quanti di noi sono disposti a sputare mille caramelle alla menta e a svuotare il barattolo prima di mangiare la Big Babol? 

Il talent show è un contenitore vuoto e di per sé è neutro. Tutto sta nel vedere cosa ci mettono dentro e, nel mucchio, saper riconoscere quando c’è davvero qualcosa di buono, al di là del teen idol di turno e del personaggio su cui punta la produzione televisiva il cui obiettivo non è di certo quello di scoprire un artista talentuoso e di regalargli un percorso dignitoso nel mondo della musica. E qualcosa di buono, ogni tanto, dai talent show ci passa!

ELYA ZAMBOLIN è l’unico regalo che The Voice è riuscito a farci in Italia. Quattro edizioni sottotono (in termini di coach, ascolti e concorrenti) hanno dimostrato che la supremazia di Amici di Maria De Filippi è estremamente difficile da contrastare ma a noi – che dal business televisivo non ci guadagniamo un euro – interessa solo che, prima di chiudere, ci ha fatto vedere uno spiraglio di luce. La musica italiana starà anche andando verso il “karaokerato” e sta indubbiamente mettendo un macigno sopra la grande epoca del cantautorato che ci invidiano in tutto il mondo, ma non è ancora detta l’ultima parola. Quando pensavamo che le Blind Audition, anche questa volta, ci avrebbero mostrato solo una schiera di pappagalli in fila – pappagalli bellissimi e magari anche rari, ma pur sempre esemplari di pappagalli – un veneto ha cantato il suo Mondo attraverso le parole di Cesare Cremonini, rimettendo in discussione il senso stesso della performance su una cover e presentando un brano identico all’originale, ma esclusivamente nel testo. Elya Zambolin lo abbiamo atteso di settimana in settimana, curiosi di scoprire la sua personale versione di hit italiane ed internazionali che, passate al setaccio del suo estro, hanno assunto un gusto tutto nuovo. L’inedito lo abbiamo penato: Evelyn si è fatta attendere fino alla finale e non è di certo il classico pop sconsolato che ci propinano ovunque! La prova del nove, tuttavia, è ancora work in progress: l’album. Lo attendiamo con ansia sperando che non cada nella trappola dell’eccesso di collaborazioni autorali.

 

ALESSIO BERNABEI incarna, invece, in modo perfetto il “ciuffo” che i talent adorano, il ragazzino carino da spremere un paio d’anni e poi buttare via per il nuovo “ciuffo” di turno. Alessio Bernabei, però, fa parte dei tre artisti da tenere d’occhio perché è tra i pochi ad aver scelto di uscire volontariamente dal tritacarne degli ex talent alla volta di un entusiasmante percorso da solista, tutto in salita. Ad Amici 13 si è classificato al secondo posto con i Dear Jack, che ha lasciato due anni e due album dopo per un accordo discografico con Warner Music, una delle etichette che gli artisti non li spreme, li lavora, li segue, li supporta, li fa crescere al caldo di una bellissima e competente famiglia discografica. Tenete d’occhio Alessio Bernabei perché anni dopo la mediocrità di Amici 13 ha iniziato a metterci il cuore, a dire la sua in musica, a scrivere canzoni sorprendenti.

I SIMONS sono quelli che dal talent show hanno ricevuto di più, in termini di schiaffi in piena faccia. Prima band nella storia di Amici di Maria De Filippi, sono la smentita vivente del cliché secondo il quale essere in un talent show significhi automaticamente avere uno spazio ma sono nati per conquistarlo e quindi lotteranno, l’otterranno e lo terranno. Un giorno un brillante cantautore italiano mi ha detto che chi deve durare nel tempo deve anche avere necessariamente un percorso più arduo e più lungo da compiere. Si intraprende con la “voglia di farcela” e credendoci ogni giorno nella consapevolezza che non esiste la giustizia divina, non esiste una forza suprema che ad un certo punto mette le carte a posto e consente ad ognuno di ottenere ciò che merita. I Simons vi insegneranno ad avere voglia di raggiungere un obiettivo, il vostro. Vi potranno piacere o non piacere ma imparerete a chiedervi cosa volete dalla vostra vita e a dare il massimo nelle piccole sfide quotidiane con la determinazione che li contraddistingue da anni, che contagerà anche voi. Specchiandovi nelle loro canzoni, scoprirete che i cantautori italiani non sono morti, nonostante i talent, e che non tutti i cantautori sono anime in pena trafitte dal dolore incessante autoinflitto. Vi insegneranno che c’è sempre un piano B e che se non dovesse funzionare c’è anche il piano C, D, E, F, G. Prima o poi è il mondo che si arrende, preso a bastonate da chi ha un sogno ambizioso ed ogni respiro finalizzato alla sua realizzazione.

 

Il talent show è un business. Un business è un’attività economica che deve generare profitti. La musica invece è espressione artistica e l’arte spesso non va d’accordo con il denaro. È per questo che i talent show non sono musica e proprio perché non lo sono non possono distruggerla.

Tolgono spazio ai reali talenti musicali, questo sì. E siccome di spazi ce ne sono pochi, poche sono anche le alternative per raggiungere il pubblico al di là dei circuiti controllati da chi ispeziona i talent show.

Questo non significa, però, che ARTISTI veri non siano mai passati per Amici di Maria De Filippi, X Factor o The Voice of Italy e qualcuno di loro, dopo la sofferta esposizione mediatica, ce l’ha anche fatta. È il caso di Marco Mengoni che dopo X Factor non si è più fermato e, tra anni di gavetta e un programma televisivo, ha raggiunto dischi di platino, messo a segno tournée sold out in Italia e in Europa, rilasciato canzoni in spagnolo e giorno dopo giorno ha dimostrato di non essere solo un prodottino a scadenza.

Molti altri hanno ripiegato sulla carriera autorale. Virginio Simonelli, Piero Romitelli, Edwyn Roberts, Emanuele Dabbono, Tony Maiello – solo per citarne alcuni – fanno parte del calderone di ex cantautori oggi autori per interpreti, quei loschi ed enigmatici personaggi il cui ruolo non è ancora ben definito. Quelli che salgono su un palco per farsi dire che sono fighi, imparando a memoria un testo che dicono li rappresenti, ma li rappresenta così tanto che non è mai il loro; quelli che senza autori non avrebbero di che cantare. La domanda da porsi, quindi, è: Perché si compra una canzone scritta da un cuore che non la canta sperando di trovare nell’interprete il cuore che non ci ha messo? Davvero la motivazione risiede nelle particolarità vocali? E se è così, allora, perché non abbiamo tutti eredi di Whitney Houston in classifica?

Volete davvero sapere cosa fare per contrastare l’egemonia dei talent? No, spegnere la TV non basterà perché le stesse cose le ritroverete in radio, sui manifesti in strada o in Piazza Del Popolo a Roma. Imparate a scegliere. Solo la consapevolezza dell’esistenza di qualcosa di diverso vi darà la possibilità di scegliere liberamente. E non è detto che non possiate scegliere Elodie Di Patrizi, Emma Marrone, Alessandra Amoroso, i Dear Jack, Chiara Grispo e via dicendo, ma a quel punto li avrete preferiti in modo consapevole a molti altri, non ve li avranno imposti da copione.