The Voice of Italy chiude i battenti con un discreto flop di ascolti e contenuti: ci sarà la 5ª edizione?

La 4ª edizione di The Voice of Italy si chiude con la vittoria di Alice Paba: Rai Due mantiene il più stretto riserbo sul rinnovo.

The Voice of Italy

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C’era una volta un talent che si chiamava The Voice of Italy. Quattro erano le poltrone rosse, ciascuna delle quali riservata a uno dei coach, come quattro erano le fasi di selezione dei talenti candidati al titolo finale. Il sogno di John De Mol ha inizio nel 2010, quando il papà del Grande Fratello concepì un format in grado di sbaragliare la concorrenza di X Factor e Idol.

In Italia, la geniale intuizione delle Blind Auditions di The Voice è stata inaugurata nel 2013, con un Fabio Troiano alla prima esperienza in conduzione e quattro grandi coach: Raffaella Carrà (che ha annunciato il suo addio), Piero Pelù, Noemi e Riccardo Cocciante. Già dalla prima edizione è apparso chiaro come il meccanismo di gioco fosse lontano dal mondo dei talent.

Nella loro genialità, le Blind Auditions diventano snervanti. Sei settimane alla ricerca di una squadra di talenti di cui in pochi ricordano nomi e caratteristiche. Dai 16 delle passate edizioni, quest’anno gli artisti che hanno ottenuto l’accesso alle Battles sono stati 21. Un carnaio senza precedenti, quello portato in scena da The Voice of Italy, che costringe i talenti a esibirsi una volta e per pochi minuti, per poi essere riproposti a distanza di mesi dalla prima apparizione.

Il meccanismo di gioco prevede questo, esaltando così la figura del coach a scapito di quella dei concorrenti. Mai come in questa edizione, i coach hanno assunto un ruolo predominante rispetto ai loro adepti. Basti pensare a Dolcenera, che è riuscita a intrattenere il pubblico per 13 settimane, o a Max Pezzali, il saggio del gruppo.

Per come è strutturato allo stato attuale, The Voice of Italy non è in grado di attirare una fetta di pubblico così considerevole da poter ritenere lecito un rinnovo per la 5ª stagione. Gli ascolti della finale, seppur in linea con le precedenti puntate, non sono comunque soddisfacenti per un prodotto di questo tipo.

L’attenzione è ancora troppo focalizzata sui coach rispetto ai concorrenti, che godono di una visibilità troppo scarsa per pretendere di essere ricordati dal pubblico. L’unico nome associato a The Voice of Italy è quello di Suor Cristina, che ha comunque fatto registrare un flop clamoroso nelle vendite, mentre quello di Chiara Dello Iacovo, sbandierato dai dirigenti in conferenza stampa, non deve il suo successo alla partecipazione al talent.

La casa discografica di riferimento, Universal Music Italia, è stata accusata di non interessarsi sufficientemente ai talenti sfornati da The Voice. Non ci sono – comunque – motivi ragionevoli per cui dovrebbe farlo a queste condizioni: è la major con gli artisti più rilevanti a livello di vendite, per cui si limita a sorvegliare e intercettare (laddove vi sia del materiale interessante). Dai vertici Rai, in particolare da Ilaria Dallatana, arrivano già le prime voci di un possibile stop a The Voice of Italy, che potrebbe rimanere orfano della 5ª edizione.