Che festival di Cannes sarebbe senza Jean-Pierre e Luc Dardenne? Infatti anche stavolta i due fratelli belgi sono sulla Croisette con il loro cinema coerente e rigoroso, che ha dato una nuova accezione al termine “realismo” applicato al cinema. Il festival quest’anno sembra un ritrovo di amici di vecchia data: Dardenne, Jarmusch, Loach, Almodóvar, Assayas, persino il giovanissimo Xavier Dolan, 27 anni appena, è alla sua quinta apparizione! Usato sicuro, ha ironizzato qualcuno. Ma naturalmente sarà la qualità a dare ragione o meno alle scelte del delegato generale del festival Thierry Frémaux.
L’altro film della giornata è Ma’ Rosa di Brillante Mendoza, anche lui volto noto a Cannes e soprattutto appartenente a una delle più rispettate cinematografie da festival, quella filippina, basti pensare all’autore cinefilo per definizione dei nostri tempi, il fluviale, impervio Lav Diaz. Da segnalare poi fuori concorso, Goksung (The Wailer) dell’autore sudcoreano Na Hong-jin, un thriller dalle tinte sovrannaturali in cui l’arrivo di uno straniero in un villaggio rurale coincide con una serie di misteriosi omicidi, e il poliziotti locale per dipanare la matassa ricorre a uno sciamano.
E poi soprattutto, nelle proiezioni speciali, Le Cancre, omaggio al vecchio maestro cinefilo francese Paul Vecchiali, che a 86 anni porta sulla Croisette un film sul difficile rapporto tra un figlio e un padre anziano alla ricerca ossessiva del suo amore dell’adolescenza. Un film sulla memoria, i sentimenti, con la partecipazione anche di tanti amici, tra cui Catherine Deneuve: “Spero che questo film sia – ha detto Vecchiali – come una sorta di treno che di anno in anno, una stazione dopo l’altra, conduce un uomo che pur invecchiando resta sempre innamorato”. Presentiamo i film in concorso.
La fille inconnue dei fratelli Dardenne, in concorso
Cannes è la casa dei fratelli Dardenne: è qui che il loro cinema si è rivelato e affermato, da quando nel 1999 hanno vinto la Palma d’Oro con l’acre, disperato Rosetta. Un premio doppiato nel 2005 da L’enfant – Una storia d’amore. Praticamente ogni loro film esordisce sulla Croisette e La fille inconnue (The unknown girl) segna la loro settima partecipazione, sempre nella selezione ufficiale.
Il loro stile è noto: spoglio, essenziale ma mobilissimo, in un costante pedinamento dei personaggi che cerca la massima trasparenza e oggettività. Un linguaggio in purezza che però rifugge dall’ostentazione dell’autorialità, tanto spesso cifra di quei registi da festival che si compiacciono della propria aristocratica complessità. I Dardenne puntano a un cinema diretto, quotidiano, con una mirabile semplicità che è il risultato d’una costruzione della messinscena meticolosa e di misteriosa naturalezza. Sembra tutto talmente facile che gli imitatori dello stile Dardenne proliferano, eppure raramente qualcuno riesce a interpretare con originalità il modello di partenza. Un bel film “alla Dardenne”, ma autonomo, fu proprio a Cannes lo scorso anno La legge del mercato di Stéphane Brizé, con cui Vincent Lindon vinse un meritato premio per il miglior attore.
Stilisticamente perciò non attendiamo particolari sorprese da La fille inconnue, se non una precisazione e variazione musicale sulle loro note caratteristiche. Stavolta la vicenda parte da un elemento di mistero: la giovane dottoressa Jenny (Adèle Haenel), terminata la giornata di lavoro al suo studio, sente qualcuno bussare alla porta. Decide di non aprire e il giorno dopo la polizia l’informa che nei pressi è stata ritrovata una ragazza morta d’identità sconosciuta. Jenny parte alla sua personale ricerca per scoprire chi sia.
Ma’ Rosa di Brillante Mendoza, in concorso
Col suo primo film Masahista Brillante Mendoza ha vinto il Pardo d’oro al festival di Locarno nel 2005 e nello stesso anno ha fondato una casa di produzione indipendente filippina. Il suo cinema, tra documentari e film di finzione, è incentrato sulla vita delle Filippine contemporanee, con uno sguardo che ne indaga spesso i margini. Primo regista del suo paese ad aver ottenuto in Francia il titolo di Cavaliere dell’Ordine delle Arti e delle Lettere, Brillante Mendoza è alla sua quarta apparizione a Cannes. Qui ha già vinto nel 2009 il premio per la miglior regia con Kinatay, un’esperienza piuttosto scioccante col suo racconto di atroce violenta filtrato in uno stile che tende radicalmente all’impassibilità.
In Ma’ Rosa la protagonista è una donna con quattro figli che gestisce un negozietto in un quartiere povero di Manila. Per far quadrare i conti insieme al marito vendono anche sottobanco piccoli quantitativi di droga, fino a quando non vengono arrestati. E i quattro figli sono intenzionati a comprare la libertà dei genitori dalla corrotta polizia filippina. Ma’ Rosa attraverso il delicato passaggio nella vita di un piccolo gruppo familiare vuole offrire uno spaccato della società filippina, tramite uno stile che si attiene al realismo documentario per risultare il più veridico possibile.
“Per catturare nel modo più diretto le emozioni – ha dichiarato il regista – ho chiesto agli attori professionisti di dimenticare il loro mestiere, dato che avrebbero dovuto interagire con dei non professionisti. E abbiamo girato ad agosto, nel mezzo della stagione dei tifoni, perché volevo rendere l’ambiente uno dei personaggi del racconto. È uno dei film più difficili che abbia mai fatto – continua Mendoza – vista la delicatezza dell’argomento. Mostriamo un altro esempio della corruzione dilagante nel sistema di polizia filippino, quello che mostriamo sta diventando pratica comune in tutti i distretti di Manila”.