Money Monster: a Cannes Clooney e Julia Roberts nel thriller di Jodie Foster

Parata di stelle sulla Croisette per il nuovo film diretto dalla Foster, uscito in contemporanea nei cinema. Una storia senza un attimo di tregua, che riflette sul rapporto perverso tra finanza e tecnologia al tempo della globalizzazione. Bel gioco d’attori, ma piuttosto prevedibile.

Money Monster a Cannes George Clooney e Julia Roberts

INTERAZIONI: 8

La diva Jodie Foster, dietro la macchina da presa, e i divi George Clooney e Julia Roberts arrivano a Cannes 2016 per presentare fuori concorso Money Monster – L’altra faccia del denaro, il thriller che vuole far riflettere sui nostri tempi grami. E il democratico Clooney approfitta della passerella festivaliera anche per ricordare che “Non bisogna votare Donald Trump semplicemente perché non possiamo far sì che sia la paura a guidarci”.

Money Monster, passato fuori concorso, è uscito contemporaneamente al cinema. Clooney è Lee Gates, presentatore d’una trasmissione televisiva finanziaria, che con stile assai cialtrone (irresistibile quando balla l’hip hop) dispensa consigli di investimento. Sbaglia quando suggerisce di comprare le azioni della Ibis di Walt Camby (Dominic West), perché l’algoritmo a base del loro trading va in tilt e il risultato è un tracollo da ottocento milioni. Allora il piccolo investitore fallito Kyle (Jack O’Connell) fa irruzione durante la trasmissione e prende in ostaggio Gates. La produttrice dello show Patty (Julia Roberts) cerca di salvare capra e cavoli: fa di tutto per aiutare l’anchorman e contemporaneamente trasforma la tragedia in una diretta non stop ad altissimo indice di gradimento. Patty e Gates riescono a fare anche del gran giornalismo, perché il fallimento della Ibis potrebbe non essere frutto d’una falla tecnologica ma della solita avidità umana.

Money Monster è incalzante, un thriller con una spruzzata di commedia d’alleggerimento, con i giusti colpi di scena e i personaggi di contorno sbozzati ognuno tramite atteggiamenti o battute ricorrenti (il cameramen che commenta invariabilmente “che palle”) che li rendono memorabili. Tutto ciò oltre alla solidità narrativa produce anche una certa prevedibilità: poiché si parla di globalizzazione finanziaria e algoritmi arrivano immancabili l’hacker islandese, il genio matematico orientale, la rivolta in Africa, senza che nessuno di questi elementi acquisti reale consistenza, puri espedienti per far progredire l’azione.

Come è ovvio che Gates cominci a tifare per l’uomo della strada Kyle: è lui il vero ostaggio, alla mercé del potere finanziario. Fortunatamente esistono ancora i buoni: che hanno le fattezze sprezzanti e disilluse di Gates il quale, messo sotto pressione, si ricorda di essere un vero professionista (la religione statunitense del lavoro ben fatto).

Money Monster sa di déjà vu, però di classe: la criptocitazione d’apertura di Film rosso di Kieślowski, con le reti informatiche al posto dei cavi del telefono; il tono da cinema civile alla Quel pomeriggio di un giorno da cani, in cui il più indifeso è proprio il criminale; l’inevitabile effetto Truman Show della diretta tv con la gente incollata alla tv che si gode l’ennesimo spettacolo, finito il quale torna indifferente alle attività consuete. Più di tutto fa pensare al grandioso Asso nella manica di Billy Wilder, in cui un giornalista di supremo cinismo trasforma la disgrazia d’un poveraccio nello scoop della vita. Ma il sulfureo Wilder non nutriva speranza negli uomini e tantomeno nei mass media. La Foster, molto più conciliante, ci vuol far credere invece che buona televisione e voce della coscienza salveranno il mondo.