Demoni e reietti, la scommessa Outcast: recensione del pilot dall’anteprima assoluta a Roma

La recensione del primo episodio di Outcast, la nuova serie dei creatori di The Walking Dead: il pilot è stato presentato in anteprima assoluta europea con un evento a Roma

Recensione Outcast, nuova serie Fox

INTERAZIONI: 88

La prima scena di Outcast con tutta probabilità vi farà venir voglia di cambiare canale. L’ultima vi spingerà a chiedervi se vale la pena cominciare un percorso narrativo per trovare risposta all’invito del protagonista a farsi raggiungere dai demoni che lo perseguitano.

Questa la prima sensazione alla visione del pilot della serie ispirata ideata e sceneggiata da Robert Kirkman e basata sul fumetto creato con Paul Azaceta. La coppia che ha firmato il successo di The Walking Dead si appresta con questa nuova serie ad esplorare il mondo delle possessioni demoniache, seguendo lo schema di successo già sperimentato della trasposizione televisiva del fumetto di cui sono autori.

Il reietto è il sottotitolo che accompagnerà la messa in onda italiana della serie, dal 6 giugno in Italia su Fox e in contemporanea in oltre 120 paesi nel mondo dopo il debutto 3 giorni prima negli Stati Uniti.

Il pilot della serie è stato presentato in anteprima europea assoluta a Roma martedì 19 aprile, alla presenza del cast e dei produttori esecutivi: una scelta ben precisa, visto che l’Italia è uno dei mercati di punta per la serialità americana, senza contare che la città in cui è ambientata la narrazione si chiama proprio Rome, un’immaginaria località della West Virginia in cui negli anni diversi episodi di presunte possessioni demoniache hanno sconvolto gli abitanti.

I produttori esecutivi e i rappresentanti della Fox international channels presenti alla première di Roma all’Auditorium della Conciliazione – Chris Black e Sharon Tal Yguado – hanno spiegato di puntare molto sulla capacità di Kirkman di creare dei mondi mai visti prima in tv, con personaggi molto diversi fra loro e ricchi di sfumature, con cui diventa facile sviluppare empatia. In più ci sono gli elementi di tensione, se non vera e propria paura, che tengono incollati allo schermo lo spettatore episodio dopo episodio.

Ovviamente Kirkman può contare sul capitale di credibilità conquistato con The Walking Dead, un vero e proprio fenomeno della serialità moderna che nonostante nelle ultime stagioni possa mostrare qualche crepa mantiene ancora intatto il primato di serie dal pubblico più fedele in assoluto negli Stati Uniti. Ed è da quel capitale di credibilità che si parte con Outcast, nonostante la storia e l’ambientazione siamo completamente diverse: se gli zombie viventi di The Walking Dead sono un’allegoria dei tempi moderni, in questo caso sembra di entrare in un piccolo microcosmo a sé stante, con il pubblico che probabilmente dovrà lavorare un po’ di più per riconoscersi nelle ossessioni dei protagonisti.

Presentato come terrificante più degli episodi che seguiranno, il pilot si apre con l’immagine di un bambino che insegue uno scarafaggio sul muro della sua cameretta fino a schiacciarlo con un violento urto di testa e a mangiarlo leccando il proprio stesso sangue. Si tratta del piccolo Joshua, l’esca che servirà ad introdurre il protagonista Kyle Barnes (Patrick Fugit), un giovane che fin dall’infanzia è stato perseguitato da possessioni demoniache, o meglio che ha visto le donne della sua vita, prima la madre e poi la moglie, animate da istinti violenti ed incontrollabili imputabili a chissà quali forme di possessione. La volontà di Kyle di salvare il piccolo Joshua che presenta gli stessi sintomi della madre, aiutando il reverendo Anderson (Philip Glenister) a portare a termine i suoi esorcismi sul ragazzo, è in realtà la necessità di trovare risposte a tutto quello che è successo nella sua vita: la madre che lo vessava in preda a compulsioni inspiegabili, la moglie che in stato di apparente trance ha fatto del male alla loro figlia, episodi che hanno segnato l’esistenza di Kyle al punto da renderlo un reietto che non esce di casa, non si lava, non ha rapporti con la gente e nemmeno con la sorella Megan (Wrenn Schmidt) che prova a riportarlo alla vita normale. E questa ricerca di verità trova la sua spinta finale nelle parole del piccolo Joshua, che in pieno delirio parla di una ricongiunzione demoniaca di cui Kyle dovrebbe essere protagonista. Perché i demoni – e quali demoni – tormentano lui e le persone che ama?

In Outcast sembrano alternarsi vari generi, dall’horror puro agli elementi splatter, al richiamo al sovrannaturale. Un pilot per una regia essenziale e non abbastanza convincente (se l’apertura può lasciar immaginare uno stile alla True Detective, il resto del pilot non ne è all’altezza) e dalla trama ancora allo stato embrionale per poter essere valutata con cognizione di causa. Di sicuro attrarrà gli amanti del genere, qualche anno fa esplorato anche in Italia con Il tredicesimo apostolo (Claudio Gioè e Claudia Pandolfi) e di recente tornato in auge nel panorama internazionale con Damien, il sequel di Omen – Il Presagio.

Ecco l’ultimo trailer della prima stagione.

https://youtu.be/GKJMlq7Xh8I