Non è detto che una serie tv debba per forza partire bene. Vedi The Catch, la nuova serie di Shonda Rhimes: dopo due episodi così così, pare finalmente aver ingranato la marcia giusta a partire dall’1×03. Lo stesso mi sono detta guardando Heartbeat due settimane fa: i primi due episodi non mi hanno entusiasmata, ma questo nuovo medical drama può ancora svilupparsi e migliorare, no?
E invece eccomi qui, due settimane dopo, con sulle spalle la visione dell’ultimo episodio uscito, l’1×04, e dell’1×03 della scorsa settimana. Allora, è migliorato questo Heartbeat? No, al contrario: lo trovo ancora più insopportabile di prima.
Il problema è sempre lei: la dottoressa Panttiere. La superdonna cui tutto riesce e pure bene, la cui vita, ornata di una carriera perfetta e contornata da uomini che la adorano, non potrebbe essere migliore di così.
Ora: se c’è una cosa che ho sempre adorato delle serie tv è che sono, a parte quelle di genere fantastico/fantascientifico, degli specchi della realtà che mostrano i personaggi con le loro forze e debolezze, che offrono allo spettatore uno sguardo su situazioni che non conosce, mostrandogli come anche chi all’apparenza sembra non avere problemi debba in realtà affrontare a due mani la propria vita, coi suoi alti e i suoi bassi.
Heartbeat, al contrario, sembra volerci mostrare una realtà utopica. Una realtà in cui in un ospedale tutto è possibile, in cui un cardiochirurgo si fa carico delle visite neurologiche di un paziente che parla come Yoda, in cui una sperimentazione aperta solo a cinque persone diventa un’operazione di massa grazie ad un sit-in, in cui la peggiore crisi da affrontare in quattro episodi sono due minuti (di numero!) in cui i pazienti hanno la febbre tutti insieme. Non sono un medico e non so come funzioni davvero la vita in ospedale, ma ho guardato abbastanza serie tv da poter dire che queste non sono le basi giuste per un medical drama di successo.
Drama, insomma, lo dice il nome: non sempre finisce tutto bene, o come aveva previsto la grande dea della medicina Alex Panttiere, e non sempre il capo dell’ospedale dà l’approvazione per qualsiasi cosa passi per la mente della dottoressa. Ma no, in Heartbeat tutto può essere: e, mentre al Saint Matthews Hospital succedono le cose più improbabili dal punto di vista della verosimilità (seriamente pensate che nella realtà si possano fare delle proteste in un ospedale ed essere ascoltati, e davvero pensate che un medico serio cercherebbe dei pazienti su Craiglist?), basta mettere una scena strappalacrime con un paziente e il suo cane per entrare nel cuore degli spettatori. No, NBC, non funziona così e mi spiace: non è che non mi piace l’happy ending, per carità, ma, se vuoi darmi un medical drama, me lo aspetto con tutte le sue sfaccettature tipiche, e non condito di una tonnellata di melassa non necessaria.
Non prendetemi per pazza, però: gli ascolti americani mi danno ragione. Dopo un debutto tutto sommato soddisfacente, gli ascolti di Heartbeat peggiorano di settimana in settimana, tanto che l’ultimo episodio ha perso il 20% degli spettatori: se continua così, alla serie di NBC verrà in men che non si dica staccato un biglietto di sola andata verso la cancellazione.
Vi starete chiedendo perché sia ancora qui a scrivere di una serie tv che non mi piace quando potrei semplicemente non guardarla mai più. Il punto è che sono testarda, e quando mi impunto con qualcosa devo andare fino in fondo: sono curiosa più che mai di sapere come finirà questa serie, se Heartbeat vedrà la luce verso la fine di questa prima (e magari unica) stagione, oppure se rimarrà piatta e scialba fino alla fine.