Vasco Rossi si confessa a Radio Deejay: “Sono morto 2 volte: avrei dovuto chiamarmi Renzo”

Un nome da rockstar e una storia tutta da scrivere: ecco l'intervista di Vasco Rossi a Deejay Chiama Italia

Vasco Rossi intervista a Radio Deejay

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Vasco Rossi è impegnato in un tour di interviste nelle radio italiane per presentare il LiveKom 015 in partenza a giugno: il rocker sta lavorando alla scaletta dei 14 concerti con cui girerà l’Italia riempendo gli stadi, dopo il successo in classifica dell’album Sono Innocente.

La chiacchierata di Vasco Rossi con Linus e Nicola Savino, ospite di Deejay Chiama Italia, è partita col ricordo dei tempi delle radio libere a Zocca, la sua prima intervista a Francesco Guccini, gli anni in cui studiava senza successo all’università (Economia e commercio prima, Psicologia dopo), quelli in cui già scriveva canzoni per divertimento e suonava la chitarra.

Ripercorrendo il viale dei ricordi – per esempio citanto la vittoria dell’Usignolo d’oro con Come nelle fiabe, una specie di Zecchino d’oro modenese – Vasco Rossi ha dato la prima vera notizia dell’intervista: vorrebbe scrivere un’autobiografia.

Questa è una storia lunga, ci vorrebbe un’autobiografia per parlarne: credo che comincerò a scriverla, perché voglio raccontarla tutta quest’esperienza di vita (…) E comunque la radio è stato il mio primo amore, se non prendevo la strada della rockstar ero qui con voi!

Oggi è il rocker italiano per eccellenza: la sua villetta di Zocca è una specie di tempio per i fan, che non perdono occasione di dimostrargli il loro affetto. Di recente, per esempio, hanno voluto festeggiare la Pasqua accampandosi fuori casa. L’argomento è lo spunto per una riflessione in generale sulla musica e sull’essere artista per Vasco Rossi.

Sento l’affetto che mi dimostrano, ma quando mi dicono ‘sei un mito’ non mi sento all’altezza dell’immaginazione della gente. L’artista è l’artista e l’opera è l’opera: questa può diventare perfetta, ma l’uomo non può esserlo (…) Di tutte le canzoni che ho scritto Sally è una di quelle a cui sono più legato, ma ci sono anche canzoni di altri che mi commuovono e mi colpiscono al cuore: le parole dette in un certo momento possono essere di grande consolazione, sono un aiuto importante. La musica è questo, consolazione e gioia.

Vasco Rossi sta preparando con lo storico produttore Guido Elmi il nuovo tour Live Kom 015 con cui finalmente raggiungerà diverse città d’Italia, orgoglioso di partire dalla Puglia e di tornare al San Paolo di Napoli.

Da due anni facevo solo Milano e Roma, invece adesso faccio il giro d’Italia. Parto da Bari che ormai è la mia terra d’adozione, la Puglia è un posto fantastico. Non c’è Roma in questo tour e molti se ne lamentano, ma c’è il ritorno a Napoli: cantai al San Paolo nel 2004 e fu l’ultima volta in cui diedero lo stadio per un concerto, quest’anno riapre con me. Poi Napoli è una città straordinaria a cui sono molto legato e in cui ho tanti amici.

Vasco ha ammesso di sentirsi “trasformato“, come rinato, dopo i problemi di salute di due anni fa, ricordando che c’è stato anche un altro periodo molto doloroso nella sua vita.

In realtà ho avuto un’altra morte nell’84: sono stato messo dentro e ho fatto 20 giorni di galera che ho usato per resettarmi. Prima di quel momento facevo una vita senza regole né freni: io ero uno degli anni ’70, convinto che sarei morto giovane. Mai mi sarei aspettato di arrivare a quest’età. Avevo programmato di arrivare a 33-34 anni: spingevo su tutto, volevo arrivare al cuore della gente, andavo al massimo. Sono cresciuto in una famiglia che mi ha dato amore, ma avevo bisogno di grande affetto: l’adolescenza passata in collegio mi ha fatto sentire un po’ escluso.

Ispirato dai grandi cantautori italiani come Guccini, De Andrè, De Gregori e Battisti, Vasco Rossi è diventato Vasco Rossi soprattutto perché figlio del suo tempo.

Ho cercato un mio stile pensando alla necessità di essere più sintetici nelle canzoni, perché negli anni ’70 la gente aveva poco tempo per ascoltare. Ho scelto il linguaggio del rock per provocare e portare lo spettacolo sul palco come vedevo fare a Mick Jagger coi Rolling Stones. Mi sono sempre ispirato a lui, ma sempre con ironia. Un’ironia che forse molti non hanno mai capito fino in fondo.

Infine, una chicca del Blasco per coloro che non conoscevano questa storia. Il suo nome, che certamente lo ha aiutato a costruirsi un’immagine da rockstar, deriva dal ricordo di un amico del padre, un uomo che lo aveva aiutato dopo la detenzione due anni in un campo di concentramento: “E pensare che mia mamma voleva chiamarmi Renzo!“.