Birth of the Dragon, il nuovo biopic su Bruce Lee sceneggiato da Christopher Wilkinson e Stephen Rivele ha trovato il suo regista. Sarà George Nolfi, per anni solo sceneggiatore (tra i suoi lavori: Ocean’s Twelve, The Bourne Ultimatum – Il ritorno dello sciacallo e il recente Need for Speed), debuttante alla regia nel 2010 con I guardiani del destino.
Il concetto di mito ha in qualche modo a che fare anche con l’astrazione, più o meno in senso lato, di sacralità. È ciò che mi viene in mente istintivamente quando penso a Bruce Lee: il suo mito, più che altri, sembra essere avvolto da qualcosa che ha a che fare con il soprannaturale venerabile; forse per le innumerevoli leggende che tuttora circondano la sua figura. E ciò è dovuto ad una serie di fattori che non sto qui ad elencare, ma che sono facilmente intuibili da chi ha imparato ad approfondire un po’ la conoscenza dell’uomo, prima che dell’attore.
Le riprese di Birth of the Dragon dovrebbero cominciare dalla primavera del 2015. La caratteristica di questo lavoro cinematografico però, sarà un po’ più specifica: sarà incentrata infatti sullo scontro, realmente avvenuto fra Bruce Lee e il Maestro Wong Jack Man. La storia è questa: il Maestro Wong fu scelto dalla comunità cinese per sfidare Bruce Lee. L’intenzione, e quindi la posta in palio, era quella di vietare l’insegnamento del Kung fu ai non cinesi, cosa che invece Lee faceva già da tempo. Ovviamente Lee vinse l’incontro e fu libero di proseguire il suo insegnamento a chiunque volesse, senza restrizioni. Il tutto verrà narrato tenendo presente la testimonianza dell’episodio che fu di Steve Macklin, uno studente di Bruce Lee, che poi finirà con l’unirsi a Lee e Wong per contrastare una banda di malavitosi di Chinatown, a quei tempi controllata dalle Triadi di Hong Kong.
Sono passati 21 anni da Dragon, l’ultimo biopic di Rob Cohen sulla leggenda di Bruce Lee, ma il mito continua ad alimentare l’interesse di Hollywood.
L’impresa sarà ovviamente anche trovare un attore degno di impersonare il mito, non solo da un punto di vista tecnico.
Bruce Lee aveva una forte personalità che sul grande schermo abbiamo imparato a riconoscere anche dalla sua fantastica mimica. I suoi film, fra l’altro ridestarono, un orgoglio nazionalista cinese che troppo spesso era apparso umiliato da certi atteggiamenti occidentali di denigrazione, al limite del razzismo malcelato. Gli occidentali invece hanno imparato ad amare il mito di Bruce Lee non solo per le arti marziali, ma anche per l’armonia e lo stile di vita che il Maestro professava nella vita, ancor prima che nell’allenamento fisico e nel combattimento. Certe regole sono semplicemente immortali: Bruce Lee le ha divulgate contro ogni pregiudizio e forma di scetticismo. Questo è l’insegnamento più grande ce ci ha lasciato, al di là di quelle che furono le sue eccellenze nelle arti marziali. Altro che Ken il guerriero.