La maledetta Coppa America sta lasciando segni a Napoli. Enormi i disagi per la mobilità urbana, splendida la strada costiera senza automobili; spettacolari le prove in mare, troppi i soldi spesi per quelli che sono praticamente dei preliminari minori dell’importante competizione velica che sarà celebrata l’anno prossimo; evidente la promozione mediatica del capoluogo, scarse le ricadute sui pacchetti di presenza turistica.
Benedetta a metà, insomma, per tutta una serie di ragioni economiche, istituzionali, burocratiche che però non debbono far smarrire la bussola di una serena valutazione. Napoli ha bisogno di simili “strambate”, di virate robuste dopo la catastrofica vicenda rifiuti. C’è bisogno di eventi internazionali che riportino al centro della scena mediatica le bellezze artistiche, ambientali, enogastronomiche del capoluogo e dell’intero territorio regionale.
La maledetta e benedetta Coppa America è una rotta obbligata per restituire il futuro agli abitanti della città, agli imprenditori ed ai lavoratori, all’economia locale ed internazionale. Ed in tal prospettiva bisogna procedere con coraggio anche con scelte all’inizio impopolari come la pedonalizzazione di ampie fette del lungomare; ovviamente però bisogna prevedere delle valide alternative alla mobilità.
E poi c’è il doloroso capitolo degli impianti. Lo stadio San Paolo è il peggiore d’Europa come ha drammaticamente dimostrato il confronto con gli altri impianti della Champ. Il PalArgento è uno scheletro di macerie e da molti lustri Napoli non può più ospitare eventi sportivi internazionali. Che fine hanno fatto i pur gloriosi Internazionali di Tennis ed il GP Lotteria di Agnano ? E la vela ? Cosa si fa realmente di concreto per promuovere la pratica di questo sport meraviglioso che nel golfo ha uno scenario tecnico e naturale di rilievo mondiale?
La maledetta Coppa America a Napoli sia la benvenuta! Ma la prossima volta invece di un modesto preliminare sarebbe meraviglioso ospitare le finali, magari con tanti velisti formatisi a Napoli. Bisogna avere il coraggio d’investire su strutture, maestri, giovani. Solo così il mare tornerà a bagnare Napoli e non sarà più un mare a metà.