“Noi due siamo tutto un mistero, altrimenti non staremmo insieme”. “Non puoi lasciarmi in un labirinto senza via d’uscita”. Inevitabilmente, La corrispondenza di Giuseppe Tornatore s’infrange contro la legnosità improbabile dei dialoghi, che qua e là sfiorano il ridicolo involontario. Ma sarebbe ingeneroso fermarsi qui: perché il film possiede il gusto rétro dei melodrammi d’una volta, che sfidando la verosimiglianza e la compostezza minimalista hanno il coraggio di sondare i territori del romanticismo più esasperato. Quelle storie d’amore che si spingono oltre la morte e i limiti del buon gusto narrativo, di cui si ricordano esempi mirabili come Il fantasma e la signora Muir di Joseph L. Mankiewicz.
E poiché in un certo senso si parla di spettri ne La corrispondenza, è adatta l’ambientazione scozzese, in una terra che ci ha consegnato alcuni tra i più bei racconti di fantasmi della letteratura. Infatti quasi subito, dopo l’inizio con le effusioni clandestine tra il maturo professore di astrofisica Ed Phoerum (Jeremy Irons) e la studentessa fuoricorso Amy Ryan (Olga Kurylenko), l’uomo scompare. Amy resta sospesa, senza capire se sia morto o meno: perché, sebbene le notizie ufficiali parlino di un decesso, la ragazza continua a ricevere da lui email, messaggi sul cellulare, filmati e lettere che le vengono recapitate con straordinario tempismo, come se qualcuno la stesse osservando, sapendo esattamente cosa sta facendo. E naturalmente Amy è sballottata tra sensazioni diverse: la paura, il desiderio di restare attaccata a questi brandelli di sentimenti e un bisogno urgente di risposte certe.
La corrispondenza in qualche modo, come Tornatore ha ammesso, è speculare al precedente La migliore offerta, nel quale un’altra storia d’amore a distanza era condizionata dal ritrarsi della donna, mentre stavola è Irons a sfuggire, nella sua costante presenza/assenza. Peccato però che il film s’incagli sulla già citata verbosità dei dialoghi e sulla ripetitività delle situazioni di un mistero lasciato in sospeso troppo a lungo, coi reiterati viaggi di Amy tra la Scozia e la villa di Ed sull’isola in cui erano soliti incontrarsi (quella di san Giulio sul lago d’Orta, che il film ribatezza romanticamente “Borgoventoso”) all’affannosa ricerca della verità.
La corrispondenza ricorre a metafore troppo scoperte: Amy di mestiere fa la stuntwoman e quando nella finzione del set si getta in un’esplosione o s’impicca, subito didascalicamente si pensa al dolore che la donna si procura restando avvinghiata a un amore impossibile. E, come si conviene a un melodramma, non manca nel passato della ragazza il grande trauma, la morte del padre in un incidente d’auto causato da lei (che ovviamente sarà rivissuto sul lavoro).
Non era male l’idea d’un melodramma contemporaneo, nel quale la tecnologia aiuta la vita dei fantasmi e invece di raffreddare i sentimenti li rinfocola, seppur in modo straniante. Peccato però che il sensibile Tornatore abbia sprecato le intuizioni della sua sceneggiatura che, tra l’altro, con un processo di novelization abbastanza inusuale in Italia, è diventata anche un romanzo, firmato dallo stesso regista.
La corrispondenza. Nuovo film di Giuseppe Tornatore, con le musiche di Ennio Morricone.
Film intenso, romantico, misterioso; aggettivi che vengono dettati nel profondo dalle musiche ammalianti del Morricone.
Amy e Ed sono due appassionati di astrofisica, molto innamorati ma con una grande differenza di età. Lui professore, lei studentessa.
Di colpo, lui parte… una partenza che non avrà più ritorno. Infatti, il professore muore, ma comunque intrattiene con la giovane studentessa una “corrispondenza” di lettere, mail, video. Una corrispondenza ossessiva, maniacale, tanto da far impazzire Amy che, d’improvviso, decide di troncare la corrispondenza con Ed.
Come per magia, (il nomignolo che Amy usa per chiamare Ed è proprio “WIZARD”), la corrispondenza finisce; niente più messaggi, mail, lettere, regali, video.
Dopo di che, Amy ritorna a Borgo ventoso, dove i due si ritrovavamo, e lei riesce a ritrovare la cosiddetta corrispondenza con il professore.
Un film molto appassionante che mi fa pensare alle parole di Foscolo nel ‘Dei Sepolcri’:
Ma perché pria del tempo a sé il mortale
Invidierà le illusioni che spento
Pur lo sofferma al limitar di Dite?
Non vive ei forse anche sotterra, quando
Gli sarà muta l’armonia del giorno,
Se può destarla con soavi cure
Nella mente de’ suoi? Celeste è questa
Corrispondenza d’amorosi sensi,
Celeste dote è negli umani;
Ecco, il film riprende proprio le parole del Foscolo. I due trattavano ‘una corrispondenza d’amorosi sensi’ dopo la morte. E’ questo il messaggio del film: chi muore continua a vivere in eterno nel cuore di chi ha amato.