Per quanto possa sembrare incredibile (almeno per quanto mi riguarda), in Ungheria i possessori di cani meticci, quindi non di razza pura, sono obbligati a pagare una tassa. Mi astengo, per una sorta di par condicio, dal commentare e collegare tale disposizione alla situazione politica che sta attraversando negli ultimi anni la nazione in questione. Lo spunto viene però fuori, perché è la matrice della trama di questo interessante film, White Dog, vincitore del premio della sezione Un Certain Regard alla 67° edizione del Festival di Cannes. Il film in questione è diretto dal regista Ungherese Kornél Mundruczó, e il cast annovera nomi come Viktória Petrányi, Kata Wéber, Zsofia Psotta, Sandor Zsótér, Szabolcs Thuroczy, Lili Monori, Laszlo Galffi e Lili Horvath.
Ciò che appare molto interessante è la trama di questo lungometraggio: a cavallo tra una favola ed una cronaca, è una sorta di metafora calata sulla situazione di emarginazione nella quale spesso, gli stessi esclusi, possono talvolta diventare protagonisti di cambiamenti violenti. E di violenza narra il film. Una violenza che si organizza in rivolta: i cani considerati di razza mista i quali, abbandonati in massa dai padroni per evitare noie fiscali, si riuniscono fino a diventare una massa di “ex amici dell’uomo”, totalmente incazzati e pronti ad attuare atroci vendette nei confronti di un’umanità spaventata e povera. Nell’anima e nel coraggio. Rimane solo la speranza legata alla piccola e dolce protagonista: la coraggiosa Lili che potrebbe fermare il tutto.
È una bella storia insomma, che lascia aperte molte considerazioni da lasciar sedimentare sulla condizione di emarginazione, vista come una sorta di anticamera della rivoluzione. In fondo la storia lo insegna: se gli stessi emarginati riescono ad avere un collante unico, come una coscienza di classe o almeno un senso di appartenenza collettivo, la miccia da innescare per dar fuoco alla violenza, diventa estremamente corta ed infiammabile.
È quindi un messaggio chiaro questo film: volendo estremizzarlo, è una sorta di monito lanciato dal regista. Una preghiera indirizzata a due ipotetici santi laici: santa pazienza e santa tolleranza. Si, perché poi Kornél Mundruczó ci tiene a precisare che, nonostante trapeli tanta rabbia, violenza e spirito di vendetta, il punto focale del tutto è da centrare nella mancanza di solidarietà che attanaglia sempre più i nostri tempi; c’è una crescente intolleranza che, se pur a tratti legittima, sbaglia però spesso mira, centrando il più debole dei bersagli. È un ragionamento da rifare, forse, in virtù di un riordino generale di certe logiche politiche. I cani come protagonisti di un violento cambiamento; probabile che abbia un impatto visivo appropriato. Un po’ come dire: attenti che anche il più docile e fedele degli esseri viventi, se tradito e relegato ai margini della giustizia sociale, ha il diritto ed anche il dovere di ribellarsi. Alla lunga una certa quota di menefreghismo può essere potenzialmente letale. Uomo avvisato…cane salvato.
Libero da ogni guinzaglio, White God uscirà nelle sale cinematografiche il prossimo 27 marzo 2015.
Di seguito ci sono poster e trailer ufficiale.