Esercitare il diritto di recesso dagli operatori telefonici spesso non è affatto facile o trasparente come dovrebbe essere: AGCOM è dello stesso avviso, da qui la commina a TIM, Wind Tre e Fastweb di una multa complessiva di oltre i 2.7 milioni di euro (la sanzione ammonta a 1.2 milioni per i primi due provider, ed a circa 360 mila euro per il terzo).
Stando a quanto riportato da ‘tomshw.it‘, la normativa violata, come vi dicevamo, è relativa alle modalità con cui viene esercitato il diritto di recesso: le indagini sono partite da una serie di segnalazioni pervenute all’AGCOM dai consumatori, per lo più relative a TIM (dal periodo di marzo 2018, visto l’addebito di cifre legate al diritto di recesso ed additati come costi di disattivazione, recesso in anticipo o saldo delle rate del modem venduto in abbinato) e Wind (da aprile 2018, relativamente alle spese del modem). La multa comminata a Fastweb, di importo inferiore, è scattata per aver evitato di informare i clienti circa alcuni canali da sfruttare per avvalersi del diritto di recesso all’interno delle condizioni contrattuali generali in merito ai servizi erogati, e per aver ostacolato i consumatori nell’esercizio del suddetto diritto presso ogni punto vendita del territorio nazionale, permettendo loro di ottemperare alla richiesta solo in quelli monobrand.
La questione è saltata fuori relativamente al passaggio dalla fatturazione a 28 giorni a quella con cadenza mensile, cosa che avrebbe dovuto permettere ai clienti una modifica di contratto per esercitare il diritto di recesso in forma gratuita, facendo decadere eventuali costi di disattivazione e spese di noleggio degli apparati abbinati (come nel caso di modem e decoder), come diretta conseguenza del recesso. Un argomento spinoso quello della fatturazione a 28 giorni, i cui dettagli circa i rimborsi per i giorni erosi agli utenti verranno discussi il prossimo 4 luglio dal Consiglio di Stato a margine dell’udienza definitiva.