Sono ore fondamentali per decidere il destino della Siria e di un eventuale intervento armato contro il regime di Damasco e le posizioni si incrociano in un intreccio che rende ancora più instabile la situazione. E’ ormai chiaro che da una parte ci sia il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ormai deciso ad effettuare l’attacco, e dall’altra l’Onu, molto più attendista. In mezzo a queste due posizioni antitetiche gravitano quelle delle principali potenze mondiali, più o meno vicine all’una o all’altra linea.
Per quanto riguarda la linea interventista ormai adottata pienamente dal presidente americano, sembra che ormai l’attacco sia imminente e che a sostenerlo sarà anche il Congresso americano. Per adesso avrebbe risposto positivamente la parte repubblicana che si è schierato a favore di un intervento armato. Intervento di cui Obama sembra aver già discusso anche i dettagli organizzativi visto che ha parlato di un vero e proprio piano di azione. Solo attacchi aerei per una durata massima di novanta giorni e nessun intervento di terra. Un attacco lampo come quelli che però storicamente non hanno portato grossi frutti agli Stati Uniti.
Sul fronte, invece, attendista ad esprimere i propri dubbi è stato anche il segretario generale dell’Onu, Ban Ki Mon che ha spiegato chiaramente la posizione delle Nazioni Unite. Dovranno essere analizzate prima le prove raccolte dagli ispettori e poi tutto verrà passato al Consiglio di Sicurezza, l’unico incaricato di programmare qualsiasi tipo di intervento. Sostanzialmente la posizione dell’Italia, ma soprattutto, quella della Russia come confermato dal presidente Vladimir Putin. In un’intervista alla tv di stato Russa, Putin ha spiegato che la Russia sarebbe anche disposta all’utilizzo della forza in Siria ma solo nel caso in cui l’Onu portasse delle prove concrete in consiglio. Solo da quel momento partirebbe un’analisi seria delle alternative da parte del Cremlino.