Nell’aprile 1994 la morte di Kurt Cobain, frontman dei Nirvana, divise in due la storia del rock e degli anni ’90. Tra coloro che assistettero alle notizie mandate dai telegiornali per comunicare il suicidio del 27enne c’era una giovanissima Amy Lee, di appena 12 anni. La frontwoman degli Evanescence ha raccontato quel momento in un’intervista al Telegraph.
La morte di Kurt Cobain
Era l’8 aprile 1994 quando un elettricista rinvenne il corpo senza vita di Kurt Cobain nella serra della sua casa a Seattle, Washington. Cobain era disteso sul pavimento con accanto un fucile, una lettera fissata sul terriccio e una dose massiccia di eroina nel corpo. La fotografia che mostra la gamba distesa in avanti divenne iconica in pochissimo tempo.
Kurt Cobain si era suicidato e nella sua lettera d’addio lanciò un messaggio a sua moglie Courtney Love, a sua figlia Frances Bean, al suo pubblico e soprattutto alla scena punk rock. Parole strazianti, piene di labbra e dolore, che ancora oggi suonano come un atto d’accusa nei confronti del mercato discografico e contro la stessa vita intesa come esistenza, che sempre gli fu nemica da quel giorno in cui i suoi genitori si separarono e da quel momento in cui i Nirvana raggiunsero il successo mondiale, diventando un fenomeno di massa.
Responsabilità, queste, che Kurt Cobain non tollerava e che non corrispondevano al suo concetto di arte, libertà, musica ed espressione. Soprattutto, non facevano parte della vita che il 27enne sognava per sé, che ormai si sentiva come un automa costretto a timbrare il cartellino ogni volta che saliva sul palco o entrava in studio.
Il ricordo di Amy Lee
Intervistata dal Telegraph, Amy Lee ricorda quel giorno in cui a soli 12 anni vide per la prima volta le notizie della morte di Kurt Cobain in televisione. Nella sua memoria le immagini e le sensazioni di quel giorno sono ancora nitide:
“Ricordo che era un giorno di scuola. Una normale giornata di sole, con i bambini che correvano per casa, quando è arrivato il telegiornale. L’ho sentito come un colpo, stavo piangendo, guardando in totale incredulità. In Utero è stato il primo album che abbia mai avuto e i Nirvana erano la mia cosa preferita. Quindi era come se mi fossi appena innamorata e lui fosse morto. È stato così scioccante per me, ma mi ha fatto immergere più profondamente nella musica e iniziare ad ascoltare i testi dalla prospettiva di qualcuno che gridava dal dolore”.