La morte di Janis Joplin scocca con i 27 anni, ed è subito mito e leggenda. Leggenda, certamente, perché una voce come quella di Maybe deve ancora rinascere; mito, ovviamente, perché il “club 27” di cui fanno parte Jim Morrison, Jimi Hendrix, Kurt Cobain, Brian Jones, Amy Winehouse e la stessa Janis Joplin è come se fosse un mondo a sé, un universo nel quale le grandi rockstar scomparse sarebbero in realtà ancora vive, con un cocktail in mano e un panorama tropicale.
Il 4 ottobre 1970 al Landmark Motor Hotel di Los Angeles cala improvvisamente il silenzio. Janis Joplin è assente da 18 ore e ciò preoccupa il suo fotografo e road manager John Byrne Cooke, che si mette alla ricerca. Fuori dall’albergo c’è l’auto di Janis, la Porsche customizzata con fantasie hippie. John entra nella stanza e fa la macabra scoperta: il corpo di Janis Joplin giace esanime tra il letto e il comodino, con il volto schiacciato sul pavimento e del sangue coagulato su naso e bocca.
Il medico legale Thomas Noguchi stabilirà che ad uccidere la cantautrice è stata un’overdose di eroina. L’amica di lunga data Peggy Caserta, tuttavia, nel suo libro I Ran Into Some Trouble, sostiene che ad uccidere Janis Joplin sarebbe stata una brutta caduta, certamente causata dall’effetto dell’eroina ma non un’overdose: il sandalo di Janis Joplin si sarebbe impigliato in lembo del tappeto, la cantante avrebbe perso l’equilibrio e – per via dell’effetto della dose – non avrebbe avuto alcun riflesso per proteggersi con le mani durante la caduta.
Ciò che si sa per certo è che la morte di Janis Joplin ha strappato al mondo un’artista rivoluzionaria, una voce che oggi non ha ancora eguali ma che ha fatto scuola. Dopo la sua scomparsa, le sue ceneri vengono disperse nell’Oceano Pacifico.