L’Amore di Madame, o l’amore ai tempi di Francesca (recensione)

Madame racconta l'amore in un concept album in cui incontriamo tanti personaggi e tanti stili. Ecco la recensione del nuovo disco L'Amore

l'amore di madame

INTERAZIONI: 4

C’è un disco di rottura in ogni carriera di ogni artista, una regola non scritta che trova ragione ne L’Amore di Madame. Francesca Calearo è così giovane e già pronta a sfidare la difficile prova del secondo album. Un riquadro rosso, un concept album che è sempre una scelta niente male.

L’Amore di Madame

Partiamo dal titolo scelto: la parola amore non è mai scontata, e pensare che anche quel diavolaccio di Phil Anselmo l’ha cantata in This Love, oppure l’eterno ragazzino Billy Corgan ha proprio un titolo Love nel capolavoro del suo quartetto di Chicago. Va detto che anche Maurizio Cattelan ha chiamato LOVE il dito medio al centro della milanese piazza Affari, anche se in questo caso parliamo dell’acronimo di Libertà, Odio, Vendetta, Eternità. Però, l’amore c’entra sempre.

C’entra sempre sì, perché Madame ha scelto di allestire un teatro fatto di tanti personaggi legati da un filo rosso (appunto) che li accomuna: il loro rapporto con l’amore. Ciò che si apprende dopo aver ascoltato L’Amore di Madame è che la scelta di Francesca Calearo è passata anche attraverso gli stili. Troviamo l’elettropop deliberato (Il Bene Nel Male, Donna Vedi, Pensavo A… – Skit, Tekno Pokè) ma anche la classica ballata che in un disco non può mai mancare. Madame si spinge oltre: nel suo teatro c’è spazio anche per la canzone italiana degli anni ’60 con Quanto Forte Ti Pensavo e per le balere sul Mediterraneo come nel caso di Nimpha – La Storia Di Una Ninfomane. Lars Von Trier è la sua musa, e le diamo ragione.

C’è anche il momento più pulp, una strage immaginata in una festa con l’unica regola di dire la verità: La Festa Della Cruda Verità è quasi estemporanea, una canzone a tratti inquietante in cui l’elettronica sposa fiati tradizionali e ironia. Sempre a proposito di stili, la ballata acustica Milagro – A Matilde sfiora la world music sul finale. Nel complesso, L’Amore di Madame racconta veramente l’amore con l’occhio e la bocca di tanti personaggi, e si capisce che in questo disco Francesca Calearo ha messo tutta se stessa.

Del resto, il suo intento era proprio quello. C’è la donna che in una “vita precedente” aveva “il ca**o”, e Madame non risparmia parole come “fi*a” né gli aneddoti più crudi per non tralasciare la faccia più violenta dei rapporti umani che no, molto spesso non hanno a che fare con l’amore. Va detto che il concept album in quanto concept album è riuscito, ma se da una parte Madame ha vinto nella scelta dell’argomento – è pacifico che il filo del discorso è rispettato con costanza – dall’altra dopo l’ascolto rimane il vuoto: che voce ha Madame?

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La voce di Madame

Vuoi per gusto personale, vuoi per ragioni di mercato, troppo spesso l’autotune che non piace a noi vecchi risulta fuori luogo. Non siamo di fronte a un disco in cui c’è il trapper con il calzino nelle mutande che sfoggia la sua bigiotteria spacciata per partnership, totalmente incapace di cantare ma abbastanza sfacciato e misogino da far parlare di sé. Madame non ha alcuna voglia di sfoggiare, se non quando ci mostra il suo pianoforte.

Non cita i brand, né insulta i suoi colleghi con la scusa del dissing. In questo Madame è più cantautrice. Va sottolineato che il suo timbro e la sua penna sono interessanti, lo apprendiamo in Quanto Forte Ti Pensavo. Sa graffiare e cantare con passione, dunque perché rendersi inanimata e meccanica in un disco così spontaneo e crudo?

Troppe sono le occasioni mancate, come Respirare e Milagro – A Matilde, che sarebbero una bomba emozionale ma ci si avvicinano appena.

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