Animali totem, animali guida, segni zodiacali e altre amenità, come il Bestiario di Maria Monti

Il Bestiario, un vero disco spiazzante, dove la matrice folk fa i conti con le improvvisazioni anche estreme del fior fiore dei musicisti sperimentali che all’inizio dei Settanta frequentavano Roma

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Sto facendo una delle mie solite ricerche in rete. Ricerche che procedono esattamente seguendo il principio del link, passare di sito in sito, seguendo il filo logico che si dipana strada facendo, senza avere altro che un punto di partenza. Per motivi che ovviamente mi è impossibile ricostruire, il link in link non prevede appunto una logica, vatti poi a ricordare da dove sei partito una volta che arrivi, mi ritrovo a leggere articoli che parlano, con una serietà che lascia quasi basito, di animali totem. L’animale totem, spiegano, nulla ha a che vedere con il segno zodiacale, legato invece alle costellazioni che si trovano a influenzare la Terra nel momento in cui si è nati, ma fanno comunque riferimento alla data di nascita e alla numerologia. Mentre leggo non posso non pensare a Madonna, dedita alla Cabala, ma so che è un pensiero spocchioso, di quelli che potrebbe fare un Michele Serra parlando degli elettori di destra, e lungi da me il voler fare la fine del vecchio scoreggione, uno capace come niente fosse di passare dalla direzione di Cuore a stare lì a fianco di Fabio Fazio.

Gli animali totem, quindi, scopro essere solo nove, dodici i segni zodiacali, e poi smetto questo confronto che è appunto fuoriluogo. Sono l’elefante, la tigre, il corvo, il delfino, il cane, l’aquila, il serpente, il gatto e per finire il toro.

In uno degli articoli che mi capita di leggere, passando di link in link, si spiega pure come scoprire il proprio animale totem, che penso sia in fondo quello che chiunque incappi in questo tipo di articoli, anche il più illuminista e scettico verso questo tipo di situazioni, vorrebbe sapere. Si deve partire dalla data di nascita, sommando i numeri del giorno con quelli del mese. Poi si deve moltiplicare il numero ottenuto con l’anno di nascita. Niente che una calcolatrice non possa fare. A quel punto, il calcolo è assai più semplice di quello dell’ascendente, direi se non avessi appena scritto di non intendere più allestire paragoni tra animali totem e segni zodiacali, a quel punto si devono sommare tra loro i numeri ottenuti dalla moltiplicazione, arrivando infine a un numero che sia compreso tra l’1 e il 9.

Mi applico. Sono nato il 2 giugno del 1969, non è una cosa difficile. 2 più 6 fa 8. Ok. 8 per 1969 richiede la calcolatrice, e fa 15752. A questo punto vado con la somma, e il totale di 1 più 5 più 7 più 5 più 2 fa 20, che sommando il 2 con lo 0 porta a 2.

A questo punto non mi resta che consultare sempre l’articolo per arrivare al mio animale totem, che nella fattispecie è la tigre. L’articolo, sempre lui, e sempre con questa serietà quasi assoluta, spiegava anche per sommi capi le caratteristiche di ogni animale totem, e anche qui, niente di così strano, che ne faremmo altrimenti del solo sapere a che animale corrispondiamo, e nel caso della tigre recitava qualcosa che potremmo riassumere col dire che la tigre ha tutte le carte in mano per primeggiare nella vita, seppur col forte rischio di scivolare nell’egoismo. Aggiungendo che i nati con questo animale totem tendono a non perdonare mai gli altri, senza specificare di chi altri si tratti, finché questi stessi altri non implorano pietà. Una tigre, appunto, mica un cane, un gatto o un elefante.

Visto che ormai lo zodiaco l’ho tirato fuori anche troppe volte, direi che fare un breve cenno all’area degli animali guida, che corrispondono né più né meno ai segni zodiacali, sono cioè legati a specifici periodi dell’anno, laddove i segni zodiacali di animali ne presentano pochini, lo scorpione, il cancro, che poi sarebbe il granchio, solo proposto con un nome col tempo diventato orribile, i pesci, l’ariete, il sagittario, che proprio animale animale non è, ma con gli animali ha a che fare, come del resto l’acquario, il capricorno. E già l’averli elencati così, a cazzo, chiarisce come io abbia seri problemi a ricordarmi l’esatto ordine in cui compaio nel calendario, consapevole che lo zodiaco non inizia con l’inizio dell’anno, ma della primavera. Del resto non so neanche quanti giorni hanno i singoli mesi, mai memorizzata la nota filastrocca, né so allacciarmi le scarpe, direi che non sapere l’esatto ordine dei segni zodiacali non è una grande pecca. Di fatto l’ordine dei segni zodiacali è Ariete, dal 21 marzo a 19 aprile, Toro, dal 20 aprile al 20 maggio, Gemelli dal 21 maggio al 20 giugno, il mio segno zodiacale, quindi, Cancro, dal 21 giugno al 22 luglio, il segno zodiacale di mio padre Learco e di mio figlio Tommaso, Leone, dal 23 luglio al 23 agosto, segno zodiacale di mia figlia Lucia e di mia suocera Franca,  Vergine, dal 24 agosto al 22 settembre, Bilancia, dal 23 settembre al 22 ottobre, segno zodiacale dei miei gemelli Francesco e Chiara, Scorpione, dal 23 ottobre al 21 novembre, segno zodiacale di mia moglie Marina, e ho detto tutto, Sagittario dal 22 novembre al 21 dicembre, segno zodiacale di mia madre Angela, e poi Capricorno, dal 22 dicembre al 19 gennaio, Acquario dal 20 gennaio al 19 febbraio e l’ultimo, Pesci, dal 20 febbraio al 20 marzo. Sul perché alcuni segni coprano oltre un mese, e qualcuno non arrivino ai trenta giorni non saprei dare spiegazioni precise, se non, forse, quelle legate al fatto che alcuni mesi, da me ignorati, abbiano trenta giorni, alcuni trentuno e febbraio, beh, febbraio ventotto che diventa ventinove una volta ogni quattro anni, il giro della Terra intorno al sole compiuto in 365 giorni e un quarto porta a un giorno in eccesso che sfocia poi nell’anno bisestile, questo l’ho studiato in scienze. A questi corrispondono, nello zodiaco cinese, dodici animali, i cinesi son fatti così, questi: Topo, Bufalo, Tigre, Coniglio, Drago, Serpente, Cavallo, Capra, Scimmia, Gallo, Cane e Maiale. Siccome però i cinesi sono cinesi, nel loro zodiaco si fa riferimento all’anno di nascita, che è appunto sotto una determinata costellazione, e si tiene in conto del calendario locale, non di quello gregoriano. Io, per dire, nato nel 1969 sono del segno del Gallo, come ovviamente mia moglie, mia coetanea, lo dico anche se noblesse obbligherebbe a non dire l’età di una donna, ma vista la bellezza che aumenta giorno dopo giorno lo sottolineo pure con l’evidenziatore, e nostro figlio Tommaso, Gallo le cui caratteristiche sono “gran lavoratore, osservatore, coraggioso”. Lucia è invece Serpente e i gemelli Coniglio, rispettivamente segni “enigmatico, intelligente e saggio” e “tranquillo, elegante, gentile e responsabile”. Il fatto che ci siano certi miei coetanei che, giocoforza dovrebbero avere le mie stesse caratteristiche, confesso, me lo rende un filo poco credibile.

Gli animali guida, dicevo, che corrispondono ai segni zodiacali, precisi precisi, sono il Falco, animale del potere, al posto dell’Ariete, poi a seguire il Castoro, anche lui animale del potere, il Cervo, animale del potere, e questo sarebbe il mio animale guida, corrispondendo ai Gemelli, e via di animali spirituali, Picchio, Salmone, Orso e Corvo, e ancora Serpente, animale del potere, Gufo, idem, Oca, altrettanto, per poi chiudere con la Lontra, animale notoriamente spirituale e il Lupo, ovviamente, animale del potere. Diciamo che se i segni zodiacali sono divisi in quattro gruppi, legati agli elementi, qui si spartiscono spiritualità e potere. Leggendo l’articolo che mi ha introdotto a questo mondo, e ti pareva, scopro che gli animali guida sono parte della cultura dei nativi americani, quelli che nei vecchi western chiamavano indiani. A determinare i dodici animali, legati ai cicli delle tredici lune, utilizzando come base il guscio di una tartaruga con tredici cerchi, chiamato ruota della medicina, una ruota dove i nativi americani hanno messo elementi, punti cardinali, stagioni e un colore identificativo di un animale, per poi unire il tutto, shakerare e arrivare a questo simpatico elenco. Io, che oltre che Gemelli e Tigre, sono Cervo, animale che rappresenta la creatività. Chi è nato con questo animale guida, diceva l’articolo, è allegro, spiritoso, ispirato, con il potere di far ridere gli altri. Ha una grande parlantina, è amichevole e sostanzialmente è il leader naturale di ogni circolo sociale. Persone che prestano una grande attenzione alla natura e all’ambiente, oltre che al proprio aspetto fisico. Diciamo che un po’ come gli oroscopi dei giornali, anche i nativi americani, o almeno la versione giornalistica di quel che i nativi americani pensavano, tendono a fare contenti i propri interlocutori. Sul fatto che io presti una grande attenzione all’aspetto fisico, a dirla tutta, nutro qualche dubbio, ma sarà perché sono troppo leader di mio per perdere tempo a curare anche questi dettagli non necessari. Per la cronaca, ma a un certo punto la faccenda mi è venuta a noia, con le ricerche in rete succede anche questo, gli animali totem sono in realtà quarantaquattro, dall’armadillo al pipistrello, ognuno con caratteristiche facilmente decifrabili, il coniglio è l’incarnazione della paura, dicono, che sorpresa, ma non mi è chiaro come siano spartiti quelli che esulano dai nove cui si arriva col calcolo fatto di somme e moltiplicazioni di cui sopra.

Che gli animali forniscano, dai tempi dei tempi, ottimi agganci narrativi per descrivere l’animo umano è un dato di fatto, così come lo è il fatto che in certe civiltà il rapporto tra uomo e animali fosse o magari ancora sia talmente stretto da consentire all’uomo di poter usare il resto del creato per descrivere caratteristiche, sfumature, particolarità altrimenti difficili da fermare. Non è un caso che uno dei libri che meglio racconta, anche con derive profetiche, il Novecento dei totalitarismi, non solo dittature militari, quindi, è La fattoria degli animali di quel George Orwell che col successivo 1984, La fattoria degli animali è del 1945, 1984 è del 1949, arriverà a predire in maniera quasi agghiacciante la nostra contemporaneità di alienazione e controllo centralizzato delle nostre vite, come non è un caso che abbia fatto ricorso sempre al mondo animale anche una cantautrice come Maria Monti, classe 1935, quando nel 1974 diede alle stampe quel disco strampalato che risponde al didascalico titolo di Bestiario, forte della presenza al suo fianco di due geni della sperimentazione come Steve Lacy e Alvin Curran, all’epoca impegnati nel combo Musica Elettronica Viva, l’uno al sax, l’altro ai synth e agli arrangiamenti, non esattamente due di passaggio, ma del resto l’ensemble era arricchito anche dal sax di Roberto Lanieri, Lacy era al soprano, nonché dalle chitarre di Luca Balbo e Steve Ackerman. Un album che vede la Monti affiancata alla scrittura dal poeta Aldo Braibanti, considerato a ragione da Carmelo Bene una eccellenza italiana. Piccola digressione, se leggendo Steve Lacy avete pensato che io stessi parlando del cantante che ha da poco sfornato Gemini Rights, in realtà nato quattordici anni dopo l’uscita di Bestiario, beh, vi invito a lasciare da parte la lettura di queste parole e di andare a rimettervi in paro con la storia del jazz.

Sarà proprio il contrasto a tratti anche stridente tra una sperimentazione sonora al limite del free jazz e una scrittura molto tradizionale, folk, nelle liriche come nella composizione a fare di questo album una piccola grande anomalia nella storia della musica leggera italiana, un lavoro da studiare ancora oggi quando si vuole provare a rileggere quello che i nostri artisti sono riusciti a fare sfuggendo ai canoni o prendendoli e facendoli in qualche modo a pezzi, liberi di inseguire l’ispirazione fino quasi alla deriva al largo. Nel caso del suo Bestiario la Monti, che per il resto, confesso, poca traccia a lasciato nel mio immaginario, seppur vedere oggi nel suo sito riportato il suo cellulare, ottantasette anni compiuti, mi ha quasi indotto a chiamarla per chiederle un incontro, ché chi ha vissuto quell’epoca lì, andatevi a leggere il libro Superonda di Valerio Mattioli, come anche gli altri suoi libri, da Remoria a Exmachina, nessuno come lui è stato in grado di raccontare un’epoca davvero irripetibile della nostra cultura, alta e popolare, nel caso del suo Bestiario la Monti ha messo in scena un classico del genere, andando a sviluppare intorno agli animali presi in considerazione, dal Pavone al Serpente innamorato, passando per i Camaleonti, tutti gli animali dello zoo, quelli che vanno in letargo e via discorrendo fino all’animale per antonomasia, L’uomo.

Un vero bestiario, appunto, dove agli animali è affidato il compito di fornirci le chiavi per decrittare l’attualità, di allora, ma forse anche d’oggi. Un vero disco spiazzante, dove la matrice folk fa i conti con le improvvisazioni anche estreme del fior fiore dei musicisti sperimentali che all’inizio dei Settanta frequentavano Roma.

Di lì a breve Maria Monti uscirà con un album dal vivo condiviso con tre giganti della nostra discografia, due dei quali ancora oggi attivi, Francesco De Gregori, Antonello Venditti e Lucio Dalla, titolo dell’opera Bologna 2 settembre 1974, destinato ancora oggi credo a rimanere il suo lavoro più noto, e comunque non stiamo certo parlando di un blockbuster.

Per la cronaca, Maria Monti è nata il 26 giugno del 1935, il Gatto come animale totem, grande sesto senso non troppo supportato dalla razionalità, è stato un attimo affidare le proprie canzoni folk a un manipolo di jazzisti e sperimentatori e tirare fuori un album che sicuramente ai tempi non ha avuto ottimi riscontri di vendita, ma ancora oggi si fa ascoltare con grande interesse.

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