Quando si lavora con le idee

Vi racconto come funziona la mia mente e come mi comporto quando mi viene qualche idea interessante, generalmente durante la notte


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Quando si lavora sulle idee, spesso anche solo sulle intuizioni, che ancora idee neanche lo sono del tutto, quando cioè si passa buona parte del proprio tempo vagheggiando, lo sguardo perso nel vuoto, come a fissare qualcosa invisibile agli altri, è fondamentale, a un certo punto, diciamo quando quelle idee, quelle intuizioni, quelle visioni sono un po’ più che un embrione, ma non ancora qualcosa di raccontabile chiaramente a terzi, è fondamentale, a un certo punto, capire se quell’embrione merita o meno di diventare una vita. Lo so, so che detta così farà impazzire Pillon e quella gente lì, ma non è certo un testo abortista, quello che state per leggere, non è di vite che voglio parlare, ma d’altro.

Ho un Pc portatile di quelli che si usano prevalentemente come fosse una sorta di macchina da scrivere. Per quello e per navigare, anche se più spesso ormai navigo con lo smartphone o con un tablet, sempre a portata di mano. Sul desktop del Pc portatile, a parte le icone dei programmi che uso più spesso, Libre, appunto, Chrome, poco altro, ci sono disposti con un certo ordine dei file di word e dei folder, dentro il quale ci sono prevalentemente altri file di word, raggruppati per argomento. Ce n’è uno dove raccolto i file dei libri cui sto lavorando. Uno nel quale raccolgo i pdf di quelli che ho pubblicato. Ci sono un paio di folder con dentro musica, molta musica, divisa patriotticamente tra italiana e straniera, anche se la straniera è dentro un folder che si chiama Musica, e questa la dice lunga su come io ritenga la musica italiana attuale. Uno di documenti come fatture o notule. E uno di progetti futuri, che molto spesso si rivelano essere progetti destinati a rimanere chiusi dentro quel folder, per sempre.

Funziona così, appunto. Ho una intuizione, una visione, o più semplicemente una mattina mi alzo e butto giù una mezza idea che mi è venuta durante la notte, sono insonne e quasi sempre le mezze idee e le idee intere mi vengono di notte. La appunto e poi comincio a ragionarci intorno, come dicevo prima, fissando il foglio word su cui l’ho appuntata, come sperando che da un momento all’altro si animi e mi parli, sviluppandosi da sola. Per aiutare il manifestarsi di questo miracolo spesso mollo il foglio word lì, aperto, e vado in rete, innanzitutto cercando di capire se la mia idea geniale non sia già stata sviluppata da qualcun altro, spesso mi capita inconsciamente di avere geniali intuizioni che in realtà sono la riproposizione pedissequa delle geniali intuizioni di qualcun altro, a volte avute vivendo in universi che mai si sono incrociati, altre volte frutto di un mio aver letto distrattamente da qualche parte la cosa e averla fatta inconsciamente mia, che poi sarebbe una questione che chiunque lavora con la creatività dovrebbe tenere a mente, perché, parlo en passant di musica, i plagi involontari funzionano spesso così, sento un motivo, distrattamente, lo memorizzo e prima o poi tornerà su, come certe pizze con un impasto pesante, senza che neanche me ne renda conto. Se però mi accorgo, con sollievo, che nessuno prima di me ha avuto la medesima intenzione, o se l’ha avuta ha seguito altre logiche, e quindi la mia ricerca non ha portato a scoprire queste similitudini, mi metto magari a gironzolare per la rete tanto per cercare dettagli ulteriori che possano arricchire la mia intuizione, magari accendendola di vita come fosse stata toccata dall’indice del Dio anzianotto del Vecchio Testamento. Spesso, navigare per me significa vagare, perdermi, praticare il flaneurismo, come spesso faccio quando viaggio o anche semplicemente passeggio. Quando si fanno giri panoramici, questo penso da sempre, da che pratico coscientemente la psicogeografia ma anche prima, quando la psicogeografia non sapevo neanche cosa fosse, si ha l’opportunità di vedere cose che non ci saremmo mai neanche immaginate, scoprendo scorci mozzafiato, incontrando qualcosa che si iscriverà per sempre nella nostra top 10 degli interessi, magari, oppure mostrandoci brutture invereconde che contribuiranno a consolidare certi nostri pregiudizi, di lì in poi giudizi e basta, o a rivalutare quel che abbiano da sempre sotto il naso, come in certi film per teenager americani in cui il protagonista verso il finale capisce che ha perso tempo a correre dietro alla reginetta del ballo, che si dimostra sempre una totale cretina, avrebbe fatto assai meglio dedicare tutte le sue attenzione a colei che da sempre è la sua migliore amica, che per altro, ma questo credo sia una aspetto non molto edificante della narrazione americana, che stigmatizza certi comportamenti coloniali verso il culto della bellezza canonica salvo poi farci vedere come l’amica di sempre, sciolti i capelli costantemente portati raccolti in una coda, sfilato il maglione largo di quelli che ti ci perdi dentro, e tolti gli occhialoni da nerd è una supermodella di quelle che ti saluto reginetta del ballo. La logica dei link che portano a altri link che portano a altri link, perdendo del tutto di vista la meta iniziale, si sarà notato, mi affascina molto, al punto che ne ho fatto un tratto rilevante del mio stile, passo con estrema facilità di palo in frasca, apro parentesi che spesso non chiudo e non le chiudo perché nel mentre ne ho aperte delle altre e chiudere le precedenti diventa inutile, stopposo, non sto scrivendo temi di scuola, di quelli nei quali ci è stato insegnato di seguire certi canoni, cappello, svolgimento, conclusioni, di non ripetere le stesse parole nell’arco di un tot di righe, di non usare parole quali “cosa” o “cose”, quella roba lì. Anche qui, come per la psicogeografia, praticavo questa metodologia di ricerca anche prima che internet facesse irruzione nelle nostre vite, sono nato nel 1969, passavo giornate in biblioteca leggendo voracemente libri dentro i quali cercavo informazioni che mi portassero a altri libri e altre informazioni, come in una girandola.

A quel punto, intendendo con quel punto un momento indeterminato e illogico del mio girovagare online, torno al mio progetto iniziale, il foglio word sul quale ho appuntato l’intuizione notturna, oppure vado a scrivere altro, lasciando quel foglio word aperto fino a data da destinarsi, in genere un aggiornamento del PC portatile che lo lascerà poi scomparire dentro il folder dei progetti futuri, forse pronto giusto per l’oblio. Perché mi capita a volte di andare a spiluccare in quel folder, tanto per vedere se in vecchi appunti non sia nascosto qualcosa di geniale, da riprendere e sviluppare fino a farne qualcosa di concreto, col risultato che nella stragrande maggioranza dei casi mi trovo di fronte a progetti di cui non ho alcuna memoria, letteralmente tabula rasa. Esattamente come se le avesse scritte uno sconosciuto, come se le stessi leggendo per la prima volta. In altri casi, invece, me le ricordo alla perfezione, e nel rileggerle provo il tipico senso di sconforto di chi si trova faccia a faccia con un proprio momento cringe o il compiacimento di chi sa di aver avuto una bella pensata, seppur destinata a rimanere lì, in quel non luogo frequentato solo da me.

Per dire, succederà prima o poi che questa mia passione per Kathy Acker (di cui da una vita cerco l’edizione SugarCo di Vacanze haitiane, nel caso qualche buon cuore volesse regalarmela) e Lydia Lunch si tradurrà in un progetto, un racconto, un libro, un disco, vai a sapere cosa. Succederà che tutti i documenti word che riguardano le varie performance artistico-letterarie di Shelley Jackson, Skin, racconto in divenire scritto sulla pelle di un migliaio di persone, una parola a testa, o Patchwork girl, trovi una sua qualche concretizzazione lì, nell’angolo della mente in cui sta relegato. Succederà anche che metterò finalmente le mani sul prezioso, per me, numero 6 di McSweeney’s, rivista letteraria frutto della fervida immaginazione di Dave Eggers, numero che ospita l’album They Might Be Giants vs McSweeney’s, del duo americano, e che una volta messo mano su quello io mi decida finalmente a dar vita a qualcosa di simile, senza neanche dover far finta di essere l’originale, la matrice. Per il momento mi accontento di continuare a appuntare quasi quotidianamente idee, spunti, intuizioni, nell’attesa che qualcuna un giorno prenda vita.

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