Le Deva portano i loro fiori su Marte a San Marino e magari anche a Liverpool

Le Deva vadano ascoltate e seguite, perché il pop può anche essere preso alla leggera, ma in certi casi è qualcosa di davvero stiloso e meritevole della nostra attenzione


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Premetto che Eurovision l’ho sempre seguito con distrazione, come certi discorsi che si fanno a tavola coi parenti durante i giorni di feste, che so?, Natale, lì a parlare di acciacchi, malattie, morti nel giro dei conoscenti. Un po’ perché fino a qualche tempo fa guardarlo seriamente, Eurovision, ti sarebbe costato un biglietto sola andata per un reparto psichiatrico, un baraccone trash di cui sorridere al più con gli amici, e poi perché dare troppo peso a qualcosa che fino a poco fa si era considerato alla stregua di uno scherzo o poco più, mi sembrava una resa incondizionata verso la razionalità e il buon gusto.

Poi, è storia, i Maneskin sono arrivati e hanno vinto, fatto che, per intendersi, ho scoperto l’indomani mattina, andato come sempre a dormire prima della fine, vedi la distrazione, quando ancora sembrava che a vincere sarebbero stati i francesi, e da lì è partita, almeno sembrava, la loro ascesa alle vette del mondo, sembrava perché in realtà è partita da Beggin e da Tik Tok e perché le vette le hanno sì toccate, ma meno di quanto sembra, e a quel punto si è guardato a Eurovision come fosse faccenda seria, serissima. Non che i vari Mengoni, Michielin, Il Volo, Mahmood, Gabbani, vado a caso, senza seguire l’ordine cronologico, non ci avessero provato sul serio, solo che il nostro disinteresse di paese, quindi le scarse alleanze, l’hype ancora sottozero, non hanno contribuito certo a far volare i loro brani, noi ancora più interessati agli spettacoli circensi degli uzbeki o a quelli soft-porno delle contadine polacche, più che alla gara.

Così l’anno scorso, con per di più l’organizzazione italiana, Torino caput mundi, lo si è guardato meglio, seppur consci che avrebbe comunque vinto l’Ucraina, come in effetti è stato, non certo per faccende musicali, la loro Stefania giustamente scomparsa dai radar già il giorno successivo alla vittoria, la scelta di portare quest’anno Eurovision in Inghilterra, cioè fuori dall’Europa, per altro, già scritta a tavolino da tempo. Blanco e Mahmood, rutti in Sala Stampa a parte, hanno fatto benino, scomparendo a loro volta dagli schermi, Laura Pausini sparita a un certo punto, sulle prime si è detto per faccende intestinali, poi si è scoperto per Covid, lo stesso Covid che ha negato a Diodato la possibilità di giocarsela, sempre che la sua Fai rumone abbia mai avuto chance in mezzo alle fanfare dei paesi scandinavi o i balletti segni degli spagnoli. Su tutto, parlo per me, che mi occupo più spesso di ravanare nella monnezza, quando si tratta di pop, l’eliminazione barbina di Achille Lauro, ovviamente lì non in rappresentanza dell’Italia, il Festival l’hanno vinto i due di Brividi, è storia, ma di San Marino, come dire provare a entrare dalla finestra quando la porta è serrata. Non una grande scelta, si può dire ore, eliminato ignominiosamente e meritatamente. Di fatto, però, Una voce per San Marino, Festival creato ad hoc per portare artisti in rappresentanza della piccola nazione che ospitiamo nel nostro stivale, ha assunto un peso specifico non indifferente, perché di colpo quella che poteva essere una seconda scelta, non vinco al Festival di Sanremo ci provo lì, è diventata prima scelta di svariati artisti italiani, desiderosi comunque di tentare la carta eurofestivaliera.

Questa sera, sabato 25 febbraio 2023, se la vedrà da San Marino un manipolo interessante di artisti, quasi tutti italiani, molti volti e voci note. Da lì, chi vincerà, andrà a giocarsela alla fase delle semifinali, a Liverpool, lasciando spiragli aperti sulle finali che si giocheranno di lì a poche ore. Una occasione interessante, quindi, per chi ci crede o tiene.

Continuo a guardare con non troppo interesse a Eurovision, affezionato ai miei preconcetti o forse troppo vecchio per dar credito a chi mi è sempre stato venduto come qualcosa di superfluo, ma in gara c’è un gruppo per il quale da sempre faccio il tifo, esattamente per la medesima ragione per cui a Sanremo ho esplicitamente fatto il tifo per Paola e Chiara, che credo il gruppo in questione annoveri tra le proprie ispirazioni, perché il pop è faccenda sì leggera, ma serissima, e perché a noi italiani, specie a voi italiane, manca da sempre l’aspirazione alla popstarritudine che ha fatto grandi stelle mondiali quali Madonna, Britney Spears, Lady Gaga e via a scendere. Aspirazione che invece le tre componenti de Le Deva, è di loro che sto parlando, e se scrivo Le Deva senza usare la schwa, come ho visto fare da qualche parte, è solo perché non ho idea di come si faccia a scrivere la schwa sul computer, povero boomer che non sono altro, aspirazione che invece le tre componenti de Le Deva hanno, eccome, a ragione. Loro, in ordine sparso Greta Manuzi, Verdiana Zangaro e Roberta Pompa, fino a poche settimane fa anche Laura Bono a far parte del gruppo, attive come ensemble dal 2016, un album e svariati singoli all’attivo, sono la nostra via al pop e alla popstarritudine, e già solo per questo tutti dovremmo fare stasera il tifo per loro,  per una volta rappresentanti, seppur di sponda, da qualcuno che saprebbe muoversi su quel palco con mestiere e stile. Di più c’è il singolo che presenteranno proprio in questa occasione, Fiori su Marte, brano che darebbe loro modo di mettere in mostra non solo la loro potente immagine, il pop è anche una questione di estetica, ma pure un impasto vocale a tre di tutto rispetto. Dopo aver preso parte al Sanremo albanese, chiamiamolo spavaldamente così, come dei Conquistadores senza ritegno, il Kenga Majike, occasione nel quale hanno portato a casa il Premio internazionale, eccole di nuovo a confrontarsi, stavolta più idealmente che nei fatti, con un parterre internazionale, molti i nomi a noi conosciuti a contendersi con loro un posto a Liverpool. Certo, la presenza in finale degli Eiffel 65 è forse l’ostacolo più ostico da superare, ma Fiori su Marte, le loro voci e la loro presenza potrebbe portare al colpaccio. Eurovision o non Eurovision, provo a essere coerente, credo che comunque Le Deva vadano ascoltate e seguite, perché il pop può anche essere preso alla leggera, ma in certi casi è qualcosa di davvero stiloso e meritevole della nostra attenzione. Forza, ragazze, riempite San Marino di glitter per noi.

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