Testo di Mostro di Gianmaria, una riflessione sugli effetti dell’interconnessione globale

Gianmaria mette in discussione la facilità della comunicazione globale di questo periodo storico. Ecco il testo di Mostro

mostro di gianmaria

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Mostro di Gianmaria – reso graficamente come “gIANMARIA” – è quanto le nuove generazioni non hanno sempre il coraggio di dire. Non una condanna, tutt’altro: il giovanissimo cantautore vicentino fa una sana autocritica in quanto appartenente a questo speciale contesto storico in cui gli stessi rapporti umano vengono spesso sacrificati nel nome dell’interconnessione, quella che avviene sui social e sulle chat che se da una parte azzera le distanze tra le persone, dall’altra le conferma.

Per questo Gianmaria, già noto per affrontare con schiettezza argomenti che altrimenti verrebbero ignorati, opera un j’accuse dedicato a se stesso che diventa anche una proiezione su ciò che abbiamo intorno. La storia dell’uomo è cambiata per sempre: i meccanismi sociali sono stati ridimensionati, ci si confronta da remoto e tutto dipende da app e frequenze.

Una conquista enorme sul piano della riduzione dei tempi, ma talvolta, almeno per quanto riguarda i già citati rapporti umani, sarebbe bene scendere a dei compromessi. Il Mostro di Gianmaria possiamo essere noi, perché con questo allineamento alla grande rivoluzione tecnologica ogni giorno ci perdiamo qualcosa di prezioso.

Ovviamente, chi si ribella a queste modalità di comunicazione lo fa inevitabilmente sulle piattaforme, le stesse che fanno parte dell’oggetto della condanna. Esiste una sfumatura, tuttavia, che possiamo e dobbiamo cogliere.

Mostro di Gianmaria è anche il titolo del primo album in studio uscito il 3 febbraio. Il disco include La Città Che Odi, il brano vincitore di Sanremo Giovani che gli ha permesso di accedere alla gara del Festival di Sanremo. Anche La Città Che Odi affronta un tema delicato, quello della dipendenza affettiva.

È forse la stessa che sentiamo in Mostro? Crepuscolare sin dall’esordio, Gianmaria duetterà con Manuel Agnelli venerdì 10 febbraio con la cover di Quello Che Non C’è degli Afterhours, una canzone profonda.

Testo

Ti ho baciato sulla fronte, sono uscito,
Ho tenuto il bacio che mi hai dato in viso
Per non correre nessun rischio
Ho occupato uno spazio più piccolo
Che mi sono perso?

Ero solo distratto, da me
Sono entrato con la macchina in giardino
Perché non vedevo l’ora di tornare
Ora che sorella mia tu sei madre
Dimmi se siamo ancora fratelli
Che mi sono perso?

Ero solo distratto, da me
E se correre fuori, mi lascia fermo dentro
Allora spero di stancarmi presto
E se seguendo gli altri, lascio indietro me stesso
Farò di tutto per stare da solo un momento
Ma che ti sembro un mostro?

Guarda che sono a posto
Che mi sono perso, ero solo distratto, da me
Mò che ti sembro un mostro
L’ho pensato pure io un secondo
Che mi sono perso, ero solo distratto,
Stavo pensando a me
Ti ho lasciato sopra il letto un mio libro
Così sai che tornerò
Ma con tutti quanti i letti che ho visto
Con che faccia tornerò?

Voglio entrare nei discorsi deciso,
Ma mi sono perso tanto e che dico?
Se non sai mai di che si parla tanto vale star zitto
E se le stelle fuori mi hanno tenuto sveglio
Vuol dire che ho avuto più di un pensiero
Se per allontanarsi basta prendere spazio
Allora diamogli un senso

Ma che ti sembro un mostro?
Guarda che sono apposto
Che mi sono perso, ero solo distratto, da me
Mò che ti sembro un mostro
L’ho pensato pure io un secondo
Che mi sono perso, ero solo distratto,
Stavo pensando a me
Ma che ti sembro un mostro