La lista di Sanremo, gli antinfiammatori e i 190 anni della tartaruga Jonathan

Sanremo, un cast pieno di nomi importanti, da Giorgia a Mengoni, da Paola e Chiara a Lazza, da Madame e Mara Sattei a Gianluca Grignani e Anna Oxa, dagli Articolo 31 a  Ultimo, tanto per spaziare tra classici e attuali, un cast che comunque tiene insieme le major, certo, ma anche I promoter


INTERAZIONI: 415

Sono in coda in farmacia. Andare in farmacia la domenica mattina, a Milano, non è un’idea che premierei con un qualche encomio volto a sottolineare una particolare acutezza di pensiero. Ho davanti a me una decina di persone, tutte, ma dico tutte, lì per prendere tamponi fai da te. A fianco alla fila, lunga, perché in cassa c’è solo un farmacista, un padre con un figlio adolescente, che ci tiene a far sapere alla moglie, via smartphone, che sembra che il tampone fatto sia negativo. Non è però del Covid che voglio parlare, tutt’altro. Sono comunque in coda in farmacia, quando, miracolo, la persona davanti a me chiede un noto antinfiammatore. Miracolo perché almeno non chiede I tamponi, anche se è abbastanza evidente, sono il solo in farmacia a non indossare la FFP2, perché non pensavo di dover passare quando sono uscito, che sia qui perché ha qualcuno in casa col Covid, l’antiinfiammatorio preposto a curarlo. Il farmacista è costernato, dice, perché non ha quel noto antinfiammatore. Ne ha uno generico, fatto proprio da loro lì in farmacia. Apre il carrello dove è contenuto e constata che è anche l’ultima boccetta rimasta, parliamo di uno sciroppo. Non pago, o forse proprio per quella costernazione, il farmacista aggiunge che ormai mancano anche gli ingredienti per fare I farmaci che non si trovano più. Quando il tipo, ingenuo, chiede perché non si trovano più, lui, il farmacista, dice che non si trovano perché il Covid li ha fatti andare a ruba, chiarendo una volta per tutta che I miei sospetti erano ben riposti. Non si trova neanche il paracetamolo, dice, anche se non parla direttamente di paracetamolo, ma di quella versione di paracetamolo che se ne prendi due da 500 diventano 1000, cosa che per altro non risponde al vero, credo che la cosa prima o poi andasse chiarita. Come non è vero che se diluisci il vino con l’acqua ne stemperi l’effetto. Ne stemperi l’effetto se ne bevi di meno, non se ogni volta aggiungi acqua.

Tornando a me in coda in farmacia, una piovosa domenica mattina milanese impestata da un Covid di cui nessuno sembra voler più parlare, il farmacista, per disimpegno, dice una frase che vuole risultare simpatica, se finisce così dovremo mettere su un mercato nero, come quello dell’alcool durante il proibizionismo.

Ecco l’idea che cercavo. Sì, perché mentre salmodiavo tra me e me per essere in coda in farmacia, in realtà ho cominciato a pensare che tempo un paio d’ore sarebbe uscita la lista dei prossimi partecipanti al Festival della Canzone Italiana di Sanremo, edizione 2023. A annunciarli Amadeus, ospite del TG1. Inizialmente ho pensato alla cosa perché, confesso, in un impeto di pessimismo,  pessimismo che in genere non mi appartiene, ho iniziato a chiedermi se avrei mai fatto in tempo a rientrare a casa per vedermi il TG1, telegiornale che per altro non guardo credo dai tempi di quando vivevo ancora in Ancona, coi miei, parliamo della metà degli anni 90. Poi, superato questo fugace stato d’ansia, ho cominciato a pensare come avrei mai potuto iniziare a raccontare questo fatto di Amadeus che va al TG1 a annunciare I concorrenti del prossimo Festival della Canzone Italiana di Sanremo, con due mesi di anticipo. Nel pensarlo, quindi, mi sono detto che un tempo tutto ciò non sarebbe mai potuto accadere. Perché un tempo I cantanti in gara, giusto ieri ne parlava quella vecchia volpe di Alberto Salerno sui social, venivano annunciati una settimana prima della gara, con la pubblicazione dei testi da parte di un noto magazine settimanale, I discografici e I cantanti stessi ne erano ovviamente stati avvisati da tempo, ma la notizia non era trapelata, se non tra addetti ai lavori che però mantenevano il silenzio, per non rovinare il lavoro degli altri. Ravera, che era lo storico patron del Festival, non appariva certo in Tv a prendersi la scena. Figuriamoci, stava lì dove un patron dovrebbe stare, nell’ombra, a tirare le fila e I fili. Carlo Conti, invece, ha cambiato le carte in tavola, andando a annunciarli in prima persona, e così fa adesso Amadeus. Il quale, va detto, anni fa si è trovato nella spiacevole situazione di dover autospoilerare la lista in anticipo su quanto previsto, quando il settimanale Chi ha pubblicato quella che diceva essere la lista definitiva. Lista che poi si sarebbe dimostrata non esattamente quella ufficiale, con qualche nome assente e qualche nome presente solo nella lista. Colto di sorpresa, e evidentemente innervosito dai fatti, Amadeus ha rilasciato un’intervista a Repubblica, annunciando I nomi, salvo poi, per I motivi che ora andrò a spiegare, aggiungerne due a gennaio. Un fatto irrituale, e anche piuttosto stupido, perché con una sola intervista ha offeso e fatto arrabbiare praticamente tutti gli altri giornalisti e giornali. Me compreso, che avevo la lista giusta da tempo, consegnatami da un suo collaboratore come tutti gli anni da che mi occupo di musica, e che ovviamente mi ero tenuto per me proprio per non rovinare il suo lavoro. Anche io, incautamente, ho fatto un tweet, dicendo che questi errori si pagano col sangue. Non intendevo certo dire che lo avrebbero ucciso, è parte della mia cifra iperbolica, quella frase, e soprattutto non intendevo dire che io gliela avrei fatta pagare col sangue, non sono  nella posizione di far pagare niente a nessuno. Parlavo dei quotidiani importanti, e di chi gestisce media rilevanti. Ovviamente la frase ha fatto scalpore, è stata ripresa da tanti giornali e post, e io sono passato ancora una volta per il matto vendicativo, del resto I due Sanremo precedenti li avevo passati a fare la guerra al Festival, prima tirando fuori il conflitto di interessi Baglioni con Salzano della Friends and Partners, poi a attaccare addirittura il presidente della RAI Salini, reo di aver tentato di piazzare la società per cui aveva lavorato il suo capo della comunicazione, MN e Marcello Giannotti, a seguire l’ufficio stampa del Festival, ovvio che non fossi proprio uno qualsiasi nel mio dire “la pagherai col sangue”. Di fatto, avendo anche come sempre aizzato contro Amadeus parte dell’opinione pubblica per la solita assenza di nomi femminili nel cast, la mia campagna in stile guerrilla con l’hashtag #lafigalaportoio è entrata ormai nella storia del Festival, Amadeus si è trovato costretto all’ultimo a aggiungere due donne nel cast, e che donne, Tosca e Rita Pavone, anche per ripulirsi la coscienza, si fa per dire, riguardo certe sue uscite come “le donne di grandi campioni devono saper stare un passo dietro al loro uomo”, con riferimento al ruolo di valletta affibbiato alla fidanzata di Valentino Rossi, vado a memoria, (tutti I principali quotidiani, Repubblica esclusa, hanno sottolineato le sue gaffe, bastonandolo, quando si dice fargliela pagare col sangue).

Sia come sia, da quel momento le famose liste non hanno più fatto comparsa fuori dalle stanze dei bottoni, vuoi per il Covid, che prima ha tenuto in sospeso il Festival, nel 2021 andato in scena a marzo, poi ha ha tenuto molti se non tutti gli addetti ai lavori lontani da Sanremo, vuoi perché Amadeus ha ben visto di non trovarsi nuovamente in queste situazioni sgradevoli, sangue o non sangue.

Io, che comunque ho anni e anni passati andando a trovare I cantanti in studio, mai arrivato ai preascolti della stampa che si tengono nella sede RAI di Corso Sempione a gennaio senza averne già sentiti almeno un tre quarti, isolato come tutti sono sempre arrivato al momento dell’annuncio con giusto qualche dritta, arrivata direttamente dai cantanti o dai pochi discografici che ancora mi rivolgono la parola. Le liste, quelle pubblicate da molti siti e quotidiani, frutto spesso di fantasie o di passaggi logici dettati da annunci di dischi per la settimana del Festival, per tour le cui date previste in quella settimana venivano rimandati, per collaborazioni annunciate o comunque trapelate, lì a circolare in maniera clandestina, senza alcuna ufficialità, come l’alcool ai tempi del proibizionismo, o oggi gli antiinfiammatori.

Ecco l’idea che ho ventilato di usare per lanciare la lista dei nomi, un parallelismo tra la lista dei nomi del cast di Sanremo 2023 e gli introvabili antiinfiammatori in epoca Covid, anzi, in epoca Covid a sua volta clandestino, figurati se qualcuno prova a farne cenno sotto il governo dell’underdog.

Poi però, mentre ero lì che gongolavo per aver trovato lo spunto da cui partire, forse si è notato che tendo sempre a partire parlando di un argomento che apparentemente nulla ha a che vedere con l’argomento di cui in realtà intendo parlare, salvo poi, verso la fine, tirare fuori dal cilindro il coniglio, spugnettando con lo smartphone mi è apparsa una notizia che mi è sembrata decisamente più interessante, e anche più pertinente. Questo fatta chiarezza che a me delle notizie interessa zero, c’è sempre qualcuno più veloce di me, e che anche quando ho qualche notizia bomba, e me ne sono capitate anche parecchie per le mani, tendo sempre a tirarle fuori coi tempi sbagliati, con calma, più interessato allo stile e all’idea giusta che alla notizia in sé, mica sono un cronista o un giornalista, io.

La notizia è che oggi, mentre sto in coda in farmacia, in attesa del mio turno e chiedendomi quali sono le possibilità che io mi sia beccato il Covid mentre sto qui in attesa, tutti quelli prima di me a chiedere tamponi, compie centonovanta’anni la targaruga Jonathan, nata alle Seychelles e poi donata all’Isola di Sant’Elena, nell’Oceano Atlantico meridionale, nel 1882, divenendo a tutti gli effetti l’animale più antico del mondo. Non che ieri, che ancora non aveva compiuto centonovant’anni non lo fosse, l’animale più antico del mondo, ma una testuggine di centonovant’anni è in effetti una notizia ghiotta, degna di nota, qualcosa di cui parlare non solo in articoletti preposti a occupare le colonnine di destra dei giornali, tra un bikini troppo piccolo di Wanda Nara o una ennesima frase fuoriposto di Sonia Bruganelli al GF Vip. Nata nel 1832, quindi, Jonathan è non solo l’animale più vecchio del pianeta, ma l’animale che rischia di spodestare Napoleone, che lì visse in esilio fino al 1821, anno della sua morte, da attrattiva dell’isolotto posto al largo della costa occidentale dell’Africa, parte del territorio britannico.

Preso atto che esiste uno studio che assesta che lo squalo della Groenlandia viva circa cinquecento anni, a centocinquanta sembra raggiunga la maturità sessuale, pensate voi a fare una preadolescenza di centocinquant’anni, altro che Carrie di Stephen King, contro I centocinquanta di vita media delle tartarughe, Jonathan a superarli in scioltezza, resta che centonovant’anni di una tartaruga sono davvero tanti. Al punto che la cosa mi offre lo spunto, veniamo a noi, per dire che per quanto ci si sforzi di apparire contemporanei, moderni, comunque sintonizzati con il mood del nuovo millennio, le intelligenze artificiali, la rete, la globalizzazione, ci sarà sempre un animale che dimostra come la natura la sappia molto più lunga di noi umani, lì a raccontarcela senza neanche troppa convinzione.

Ma uno dirà, ok, ma I cantanti in gara a Sanremo? Ecco, I cantanti in gara a Sanremo, anche se per la prima volta nel presentarli Amadeus, lì al TG1, sotto I riflettori che da sempre insegue, non ha dovuto spiegare alla giornalista quasi incredula di chi stesse parlando, a sciorinare stream o followers come se fossero meriti artistici, ciosì accadeva gli anni scorsi, quest’anno se ne è semplicemente sbattuto alla grande, perché in effetti I nomi di loro dicevano poco anche a chi, come me, si occupa a tempo pieno di musica, altri del tutto impensabili, recuperati da un passato passato, la lista in apparenza più assurda di sempre, sono la perfetta incarnazione del manuale Cencelli applicato al mondo dello Spettacolo. Certo, sembrerebbe di no, perché ci sono molte new entry, ma oggi il nuovo è il mainstream, I classici, presenti nelle quote che il manuale Cencelli prevede, non uno di più e non uno di meno, a occupare le caselle che un tempo erano degli outsider, gli indipendenti, gli underdog, per dirla con la Meloni. Stupisce quest’anno vedere il nome di Lazza, titolare dell’album che ha passato più settimane in vetta alla classifica FIMI, come aveva sorpreso l’anno scorso vedere Rkomi e Blanco, ma è solo il sintomo del male incurabile di cui soffre al momento la discografia, incapace nel terzo millennio di trovare una alternativa valida a Sanremo, un tempo considerato luogo buono solo per certi artisti pop, non certo per I blockbuster. Blockbuster che se decidevano di andare, e quest’anno oltre ai blockbuster di vendita, si fa per dire, ci sono anche quelli del live, penso a Ultimo, sicuramente, ma anche a Mengoni, blockbuster che se decidevano di andare, si pensi agli anni di Cocciante, dei Pooh, tanto per fare qualche nome, lo facevano in situazioni particolarmente protette, soli candidati alla vittoria finale che, in effetti, puntualmente arrivava, a discapito, di solito, dell’eterno secondo, Toto Cutugno. Ecco, un tempo il Festival della Canzone Italiana era roba buona per Toto Cutugno, non certo per chi colleziona sold out allo stadio o dischi di platino su dischi di platino, men che meno per chi ha una carriera importante alle spalle. Cambiano I tempi, e come nella società, anche a Sanremo scompare la classe media, le Malike Ayane, le Annalisa, I Renga, I Nek, gente che un tempo avremmo sicuramente visto lì, cambiano I tempi, ma non cambiano I meccanismi, e neanche le ragion di stato che li fanno muovere, il Risiko, il manuale Cencelli, le quote assegnate. Un po’ come la tartaruga Jonathan, lì a sopravvivere a trentadue governatori dell’isola, al crollo dell’impero britannico, a due guerre mondiali, alla Thatcher, a Boris Johnson e anche alla Brexit, imperturbabile. Certo, ora la lista non circola in anticipo, gli stessi cantanti e discografici sono tenuti all’oscuro per paura di soffiate, lo so perché, a breve leggerete, alcuni di quelli in gara hanno passato la sera antecedente all’uscita delle liste chattando con me, tra ansie e speranze, non circolano se non in quelle modalità che ho su descritte, per supposizioni e ragionamenti, ma resta pur sempre quel tipo di lista lì, sempre con I medesimi ingredienti.

Certo, sono felice, anzi, felicissimo, ma di una felicità vera e pura, per il ritorno di Giorgia, così come per Paola e Chiara, sono da sempre uno dei massimi estimatori di Paola Iezzi, da sola o in coppia con sua sorella, roba che quasi mi sono emozionato, perché la stima si incrocia con l’amicizia, e di amici in un mondo come quello dello spettacolo tendo a averne davvero il minimo indispensabile, come sono contento per quello di Anna Oxa e Gianluca Grignani, se sono incuriosito dal ritorno degli Articolo 31, J-Ax era stato a lungo dato per certo in coppia con Max Pezzali, come mi fa felice il ritorno, immediato, dei miei amati Coma_Cose, leggere I nomi di Elodie, Mara Sattei, Mr Rain, Lazza, Tananai, Madame, Rosa Chemical mi lascia abbastanza indifferente, erano tutti ventilati e sono parte di quella contemporaneità che non mi fa offendere quando qualcuno mi chiama boomer, pur non essendolo, meglio, credo, Colapesce e Dimartino, mi dicono con una canzone assai distante da Musica leggerissima, Marco Mengoni, colpaccio di Amadeus, non fosse che ha una carriera da rimettere sulla retta via, Ariete, che come Levante e Madame incarna finalmente la quota cantautrice, Ultimo, nella speranza che rimandi a cagare quella Sala Stampa che non mi vedrà mai metterci piede, resto stupito dal nome dei Cugini di Campagna, perché va bene il revival e l’antiageismo, ma fino a ieri si parlava di Gino Paoli e direi che era tutta un’altra storia, non conosco Rosa Chemical, se non esteticamente, e di LDA so il poco che ho appreso quando ha partecipato a Amici, buon sangue non mente. Quanto ai Modà, che dire?, a volte ritornano, come I mostri nascosti sotto il letto di Stephen King.

Un cast pieno di nomi importanti, da Giorgia a Mengoni, da Paola e Chiara a Lazza, da Madame e Mara Sattei a Gianluca Grignani e Anna Oxa, dagli Articolo 31 a  Ultimo, tanto per spaziare tra classici e attuali, un cast che comunque tiene insieme le major, certo, ma anche I promoter, Eventim Ūber Alles, un bel Risiko che spiega perché quel che sembra assurdo poi così assurdo non è lo saprebbe stilare anche uno stagista pagato cinque euro a pezzo. Del resto, esiste un cast di Sanremo, almeno negli ultimi venti anni, che non sia stato accolto come il più assurdo di sempre?

Piccola nota a margine, in apparenza manca quasi del tutto la quota indie, che negli ultimi anni aveva predominato, ma la notizia che I giovani che accederanno ai BIG saranno non due, non tre ma sei, innalzando a ventotto il numero dei concorrenti va letto esattamente in questa direzione, tutto secondo manuale Cencelli, nessuno abbia paura (a parte di vedere ventotto cantanti in gara, preparate i thermos con il caffè, nel mio caso corretto con la Sambuca). Mancano invece del tutto le caselle dedicate al rock, alla faccia che I Maneskin avrebbero portato le nostre classifiche e le nostre case discografiche a riempirsi di opere di quel genere, e I cantautori, del resto da sempre spina nel fianco di Amadeus, ma stiamo parlando di Sanremo, mica della vita reale.

Infatti, ma magari è proprio che senza ancora saperlo ho preso il Covid, lì in farmacia, e sta intaccando il mio lato razionale, anche il fatto che si stia ancora qui a parlare del Festival della Canzone Italiana di Sanremo, come se fosse una cosa seria e non l’unico circo con tanto di animali di cui nessuna associazione animalista si è preso la briga di chiedere la chiusura per tortura e violenze, è la prova provata che no, non siamo noi umani gli esseri più evoluti del pianeta, molto meglio una tartaruga di centonovant’anni, lì a mangiare foglie e alghe in attesa che arrivi questo benedetto duecentesimo compleanno.

Continua a leggere su optimagazine.com