Vicini di Casa, la commedia afrodisiaca si trasforma (malamente) in scene da un matrimonio

Paolo Costella racconta una cena in cui la coppia giovane vuole coinvolgere la più navigata nei loro giochi erotici. Tra commedia e dramma, il film guarda al modello "Perfetti Sconosciuti". Con Bisio, Puccini, Marchioni e Lodovini

Vicini di Casa

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“Una commedia afrodisiaca”, assicura lo strillo di lancio di Vicini di Casa, il nuovo film del regista e sceneggiatore di lungo corso Paolo Costella, con anche il trailer ben orchestrato tra comicità e promesse maliziose su quel che accadrà in questo gioco delle coppie in un interno. L’impostazione teatrale è evidente, tutta raccolta dento l’unità di tempo e spazio di una casa in quel di Roma durante una cena organizzata da marito e moglie di lungo corso (Claudio Bisio e Vittoria Puccini) per fare amicizia con i più giovani Vinicio Marchioni e Valentina Lodovini, pompiere lui, psicologa lei, la cui più rimarchevole caratteristica è l’esagerata rumorosità delle loro performance sessuali – mentre, manco a dirlo, Bisio e Puccini vivono la stanchezza di una convivenza ormai usurata.

La teatralità di Vicini di Casa è frutto dell’origine della storia, tratta da una pièce teatrale spagnola di Cesc Gay, Los Vecinos de Arriba, dalla quale l’autore aveva tratto nel 2020 una pellicola di buon successo in patria intitolandola Sentimental. Dopo le prime schermaglie – soprattutto Bisio, professore al conservatorio perché musicista mancato, ha poca voglia di intrattenere due ospiti che la moglie gli ha imposto a sorpresa –, il quartetto comincia a ingranare, fino al punto in cui Lodovini e Marchioni svelano gli altarini. E cioè che loro son dediti a orge e scambi di coppia, per cui gli orgasmi ad alto volume che si sentono dal loro appartamento (che Puccini un po’ invidia) non son tutta farina del loro sacco ma d’una compagnia più affollata. E con Bisio e Puccini sarebbero ben felici di combinare. Come reagirà la più posata (ma quanto?) coppia borghese?

Fatta la tara alla chissà perché inevitabilmente esagerata ambientazione altoborghese tipica di tutte le commedie italiane di questo tenore – qui addirittura una casa con patio e prosciuttone pata negra a troneggiare sulla tavolata –, Vicini di Casa comincia anche bene. Nel senso che la prima parte del film riprende in tempo reale, e senza aver fretta, il chiacchiericcio di riscaldamento un po’ imbarazzato un po’ casuale di quattro persone che piano piano cominciano a conoscersi. Naturalmente sono importanti nella definizione dei personaggi gli attori che li impersonano, per cui soprattutto il personaggio di Bisio è sempre troppo Claudio Bisio ironico e dalla battuta tagliente. Eppure dal rondò dei dialoghi apparentemente a vuoto qualcosina del carattere dei protagonisti emerge.

Solo che poi la commedia supposta erotica arrivata al secondo tempo (atto) spegne i propri ardori, puntando al (melo)dramma psicologico con tentazioni che un tempo si sarebbero dette da scene da un matrimonio, ma che qui, con tutta evidenza, guardano al modello di Perfetti Sconosciuti di cui Costella è stato cosceneggiatore. Vale a dire il film diretto da Paolo Genovese il quale, prima ancora di essere un modello di scrittura, è la clamorosa case history di riferimento (17 milioni d’incasso in Italia e remake dovunque nel mondo, la pagina Wikipedia a tutt’oggi ne conta 23) di mezzo cinema italiano, produttori registi e sceneggiatori che farebbero di tutto pur di replicarne la ricetta.

Vicini di Casa dopo i toni sostenuti e pruriginosi si sgonfia, ribaltandosi quasi all’improvviso in un altro film, con rivelazioni, ammissioni, insofferenze alla fine delle quali la coppia navigata finisce per scoppiare, con la Lodovini che rientra bislaccamente nel suo ruolo professionale – con Bisio a sottolineare il grottesco della situazione, prendendo appunti su block notes delle sue perle di saggezza psicologiche.

Quel che riusciva a Perfetti Sconosciuti – la capacità di tenersi in bilico tra dramma e commedia – qui manca, anche perché non affiora mai alcuna autentica sgradevolezza, come aveva il coraggio di fare il film di Genovese. Vicini di Casa resta malinconicamente a metà del guado, senza andare mai a fondo di situazioni e personaggi. E allora vengono sprecate tutte le promesse e premesse afrodisiache – nelle quali è convincente soprattutto Marchioni, che ha la fisicità giusta per il personaggio –, senza che la commedia ne guadagni in profondità o sincerità, dato che lo sguardo sulla coppia non ha nulla di anatomico, preferendo sciogliersi in un accomodante “si vedrà” che cerca di salvaguardare l’insipida tranquillità del tinello borghese (anzi del patio).

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