In scena la prima assoluta al Teatro Mercadante di Napoli di “Ferito a Morte” di Raffaele La Capria

Dal 19 al 30 ottobre, nell’adattamento teatrale di Emanuele Trevi e con la regia di Roberto Andò, con una straordinaria compagnia di interpreti, tra questi Andrea Renzi, Gea Martire, Paolo Mazzarelli, Paolo Cresta, Giovanni Ludeno, Aurora Quattrocchi, Marcello Romolo, Giancarlo Cosentino e tanti altri


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Grande attesa per la prima assoluta al Teatro Mercadante di Napoli, mercoledì 19 ottobre alle 21.00, dello spettacolo Ferito a morte, di Raffaele La Capria Premio Strega nel 1961, nell’adattamento teatrale firmato da Emanuele Trevi e la regia di Roberto Andò. In scena una straordinaria compagnia di interpreti capitanata da Andrea Renzi nel ruolo del protagonista, Massimo, Gea Martirein quello della Sig.a De Luca, Paolo Mazzarelli Sasà,Paolo Cresta Gaetano, Giovanni Ludeno Ninì, Aurora Quattrocchi la Nonna, Marcello Romolo Zio Umberto, Giancarlo Cosentino il Sig. De Luca, Matteo Cecchi Cocò, Lorenzo Parrotto Guidino, Antonio Elia Glauco, Sabatino Trombetta Massimo da giovane, Rebecca Furfaro Betty,Laure Valentinelli Carla, Clio Cipolletta Assuntina, Vincenzo Pasquariello il Cameriere. Repliche fino a domenica 30 ottobre e poi in tournée a Modena, Torino, Perugia, Roma, Milano, Cesena, Genova. Le scene e le luci sono firmate da Gianni Carluccio, i costumi di Daniela Cernigliaro, il suono di Hubert Westkemper e i video di Luca Scarzella. La produzione dello spettacolo è del Teatro di Napoli-Teatro Nazionale, Fondazione Campania dei Festival, Emilia Romagna Teatro ERT-Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale.

E’ dunque affidata a Ferito a Morte, il grande romanzo scritto nel 1961 da Raffaele La Capria, da pochi mesi scomparso sulla soglia dei 100 anni, l’apertura della Stagione Teatrale 2022/2023 del Teatro di Napoli-Teatro Nazionale. Lo scrittore avrebbe tanto desiderato vederlo rappresentato ed è proprio ad Andò durante un incontro a Napoli che avrebbe chiesto di metterlo in scena.

«Forse il grande tema di Ferito a morte è il tempo, l’irretimento e l’abbandono che convivono in modo speciale nel nostro modo di sostarvi dentro – scrive Roberto Andò –  nella nostra coscienza del suo scorrere incessante fuori e dentro di noi. Ferito a morte è un romanzo divenuto molto presto un classico. Di tutto quello che ho letto mi è rimasta una memoria molto viva del commento di Domenico Starnone – continua – lì dove dice che “L’impressione più duratura di quella prima lettura fu la confusione emozionante delle voci. Mi sembrò di finire dentro la radio mentre qualcuno gira la manopola e l’asta scorre attraverso le stazioni. Ma con mia meraviglia tutto era comprensibile. Scoprivo e insieme riconoscevo luoghi, sensazioni, persone, formulari, toni, la mia stessa città. Insomma, c’era racconto, ma era un modo assolutamente diverso di raccontare. Era – mi sembrò – un modo assai più vero”. Poi il regista continua: “E probabilmente quello che più mi attrae, da scrittore e uomo di teatro, in Ferito a morte è proprio “il tentativo riuscito di raccontare la vita che succede prima ancora che diventi racconto, e la malinconia di raccontarla quando ormai lo è diventata”, come scrive ancora Starnone”.

Un romanzo divenuto cult della letteratura italiana del ‘900, amato da tante generazioni, un libro insomma di iniziazione, caleidoscopio di voci, flusso di coscienza che racconta “la bella giornata”, la fuga da Napoli e la nostalgia, le occasioni mancate di una generazione, di una città inafferrabile.

“Non sono il primo che porta un romanzo a teatro – scrive ancora il regista –  basterebbe citare l’esempio del Pasticciaccio di Gadda con la regia di Luca Ronconi, per rintracciare un solco solido e riconoscibile. Ma perché un romanzo per fare teatro? Lasciatemi ancora far parlare Starnone: “I tratti fisici dei personaggi e delle figure chiacchierine erano nitidissimi e tuttavia non definiti, solo nomi e voci che subito lasciavano il posto ad altre tracce di nomi e di voci. Gli ambienti appena tratteggiati si dissolvevano in altri ambienti. L’ora, l’anno si confondevano con altre ore e anni del passato e del futuro. Tutto pareva chiuso in un cerchio luminosissimo, precariamente attraversato dalle parole, dalle presenze umane, storie e Storia bruciate da un eccesso di esposizione alla luce”.

Come ogni racconto del tempo che passa – anche se tutto si svolge in una sola giornata – il romanzo di La Capria, in modo del tutto originale e unico, è attraversato dai fantasmi della Storia. In questo senso è anche un libro sul fallimento della borghesia meridionale, sul marciume corrosivo del denaro, sullo sciupio del sesso, sul disfacimento della città all’unisono con chi la abita, sulla logorrea e la megalomania, sul piacere di apparire e fingersi diversi da come si è. Soprattutto è una storia, come ha scritto Leonardo Colombati, che non ha principio né fine. Per adattare (parola che da sempre mi sembra imprecisa o inadeguata) questo grande romanzo al teatro ho chiesto l’aiuto di uno scrittore come Emanuele Trevi, da sempre dedito nei suoi bellissimi libri a riportare in vita ciò che è scomparso, a riacciuffare quel punto della vita che altrimenti sarebbe condannato a svanire per sempre”.

“E’ come far rivivere ancora tra di noi Dudù” ha concluso Roberto Andò:

www.teatrodinapoli.it

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