Von Gogh, il petrolio e la fine imminente del mondo

Quando ho letto la notizia di quei due deficienti che si sono recati alla National Gallery di Londra e si sono incollati le mani alle pareti, non sono neanche riuscito a meravigliarmi troppo, ho più che altro provato un senso di sgomento trattenuto


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In cosa si traduce l’influenza che la deriva presa al pianeta in cui viviamo da che a guidare la macchina è l’uomo, diciamo in quello che oggi convenzionalmente chiamiamo Antropocene? Mi spiego, a parte il riscaldamento del pianeta, con i cambiamenti climatici, le pandemie e via discorrendo, c’è un effetto sul quotidiano di cui magari potremmo anche non esserci accorti?
Va beh, non la tiro ulteriormente per le lunghe, questo è un incipit a tesi, faccio delle domande retoriche al solo scopo di portarvi dove ho apparecchiato un buffet, così da convincermi agevolmente delle mie ragioni. Quel che volevo dire, la taglio corta, è che è impensabile che tutto questo delirio nel quale abbiamo gettato la Terra, chiamatela Gea, Gaia o come vi pare, non stia causando conseguenze anche su di noi umani, conseguenze che vadano più nello specifico del trovarci sommersi sotto una bomba d’acqua anche se non viviamo ai Caraibi o, meno dannoso ma altrettanto inquietante, dal venir morsi da zanzare sotto le feste di Natale. Credo, qui volevo andare a parare, che tutto questo abusare del nostro esserci autoproclamata padroni di casa nel pianeta Terra ci abbia portato, oltre che a starcene due anni in casa a causa di una pandemia uscita di sana pianta da un laboratorio e a dover armare di remi i nostri Suv, a una sorta di delirio collettivo, quello che esterniamo quotidianamente sui social, dove polarizziamo qualsiasi argomento, trasformando ogni minimo passaggio della cronaca in polemiche lancinanti, bianchi o neri, e dove la nostra tenuta in termini di pazienza è ormai più esigua della coltre di ghiaccio che si trova sulla Marmolada. Sbrocchiamo di continuo, anche su argomenti che non dovrebbero neanche smuoversi un lieve sorriso. Diciamo cose che un tempo neanche avremmo pensato senza provare immediatamente imbarazzo, e lo facciamo apertamente, lasciando traccia del nostro dire e del nostro agire a futura memoria.
In tutto questo, quel che appare forse anche più agghiacciante, lasciamo che il nostro dire e agire influenzi le nuove generazioni, che nel mentre hanno iniziato a chiamare boomer chiunque provi a passare loro un minimo di informazione o esperienza, mandando in vacca secoli di sociologia e pedagogia e azzerando di sana pianta l’idea stessa di generazione.
Per questo, o anche per questo, quando ho letto la notizia di quei due deficienti che si sono recati alla National Gallery di Londra e, dopo aver gettato una zuppa sui Girasoli di Van Gogh, si sono incollati le mani alle pareti, richiedendo a gran voce che si fermasse qualsiasi nuovo progetto relativo a petrolio o al gas non sono neanche riuscito a meravigliarmi troppo, ho più che altro provato un senso di sgomento trattenuto. Perché, mi sono inizialmente chiesto, due cretini molto giovani dovrebbero pensare che imbrattare un’opera d’arte al grido di “Avete più a cuore l’arte o la vita? Siete più interessati a proteggere un dipinto o il pianeta?” sia un gesto riconducibile a una forma di protesta contro l’accanimento verso il summenzionato pianeta? Perché, mi sono chiesto poi, stante che i due più che attivisti andrebbero chiamati coglioni, l’idea di rovinare qualcosa di bello non li ha indotti a capire che la loro mossa non era solo stupida, ma dannosa anche per loro stessi, che di quella bellezza non avrebbero potuto più beneficiare? Poi mi sono detto che il motivo, oltre una ignoranza crescente, irrefrenabile, e un senso di apocalisse imminente tale da non far star lì a pensare alle conseguenze del proprio agire, tanto a breve saremo tutti morti, era quel nostro, parlo di tutti noi boomer, continuo riportare qualsiasi discorso al valore, e per valore intendo ormai solo valore economico, come del resto la veicolazione di data notizia dimostra. Nessuno ha parlato appunto di bellezza, di capolavoro, di gesto folle perché atto a mutilare un patrimonio artistico. Tutti si sono soffermati sul valore economico dell’opera custodito nel museo londinese, quello che spesso ci fa sospirare per il fatto di avere un ingresso gratuito, sorte condivisa con tutti i musei pubblici britannici, ottanta milioni di sterline. Come se fosse quella cifra, certo esorbitante, a rendere un capolavoro l’opera di Van Gogh, e non viceversa, l’essere un capolavoro comportare un valore anche economico. I due cretinetti che si sono incollati alle pareti della Nationa Gallery devono aver pensato che un gesto contro un patrimonio pubblico avrebbe attirato attenzione, e si sono rivolti contro qualcosa cui potevano arrivare facilmente, un’opera esposta in un museo che neanche richiede un biglietto d’ingresso. Ottanta milioni di sterline messi a rischio, mica un capolavoro assoluto della pittura, per altro opera di un artista che, è storia, è morto negli stenti, figuriamoci se proprio Van Gogh avrebbe mai potuto immaginare che un giorno un suo quadro sarebbe stato sfregiato solo per il suo valore economico. Chiaramente, da boomer, leggere queste cose mi immalinconisce e la prima reazione che avrei, non fossi poi impigrito dal vivere contemporaneo, magari anche da quell’inquinamento cui facevo riferimento in partenza, quello che obnubila la lucidità dei giovani come i due cretini e che nel mio caso mi fa star qui a poltrire sul divano, malinconico, chiaramente, la prima reazione che avrei, però, sarebbe di scendere in strada, infilare nel serbatoio della mia monovolume dell’olio di colza e andare in giro per la città, inquinando il più possibile, anche io schierato d’ufficio tra Guelfi e Ghibellini, ma è pensiero di un attimo, giusto il tempo di realizzare che la bellezza è in grado di sopravvivere a tutto, anche alla nostra imminente sparizione dal pianeta Terra, che abbiamo contribuito a uccidere, o meglio, da cui abbiamo preparato una nostra imminente fuoriuscita, il pianeta continuerà a esserci eccome, solo senza di noi. Visto mai che in un futuro prossimo, come in una scena di Io sono leggenda o del Pianeta delle scimmie, non ci sarà qualcuno, un sopravvissuto, un alieno, vallo sapere, un qualcuno che si aggirerà per la Londra disabitata del post- apocalisse e, entrato casualmente dentro la Nationa Gallery, magari alla ricerca di cibo o quel che è, vedrà questo dipinto restaurato, perché mi auguro proprio che lo rimetteranno a nuovo prima della fine del mondo, e aguzzando bene lo sguardo si chiederà, “ma di chi sono le mani incollate al muro proprio di fianco al quadro?”, aggiungendo poi “gente strana che era la razza umana prima della fine del mondo”.

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