Volevo Magia dei Verdena, l’indie che profuma ancora di fuzz tra archetipi stoner e lucentezza acustica (recensione)

Gli echi di Requiem fanno ancora rumore. Non ci sono i "nuovi Verdena", ci sono i Verdena e basta. Ecco la nostra recensione di Volevo Magia

volevo magia dei verdena

Ph: Paolo De Francesco/Wikimedia


INTERAZIONI: 83

Quando Volevo Magia dei Verdena è stato annunciato, il trauma del doppio volume Endkadenz (2015) era ancora forte. Un trauma soprattutto per i tre di Albino (BG), che hanno ammesso – specialmente Alberto Ferrari – di aver azzardato un po’, con quel progetto. Del resto, con Wow (2011) i Verdena avevano trovato una nuova catarsi, ma c’era tutta un’ossessione logistica da smaltire.

Eppure i più severi con Endkadenz sono stati proprio loro, e certamente quel doppio volume avrebbe meritato di più se alcuni pezzi fossero rimasti fuori dalla tracklist. I Verdena, però, si fanno perdonare.

Volevo Magia arriva 7 anni dopo, anticipato da Chaise Longue che ha regalato ai fan quell’assaggio acustico-nervoso che però ha un po’ ingannato tutti: il disco è uno scontro frontale tra i Melvins, Lucio Battisti (sempre lui, fortissimamente lui) e i Beatles (sempre loro, fortissimamente loro) dal quale tutti escono illesi. Forte è la presenza del fuzz, la distorsione preferita dal Ferrari cantante, ed è un piacere ritrovare il Luca Ferrari ancora fedele alle frustate violente di Dale Crover.

La piacevole sorpresa è anche nel basso di Roberta Sammarelli, più definito (specialmente in X Sempre Assente) come in quei rari episodi che sono Solo Un Grande Sasso pt. 1 (da Miami Safari EP) e Fluido (da Canos EP) e Lui Gareggia (Wow). Il risultato è un disco sanguigno come ogni provincia che si rispetti, dove lo stoner e l’unplugged sopravvivono alla fame creativa che la band non ha mai saziato.

Ascoltato in cuffia, Volevo Magia dei Verdena nasconde suoni buttati lì di sottecchi che quasi fanno venire fuori canzoni chiuse in soffitta come la Bertha Mason di Jane Eyre. Dissonanze (Dialobik) ed esplosioni, poi, trasformano i brani in multipiano del songwriting. Ne è l’esempio Chaise Longue, certamente, ma anche quando si rispetta lo schema canzone va tutto meglio.

Paul E Linda è blues rock à la Dolce Di Giorno battistiana, la title-track è un dito medio all’hardcore melodico californiano, ma in Volevo Magia dei Verdena c’è ancora una traccia di Requiem (2007): parliamo di Pascolare e Paladini, senza tralasciare Crystal Ball che ha tanto da farci sollazzare per quei flam di Luca Ferrari e gli accenti spostati (molto meglio di Derek di Endkadenz, molto meglio).

Volevo Magia
  • cd e vinili, musica, distribuito da universal music italia
  • Audio CD – Audiobook

La bellezza, poi, è tutta in Sui Ghiacciai – che è ciò che rimane da Nevischio (Endkadenz) – e Nei Rami, ultima traccia anticipata da quel decollo allucinato che è Sino A Notte, trascinante come poche.

Grazie a Cielo Super Acceso ritorniamo per qualche minuto negli anni ’90 e rendiamo grazie. Per questo Volevo Magia dei Verdena è quel disco di cui avevamo bisogno senza saperlo, 13 tracce che riascolti e di cui non ne trovi una fuori posto, non una superflua.

Dimentichiamoci di Requiem, perché chi scrive non riesce a rassegnarsi all’impareggiabile. Ricordiamoci di Volevo Magia, che è un glorioso ritorno.

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