Storie di cavalli e rane del legno

Siamo in un epoca musicale davvero orrenda così ho deciso di provare a fare come la rana del legno, ibernarmi sfruttando lo zucchero nel sangue aspettando che tutto questo inverno tremendo passi

Bufo bufo. Locality: Castel del Piano (GR), Tuscany, Italy.


INTERAZIONI: 69

Non sono aggiornatissimo sulle mode, di qualsiasi tipo di mode si tratti. Non so quale siano i colori che vanno per la maggiore quest’anno, non conosco i locali nei quali è fondamentale andare a prendere l’aperitivo oggi, fatico anche a conoscere le musiche che imperano su Tik Tok, nonostante questo sarebbe il mio lavoro. So però che ci sono dei cibi o comunque dei prodotti che in ambito alimentare vivono stagioni particolarmente pimpanti, salvo poi, fortunatamente, rientrare nei ranghi, a volte addirittura sparire nel dimenticatoio.

Se penso agli anni Ottanta, per dire, e ci penso relativamente al cibo, non posso che visualizzare un piatto di pennette alla vodka, o maccheroncini al fumé, questo senza dover poi star qui a fare chissà quanti altri esempi. Abbiamo tutti ben in mente di cosa sto parlando, si tratti della rucola, che per qualche tempo ci siamo trovati anche nei dolci, o dell’aceto balsamico di Modena, mode destinate a scomparire, o diventare quantomeno gestibili. Una delle ultime, e non saprei dire se è già rientrata o ancora in vigore, è quella dello zenzero. Da raro e esotico, infatti, questo particolare tubero dal sapore piccante, è di colpo diventato infestante, presente in tisane come in insalate, ma praticamente insinuatosi in ogni pertugio come l’acqua quando si infiltra a causa di un tubo rotto dell’impianto idraulico di casa. A parte il cantarne le proprietà benefiche davvero ascrivibili a qualsiasi campo delle attività umane, dalla ritenzione idrica al vigore sessuale, lo zenzero, credo, ha beneficiato soprattutto del fatto di essere di colpo comparso nei banconi dei nostri supermercati, al fianco delle frutta e, appunto, dell’ormai non cagata rucola. Seppur io abbia sempre nutrito diffidenza rispetto quei prodotti che di colpo ci ritroviamo un po’ ovunque, sarà la mia forte avversione generica al mainstream, nella musica come in qualsiasi area dello scibile umano, confesso di aver più volte sorseggiato infusi a base di zenzero, a volte, ma magari era suggestione, anche trovandone gradevole il gusto.

Questo almeno fino a stamattina, quando, di colpo, è accaduto un fatto che non mi permetterà più di avvicinarmi allo zenzero con lo stesso sguardo innocente di prima, esattamente, immagino, come chi a Pasqua posta un po’ ovunque video di agnellini mandati al macello vorrebbe indurre in chi è intenzionato a abbuffarsene, uso il condizionale perché io quei video li ho visti ma in me non hanno sortito alcun effetto. Stamattina, comunque sia, me ne stavo al bar con un mio caro amico, mastru Brunu, quando a un certo punto, dopo che un topo anche di dimensioni piuttosto consistenti mi è passato correndo tra i piedi, il bar a cui eravamo seduti è dotato di tavolini all’aperto, ciò non di meno la cosa mi ha fatto sufficientemente schifo, lui si è sentito in dovere di iniziare a parlare di animali, ben sapendo come l’argomento mi sia caro. Lo ha fatto, per altro, andando a raccontarmi qualcosa riguardo i cavalli, lui che è stato il responsabile della pubblicazione del mio scritto riguardo i cavalli che affogano dal culo. Non solo, lo ha fatto andando a raccontarmi qualcosa riguardo i cavalli e anche i loro culi, e si sarà notato che in questo mio scrivere dei cavalli si finisce sempre a parlare di culi, sia che si tratti della faccenda di come non siano in grado di chiudere lo sfintere, in acqua, sia che riguardi della pratica a mio avviso barbaro di lasciare che alcuni esemplari equini diventino cavie viventi degli studenti di veterinaria, lì a infilare loro un braccio in culo ogni santo giorno, come in una versione equina e attualizzata del mito di Prometeo. In sostanza la faccenda è questa, il mio amico l’ha presa larga, ma decisamente meno larga di quanto non sia solito prenderla io. Mi ha detto, qualcosa che suonava così, parola più parola meno: “Hai presente lo zenzero, vero?”. Ovvio che ho presente lo zenzero, vivo a Milano, e che cazzo. “Ecco, mi è stato detto che lo zenzero viene usato coi cavalli per farli sembrare più giovani, in fase di vendita”. Fino a qui, direbbe il protagonista de L’odio di Matthieu Kassovitz, tutto bene. Ma per poco, molto meno di cinquanta piani, a occhio, perché il mio amico ha subito proseguito. “In pratica succede che prendano un po’ di zenzero, tolgano la buccia o come si chiama lo strato duro che lo protegge, e poi glielo infilino nel culo, strofinando ben benino. Il cavallo prova un grande bruciore, che lo innervosisce, facendolo apparire agli occhi di ipotetici acquirenti assai più vitale di quanto non sia in realtà.” Non contento di avermi aperto questo mondo, mastru Brunu, lo chiamo così perché io e lui siamo soliti scriverci messaggi nei quali sostituiamo le ultime vocali delle parole con una u, lui è calabrese, ha chiosato aggiungendo, “sai, no, che spesso lo zenzero viene usato in pratiche erotiche, perché infilato nel culo crea bruciore?”. Non lo sapevo, ho detto, e non saprei ora qui dire se è più l’idea che lo zenzero venga usato per rivitalizzare i cavalli anziani al fine di spacciarli per giovani puledri o quella che qualcuno, magari anche qualcuno che conosco, e che magari sta leggendo queste mie parole, lo usi per provare quel misto di piacere e dolore che non sempre è distinguibile, lungi da me lasciarmi andare a giudizi morali, ne faccio proprio una questione pragmatica, quel che a qualcuno sta bene nel culo, io, personalmente, preferisco non averlo in bocca, e senza bisogno di star qui a aprire dibattito.

La faccenda dello zafferano che, introdotto nel culo dei cavalli, li rivitalizza e li ringiovanisce, almeno momentaneamente, un po’ come i famosi risvegli dell’omonimo libro di Oliver Sachs, nonché del film com Robin Williams e Bob De Niro, miracolosi ma momentanei, mi ha ovviamente indotto a fare ragionamenti, consentitemi con un certo grado di autoindulgenza di usare questo termine, riguardo quel che a volte succede nel mondo della musica. Ci sono cavalli, questo ho cominciato a pensare, avendo i loro volti e i loro nomi ben chiari in mente, che in un contesto naturale, dando alla natura certo un senso quantomai antropocentrico, sarebbero da portare al macello, un colpo di pistola alla nuca, e via. Non si uccidono così anche i cavalli?, il titolo del mio ragionamento. Cavalli azzoppati, o quantomeno privi di qualsiasi tipo di carica vitale, stanchi per gli anni, o semplicemente perché, di fronte alla vuota e anche mesta girandola di beceri input che oggi sono in circolo restano ancorati a una vecchia idea di arte, fatta di tempi lunghi, di cura, a volte anche di messaggi. Intendiamoci, nel pensare ciò, credo non servano disegnini, mi sono sentito particolarmente triste, perché io sto sempre, per dirla con il Giovanni Truppi del brano Niente a parte l’amore, dalla parte di chi perde, quindi ovvio che di fronte ai numeri miliardari o milionari di chi oggi impera su Spotify, spesso con canzoni che non ascolterei neanche se mi infilassero zenzero nel culo, io sono portato a stare naturalmente dalla parte di chi è stato superato dalla contemporaneità, anche con un certo orgoglio, perché la contemporaneità mi fa orrore. Ma pensando all’oggi, e pensando ai cantanti come ai cavalli, ecco che mi è venuto di dirmi questo, tra me e me, ci sono artisti che oggi dovrebbero finire al macello. Ma, e qui torniamo al racconto di mastru Brunu, ci sono artisti che, di loro spontanea volontà o spinti dai loro discografici, di essere abbattuti neanche ci pensano, e preferiscono, sottile metafora, a farsi sfregare ben bene il buco del culo con un po’ di zenzero, nello specifico quella musichetta orribile e bidimensionale che usa oggi, magari col feat di uno degli alfieri di quella medesima musichetta, come a volersi rivitalizzare, o, orrore nell’orrore, fingersi giovani e ancora vivi. Certo, l’idea di cantanti i cui nomi e volti ho ben in mente, e suppongo così è anche per voi, che pur di non mollare in teoria il proprio status quo, sono disposti a fare un uso discutibile del proprio culo e dello zenzero non ha certo contribuito a farmi tornare indietro riguardo la decisione di non farne mai più uso, anche se a ben vedere è loro che non dovrebbero più abusarne, anche perché, questo è sotto gli occhi e gli orecchi di tutti, non esiste neanche un caso in cui lo zenzero nel culo dei cantanti abbia in effetti lo stesso effetto truffaldino che ha in quello dei cavalli, pensate alle tante collaborazioni intergenerazionali cui avete assistito negli ultimi anni e soprattutto pensate a quanti boomer hanno provato a prendere un pubblico giovane scimmiottando gli artisti della Gen Z, passando invece solo per patetici wannabe fuori tempo massimo e lo capirete bene da voi. Ripeto, non credo serva fare qualche nome, avete tutti in mente Laura Pausini che chiede aiuto a Madame o Fiorella Mannoia che chiede aiuto a Ultimo, non servono né didascalie né disegnini.

Di fronte a questo spettacolo, converrete, uno dovrebbe essere portato a lasciarsi andare a una qualche forma di disperazione. O magari semplicemente di rassegnata presa di coscienza che il tempo passa in effetti ineffabile. Non sto parlando degli artisti, ovviamente, parlo di me e di chi è chiamato per lavoro a constatare lo stato dell’arte, o a parafrasare, a dichiararne l’avvenuto decesso come in certe puntate di Grey’s Anatomy. Siamo in un oggi orrendo, meglio andare sul pak come un eschimese anziano e aspettare sul pack che arrivi la morte piuttosto che andare in giro circondati da gente col culo in fiamme.

Fortunatamente, si fa per dire, è la stessa natura che l’uomo prova a contraffare a suon di zenzero a venirmi in soccorso, porgendomi amorevolmente esempi di animali che hanno trovato soluzioni radicali a situazioni altrettanto complicate.

Penso alla rana del legno, nome scientifico Lithobates sylvaticus, un piccolo anfibio che vive tra Canada e Alaska, che ha escogitato un metodo piuttosto estroso per sopravvivere al drastico calo delle temperature durante gli inverni in quelle lande. Non avendo modo di svolgere attività, compresa quella di procacciarsi il cibo, la rana del legno si iberna, riuscendo così a arrivare viva alla primavera. Per farlo, arrivando a congelare circa il settanta percento del proprio corpo, la rana del legno secerne naturalmente una sorta di antigelo nel sistema circolatorio, arrivando appunto all’ibernazione. L’antigelo è in realtà il glicoceno accumulato nei mesi caldi nel fegato, e questo, unito all’azzeramento dei parametri vitali, nessuna necessità di respirare, nessun battito cardiaco, totale assenza di attività cerebrale, e soprattutto unito all’indurimento della superficie, in grado di resistere a colpi e intemperie in quanto divenuta come legno, di qui il nome, fa sì che la rana possa arrivare viva e pronta a scongelarsi ai mesi più caldi. La rana del legno, anche per questo, è un animale molto studiato da biologi e zoologi, anche nel tentativo di carpirne segreti che potrebbero essere utili all’uomo per un futuro neanche troppo remoto. Perché se molti sono gli animali che vanno in letargo, e anche altri quelli che in qualche modo si ibernano, nessuno riesce a resistere a temperature tanto basse come la rana del legno, facendone un animale assolutamente da studiare. Io, per parte mia, ho deciso di provare a fare come la rana del legno, anche in virtù dei chili in eccesso messi da parte negli anni e consolidati da che è arrivata la pandemia e i miei dieci chilometri di moto quotidiani sono andati a farsi benedire, cioè ibernarmi sfruttando lo zucchero nel sangue aspettando che tutto questo inverno tremendo, parlo di musica, ma pensatemi come fossi Jon Snow del Trono di spade. L’inverno è già arrivato, ma venderò cara la pellaccia.