La confessione di Pupo su Gianni Morandi: “Vi racconto come mi ha salvato”

Pupo non dimentica il grande gesto che fece per lui Gianni Morandi. Ecco il suo racconto

pupo su gianni morandi

Ph: Leo Perrella/Wikimedia


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Con la confessione di Pupo su Gianni Morandi si aggiunge un tassello alla storia artistica e personale dell’“eroe di Ponticino, deh” – cogliete la citazione – che nell’ultima intervista rilasciata al Corriere Della Sera si è messo a nudo per raccontarsi.

Quando pensiamo a Pupo ci vengono in mente 3 cose: Su Di Noi, la poligamia e i problemi legati al gioco d’azzardo. Sul primo aspetto non abbiamo dubbi: Enzo Ghinazzi – questo il nome di battesimo – arriva al terzo posto al Festival di Sanremo 1980 proprio con questo brano e diventa popolare.

In quel tempo Ghinazzi è sotto contratto con la Baby Records di Freddy Naggiar, al quale riconosce un merito importante: “Mi ha immaginato e poi costruito”, ma il loro sodalizio termina nel 1982. “Ha sottovalutato la mia durata”, si sfoga Pupo prima di ricordare l’incontro con Umberto Chiaramonte, il suo attuale manager che 25 anni fa lo ha condotto verso il “riposizionamento artistico”.

Sulla poligamia Pupo non ha dubbi: “Mi invidiano? Fanno male, dice il cantautore che non nasconde una certa sofferenza in quanto il suo percorso sentimentale non è stato affatto facile. Oggi Enzo Ghinazzi è un uomo felice e appagato, ma soprattutto grato alla vita per essersi sollevato da tutte le difficoltà.

Pupo deve tanto alla moglie e all’amante con le quali condivide un unico tetto, ma alla lunga lista di incontri fortunati aggiunge il nome di Gianni Morandi.

Negli anni ’80, come è noto, Pupo ha avuto grossi problemi con il gioco d’azzardo. Una notte, a bordo della sua jaguar, stava percorrendo un viadotto al confine tra l’Emilia e la Toscana. Era di rientro dal Casinò di Venezia ed era strozzato dai debiti, per questo pensò di fermarsi e farla finita. Fortunatamente Pupo ci ripensò, e in questo contesto entrò in gioco Gianni Morandi:

“Oltre ad avermi aiutato economicamente, mi ha anche spesso insultato e strapazzato sbattendomi in faccia quel che ero: un poco di buono, un delinquente perché tradivo le attese di mia madre e dei miei amici. Io, lui, il nostro commercialista Oliviero Franceschi e Gianmarco Mazzi eravamo in società. Una società che gestiva la mia attività e che oggi appartiene totalmente a me”.

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