Dimostrando un senso istituzionale e morale al di sotto dello zero, il ministro Speranza ha tentato di sabotare i referendum sulla Giustizia, in programma domenica prossima, imponendo misure da dittatura bananifera per chi intendesse recarsi al seggio. Come preteso dal PD, che sulla magistratura ha il controllo, e dalla intrattenitrice di regime Littizzetto che invitava qualunquisticamente ad occuparsi d’altro. Alla fine, dopo furibonde polemiche, un accordo fra il ministro di Polizia, Lamorgese, e lo stesso Speranza ha rivisto l’obbligo, degradandolo a “consiglio”. Ma c’è da scommettere che parecchi presidenti di seggio particolarmente zelanti troveranno ogni provocazione per rendere difficile la consultazione. Dove invece tutto resta com’è, e ha dell’incredibile, è sulle mascherine a scuola. Anche a scuola finita. Il governo, rabbiosamente, non si arrende e le impone per gli esami di maturità, anche se candidati e commissioni saranno schiacciate sotto 35 gradi di calore. Almeno agli scritti, è notizia dell’ultim’ora. Agli orali no “perchè il candidato sarà ad almeno due metri dalla commissione”.
Misura pazzesca, due volte assurda: agli scritti sì agli orali no. Misura inutile, unica nell’universo mondo, a pandemia praticamente evaporata: questo dice “la scienza”, ma la scienza il regime la invoca quando gli comoda, altrimenti la ignora bellamente. Siccome gli zdanoviani e gli zelanti non bastano mai, a puntellare una vessazione infame è arrivato il TAR del Lazio, questo organo che di fatto è un prolungamento della burocrazia di potere, che ha bocciato il ricorso del Codacons, sordo ad ogni ragionamento, spirito pratico, pietà umana. Non c’è base scientifica che regga il ricorso a questi lacerti di stoffa, che fanno malissimo e non arginano niente, a maggior ragione trattandosi di un contagio che non c’è quasi più, col grossissimo della popolazione vaccinata in un modo o nell’altro, con la fase estiva che, sempre a detta della “scienza”, annichilisce il virus.
Niente. Ormai non lo nascondono più, la maschera è una pura forma di controllo sociale, e, per le menti più fragili, una sorta di feticcio, un amuleto per la scaramanzia: “Lo so che non serve ma non si sa mai”. E passi per gli entusiasti aspiranti suicidi che ancora si soffocano, da soli, in macchina, a finestrini chiusi, con la pezza in faccia: scelta loro, patologie loro. Ma imporle a qualche centinaio di migliaia di adolescenti, pregiudicando la loro lucidità in una prova cruciale per la loro crescita, è qualcosa di talmente nefasto da ricordare davvero il balzo in avanti, la rivoluzione culturale di Mao. Che lasciò macerie formative per decenni.
Speranza, a Mao non fa mistero di ispirarsi; procede di conseguenza, scortato dal TAR, dal ministro dell’IStruzione Bianchi, per il quale le mascherine sono una dimostrazione di forza dal regime e di obbedienza nella popolazione, e, incredibilmente, dal presidente dei presidi italiani, Antonello Giannelli: “Esprimo la mia soddisfazione per l’esito giudiziario e spero vivamente che la decisione del TAR Lazio chiuda definitivamente questa controversia. Come ho già avuto modo di dire, trovo che queste continue polemiche sull’utilizzo delle mascherine siano inutili e antieducative oltre che assolutamente inadeguate alla gravità dei tempi che stiamo vivendo”. Inutile chiedersi a quale partito si ispiri questo Giannelli, che nella sua scuola avrà forse instaurato la mezz’ora di ginnastica mattutina, come in Cina. Siamo all’ortodossia illogica, oltre che ipocrita: ormai i ragazzi possono andare a ballare, in giro, a mangiare la pizza senza “protezione”, ma nelle loro scuole arroventate no, solo lì potrebbero infettarsi cioè prendersi un raffreddore. In compenso, si prenderanno sicuramente asme, infezioni, colpi di calore, svenimenti, allucinazioni. Agli scritti, agli orali poi guariscono.
Purtroppo, se le responsabilità di un regime al limite del carognesco sono chiare, non lo sono meno quelle di una opposizione che non c’è, dentro o fuori dal governo che si trovi. Ma c’è da capire: se uno si azzarda a dire qualcosa di sgradito, di sgradevole, capace che partono i dossier, con il che si torna alla magistratura orientata, ai referendum da sabotare, all’immobilità del tutto. La vergogna non ha limite e non ha vergogna, i disagi, colossali, feroci, di due anni infernali negli istituti italiani non sono ancora stati raccontati a dovere ma hanno scatenato epidemie, queste sì, di alienazione, di disperazione, di depressione sfociata in conseguenze spesso drammatiche: è insospettato, per dire, il numero di insegnanti che in questi mesi di impossibile vivere sono cascati nella spirale dell’alcoolismo, per non dire dei giovani e giovanissimi sempre più inclini alla rabbia, alla violenza di ritorno, al rifiuto sociale. Effetti che resteranno a lungo termine, se non per sempre, originando una nuova generazione di cittadini peggio che problematici. Ma tanto zelo non pare fine a se stesso: già si sente il gracchiare di consiglieri, virologi, opinionisti opportunisti che invocano nuovi contagi, non importa se originati da scimme, cinghiali, scarafaggi o rinoceronti. Insomma ci riproveranno, per cui conviene tenere tutti nella condizione psicologica della minaccia che prepara l’inevitabilità: che nessuno si faccia venire strane idee, la libertà è una cosa passata, del secolo scorso, un’utopia da cancellare una volta e per sempre. Decide lo stato, chi non si piega farà la fine che deve. Ossequio non al buon senso ma alla follia. Non è una questione di morbo ma di sudditanza, non c’entra la sicurezza ma la viltà. Fiducia non nella scienza ma in Speranza e negli affaristi, nei parassiti, nei leccaculo, negli stupidi che sotto ogni regime non mancano mai ed anzi proliferano. Sono loro i veri virus. C’è una gran voglia – condivisa, diffusa – di Panopticon, di isolamento da 41 bis, di esperimento sociale sempre più simile alla cura Ludovico di Arancia Meccanica. Con la differenza che i Drughi, a petto di questi del governo, erano una confraternita di boy scout.