Rubare il posto ai disabili? Per Pasqua c’è più gusto

La sostanza è quella della società infame che non si ferma davanti a niente


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L’altra faccia della “Pasqua della ripartenza” è la Pasqua dell’indecenza: a Genova 27 disabili con rispettivi accompagnatori cacciati da un treno dai vacanzieri di ritorno a Milano. La superficie è quella dei telegiornali di regime, che ostentano famiglie felici sparse per il Paese dalle Alpi al Lilibeo, per dire che il peggio è alle spalle, Draghi ha salvato l’Italia e il futuro è radioso. La sostanza è quella della società infame che non si ferma davanti a niente. Neanche a una comitiva di persone sfortunate, dette “diversamente abili”, ma, in privato o sul treno, “gli spastici” e “i deficienti” e qui lo squallore di chi lascia la macchina nel parcheggio riservato impallidisce davanti alla feccia che usurpa posti e diritti per un viaggio intero. A completare l’opera c’è che il convoglio era un ripiego, quello originario allegramente devastato da alcune giovani risorse che si erano divertite a sfasciarlo qua e là. Per questo Trenitalia aveva fornito bus di linea per il ritorno nella metropoli: ci son finiti i disabili, che avevano il treno riservato; i sani, di ritorno dalla Riviera, non si sono mossi neanche davanti agli agenti della Polfer. Avanti Savoia, poi in vagone tutti a twittare per i diritti umani e anche per il Donbass. Con le parole giuste, che le parole sono importanti, un asterisco, una vocale capovolta, una formula gesuitica fanno la differenza. Le apparenze innanzitutto.
Il Paese virtuale contro il Paese reale. L’idillio di chi ringrazia per la libertà ricondizionata dopo due anni e due Pasque, e la rabbia cialtrona di chi non guarda in faccia nessuno e impone la legge dell’arroganza e del disprezzo. Ed è inutile che i giornali lancino titoli come “vergogna”, “choc”: di scioccante non c’è niente, di sorprendente solo la pervicacia di un popolo che più affonda nel politicamente corretto e più si comporta come in un episodio dei “Nuovi mostri”. Con che coscienza hanno poggiato i loro culi su sedili che spettavano a persone dalla vita crudele? Con che coscienza saranno rincasati, avranno commentato con rabbia le ultime ingiustizie del mondo, saranno andati a dormire, avranno scopato? E, parlo per esperienza, un posto comodo per chi si muove a fatica o ragiona a fatica davvero fa la differenza, così come per una carrozzina un metro può essere un chilometro e uno scalino una montagna. Ma non facciamola lunga, tanto non serve, sono cose che ormai sappiamo a memoria così come sappiamo che non toccano veramente quasi nessuno.
Allora il reazionario che sono si scopre a sognare un posto immaginario, un po’ Giappone, un po’ Zaire, un po’ Atlantide. Dove, tanto per cominciare, le giovani risorse teppiste vengono prese e fatte sparire, modello Mobutu; dove i ladri di posti vengono identificati, presi e deportati; dove quelli della Polfer vengono chiamati a rapporto, umiliati e licenziati senza fiatare perché il loro dovere non possono farlo sempre solo con chi tiene una cazzo di mascherina storta; dove, a catena, i responsabili locali, regionali, nazionali delle Ferrovie fanno harakiri; dove il ministro dei Trasporti, si presenta alla Nazione, chiede scusa in lacrime e poi fa harakiri pure lui; dove il primo ministro si umilia, si assume ogni e ciascuna responsabilità dell’accaduto e fa harakiri totale. Non questa Italia da operetta dove il primo ministro, ossessionato con misure eversive, concede farneticanti interviste in cui, in soldoni, dice: non vedo l’ora che scoppi la prossima pandemia così posso tornare a rifare tutto, però questa volta cattivo. E non hanno ancora uno straccio di piano, non sanno cosa fare, sanno solo che vogliono il modello Shangai dove in ventisei milioni all’ennesimo lockdown hanno perso la testa e si ribellano perfino contro una polizia che va a prenderli a casa, li smista, li sposta in laogai, ammazza gli animali domestici, requisisce, distrugge con deliranti motivazioni ideologiche: “la strategia è la perseveranza”, che ricorda tanto il balzo culturale di Mao, scriteriato, da strage infinita. Ma la strategia del Covid zero, a costo di azzerare la popolazione, piace molto anche qua, tra i faccendieri e i propagandisti di Pechino, lungo quella “via della Seta” che tutti battono dal presidente Mattarella al clan d’Alema, al ministro Speranza, al consigliori Ricciardi che sogna nuovi coprifuoco. Però allegri, la Pasqua della ripartenza è andata alla grande.
Sì, ci vorrebbe un bel Paese mezzo Congo e mezzo Giappone dove un premier menzognero sparisce dalla circolazione anziché vantarsi della propria incapacità. Aveva scandito: non ti vaccini, ti ammali, muori – e già parve una provocazione insopportabile. Poi, per Pasqua, nell’uovo ha trovato la variante Omicron. Ti vaccini, ti ammali, non vai in Angola. Ci mandi Di Maio, che la cerca sul mappamondo in Cina. Poi va’ un po’ a stupirti che un’orda di vacanzieri svaccati possa cacciare ventisette disabili da un treno a loro riservato, nella totale accondiscenza di tutti, siccome un altro treno era stato vandalizzato da alcuni parassiti adolescenti annoiati. Va’ un po’ a stupirti se da due anni e due Pasque qui si ingoia tutto e il massimo della protesta è cantare “la gente come noi non molla mai”.