Il monologo di Sangiovanni a Le Iene e la terapia per “tornare a volare”

Ospite de Le Iene, Sangiovanni si racconta un toccante monologo in cui parla dell'importanza di chiedere aiuto

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PH: Ufficio stampa


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Fa riflettere e commuovere il monologo di Sangiovanni a Le Iene. Il cantante è stato ospite del programma TV Mediaset nella serata di mercoledì 13 aprile, accolto sul palco per un monologo.

Sangiovanni a Le Iene parla ai suoi coetanei, ma anche a tutti coloro che possono rispecchiarsi nelle sue parole. Parole di dolore e di speranza, che partono da una crisi per riflettere sull’importanza di chiedere aiuto.

In età adolescenziale, Sangiovanni si è sentito in difficoltà più volte. Non è stato ascoltato, non è stato compreso. L’amore per la musica lo ha aiutato molto, lo ha sostenuto in un percorso che lo ha portato a superando ansie e paure. Ma non solo la musica: anche la terapia.

Dopo il successo improvviso, in seguito al talent show Amici di Maria De Filippi, non ha avuto paura di chiedere aiuto e ricorrere alla psicoterapia per “tornare a volare”. Queste le sue parole:

“Ho iniziato a fare musica perché nessuno voleva ascoltarmi. Parlavo e nessuno capiva. Così ho iniziato a mettere in musica i miei pensieri. È stata la mia prima terapia: finalmente avevo qualcuno con cui dialogare, una voce che mi chiamava anche nel cuore della notte, che mi faceva battere il cuore, un orecchio a cui confidare ansie, problemi e paranoie, che improvvisamente svanivano. Ho chiesto aiuto alla musica e lei mi ha teso una mano. Mi ha permesso di volare“, racconta Sangiovanni a Le Iene.

Ma dopo la musica, è arrivata la terapia.

“Poi è arrivato il successo. È stato tutto enorme, anche le aspettative. Ansie, problemi e paranoie che la musica faceva svanire sono tornate. La soluzione era diventata il problema. Ovviamente mi è crollato il mondo addosso. Mi ha fatto cadere.  E un’altra volta ho dovuto chiedere aiuto, e cercare qualcuno che mi tendesse una mano. Sono andato in terapia”, aggiunge.

Poi spiega:

Ho pagato qualcuno per ascoltarmi. Non una madre, un padre o una fidanzata, ma qualcuno a cui puoi dir tutto senza il rischio di ferirlo, che non ti giudica, che sta lì per aiutarti a stare bene. Raccontarsi non è facile. Può essere doloroso. Ma la terapia è come la palestra: devi farla spesso e sentire la fatica, il sudore, i muscoli indolenziti. Sono sceso sul mio fondo e ho accettato la sofferenza che mi ci ha portato. E, anche se sono un privilegiato, so che ci saranno comunque momenti in cui soffrirò. Ma ho smesso di vergognarmene perché ho capito che in ogni forma di dolore c’è sempre una forma di dignità“, conclude prima delle battute finali. Chiedere aiuto non è una debolezza.

“A volte mi sento forte, più spesso non mi sento in grado, ma quando succede ho imparato che posso chiedere aiuto e che qualcuno mi tenderà una mano. Chiedere aiuto non è una debolezza ma una forza. Fatelo, per tornare a volare”.