L’irresistibile ascesa di Mattia sartori, dal freesbee alle oche

Tempo un paio di elezioni, e ce lo ritroviamo ministro degli Esteri, o della Salute, perché no presidente del Consiglio


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Psicofenomenologia di Mattia Santori, in arte La Sardina. Nato da umili origini (forse), esce dal nulla – out of the blue – proponendosi come capo di un branco di pescetti conformisti. Curriculum: giocatore di freesbee. Studi: nessuno degno di nota. Attitudini: un populismo sconfortante, condito da frequentazioni di potere: Prodi, i Benetton, il fotografo al prosecco Toscani, il politburo piddino (ci sono le foto, tutti in posa sorridenti). Segni particolari: una inquietante somiglianza col geometra Calboni, quello di Fantozzi che ordinava “due scotches, please”. Il Sardinista, con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così, canne consapevoli, piantine democratiche, accuratamente trasandato, finto semplice, finto giovane, finto umile: gli bastò una mezz’ora di notorietà per impancarsi a coscienza civile a suon di gaffes (“due gaffes, please”). I detrattori? “Merluzzi” (che originalità), le domande? Non si risponde, le domande provocatorie? La strizza che scade in stizza, le accuse andanti, il vittimismo strategico che non contiene la finzione totale, l’arroganza automatica: “Io porto in piazza ventimila persone, capito, sciacalli che mi spulciate i social”. Lui le porta in piazza.
Più che altro è sulla piazza – e non lo nasconde: spara una “convocazione delle linee guida”, come a dire siamo qui che ci contiamo ma guai a chi sgarra, perché il piddì è così, democratico del genere progressivo, soviet. Il Sardomobile conta balle in quantità industriale, eravamo quattro amici al bar, siamo saliti “dal basso”, non abbiamo dietro nessuno, dovevamo far qualcosa per opporci a questa opposizione di brutti e cattivi. Sempre con quella faccetta spocchiosa, leopoldina, da istruttore di freesbee. Lo guardi e pensi, ma io questo qui l’ho già visto, dove l’ho già visto? E infine, folgorante, l’illuminazione: ma sì, stava sul palco, che palco? Oh bella, il palco dell’Ariston, del Concertone, da Sanremo al Primomaggio. La sardellina leaderina Mattia è il gemello siamese di Lodo Guenzi, leaderino degli Stato Sociale: stessa creatività ginnasiale, medesima propensione al vuoto pneumatico gabellato per satira, analoga profondità di pensiero. Ineressati, carrieristi, ambiziosi, loro, le sardine? Ma quando mai: al contrario, buoni: sensibili, mansueti, solo non discuteteli se no torna fuori il dispetto dei bambini capricciosi, fanno quello che fanno perché lo fanno, perché devono, perché c’è bisogno di loro: qui, specie in Emila Romagna, c’è un feroce regime nazi-trattino-fascista-trattino-leghista-trattino-sovranista, e dunque se non ora quando? Mattia, come Lodo, ti guarda e mostra (o finge) di capirti o almeno di provare a capirti: sono per il dialogo, per il confronto, a patto che sia chiaro che han ragione loro. Diciamo la verità: uno slogan come “Bologna (o Modena, di seguito le altre date del tour) non si Lega”, non era geniale, della specie dissacrante? Non potrebbero cantarlo gli Stato Sociale sul palco dell’Ariston? Sai le risate, magari con un Prodi che sgambetta.
La sardina in chief prende a inflazionarsi per microfoni e telecamere ribandendo il suo giuramento della pallacorda, ma soprattutto della palla: noi spontanei, dal basso, niente partiti dietro, niente burattinai. Partiti? Non vi permettete, noi siamo un movimento autonomo, spontaneo, nato dal basso. Sì, dai fondali del mare che, essendo profondo, come cantava Lucio Dalla, non lo puoi fermare non lo puoi recintare. Neanche il Sardinaro lo recintano: dopo inverecondi giuramenti di non cercare, anzi di aborrire qualsiasi poltroncina politica, viene calato dall’alto come l’asso di coppe dal PD a Bologna; e i bolognesi, che quando ci si mettono sono impagabili, lo votano come nessuno mai. Premiano l’agenda piddinista, più Europa, più Erasmus, più accoglienza, più migranti, più egualitarismo, più cultura, più canne, più tasse (di fatto le sardine di piazza avallano il governo più tassatore della memoria recente), in una parola: più stato sociale. Una vita in vacanza, la sardina che danza. Casomai le cose dovessero andar male, contrordine sardine: si cambia mare.
Affinità e divergenze tra il compagno Matteo e il compagno Lodo: pochissime le divergenze. Separati alla nascita, con quei riccioli irriverenti e accuratamente trascurati (quasi un manifesto ideologico), la convinzione d’essere necessari ai destini dell’umanità, l’espressione finto svagata che cela una finta intelligenza che cela una vera latitanza. O, parafrasando Marx (Groucho): “Quel tale sembra un frescone, ma non lasciatevi ingannare: lo è davvero”.
Sardina Mattia nega Bibbiano: e a Bibbiano fioccano le condanne per un intero sistema controllato dal PD, a cominciare dallo psicologo Claudio Foti, che sembra un pazzo, ma i suoi conti li sapeva fare benissimo: trait d’union tra Forteto e Bibbiano, fortemente sponsorizzato dal Pci, Pds, PD. Si schiera coraggiosamente con un altro sistema, quello di Mimmo Lucano, il maneggione di Riace: gli danno 13 anni per una oscena caterva di reati. Ma la sardina ricciola è già sgusciata altrove, per nuove battaglie civili, denuncia, in un video, il traffico capitalista di Bologna, impossibile, indisciplinato, invaso da sovranisti che se ne fottono dalle regole, ma per girarlo sfreccia contromano sul suo scooter, che non è neanche elettrico. Sgamato, rimuove dai social come niente fosse. Se la piglia con l’intrapresa liberista Dazn, quella che trasmette le partite a singhiozzo, e propone di ristrutturare gli stadi di pallone in stadi di freesbee (oh, bella). Va in tivù, questo detestato strumento della subcultura capitalista, e alle critiche di turno risponde con un sorriso stordito, chissà se per ragioni arboree. Messo alle strette, si rifugia in sproloqui socialpopulisti. E si vanta: “A Bologna il fascismo (cioè Salvini) lo abbiamo fermato noi”. Premiato, eccolo in consiglio comunale, il branco ittico è già affondato, è disperso, lui invece è emerso. Nell’irritazione della sardina calabrese Jasmine Cristallo, che quanto a inconsistenza non è da meno e dunque aveva diritto anche lei a un posto al sole: forse ha puntato sui cavalli sbagliati, tutti della sinistra massimalista anziché riformista.
Nell’anticamera del potere, SardoMattia si propone in un vibratorio intervento a proposito dei “molossoidi” di un compagno agreste che hanno mangiato due oche: Sardina ha le lacrime in gola, il tono strozzato non riesce a concludere il suo intervento, accolto in un silenzio basito. Par di capire che la colpa sia del Grande Reset che ha originato una sottocultura razzista dei padroni (dei molossoidi) che non tutelano le oche (appartenenti allo stesso padrone). Così che non si capisce più se il compagno orfano delle oche sia: un padrone, un proletario, una vittima, uno strumento del neoliberismo. Un evento increscioso, di quelli che si ripetono dalla notte dei tempi, cani che pappano candide anatidee, diventa una tragedia che oscura l’Ucraina: forse il Sardomobile pensa di vivere a Paperopoli. La Sardina è piddina, ma il governo bancario non la disturba, le restrizioni di regime le chiama libertà. Del resto, è sempre lo stesso Ricciolone che, a domanda secca (di Sallusti), “Fareste o no la prescrizione dei processi?”, rispose, testuale: “Ma lei Sallusti se un bambino autistico quando gli passa un pallone da basket questo ritrae le mani, come riesce a passargli la palla e fare in modo che questo la raccolga con le mani che non sa usare?”.
Come faceva uno così a non sbarcare in politica, nell’azienda Piddì? Ed è solo un debutto, come si prometteva nel ’68. Anche perché sulla faccenda delle oche, Matty ha incassato l’endorsement, pesante, di Selvaggia Lucarelli, una che ne sa. Tempo un paio di elezioni, e ce lo ritroviamo ministro degli Esteri, o della Salute, perché no presidente del Consiglio. Cosa mai potrebbe andare storto?