Dietro lo schermo. Gli intrecci che legano i personaggi televisivi

I veri padroni dei palinsesti sono tre o quattro agenzie molto potenti: Beppe Caschetto, Lucio Presta, la Visverbi; poi altri, da Francesco Facchinetti a nomi secondari, più concentrati sul parco musicale e televisivo in genere


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Non avendo di meglio di cui occuparci (in fondo una guerra alle porte di casa, una carestia incombente, la prospettiva di una reclusione collettiva a vita che saranno mai?), troviamo cose esistenziali come il pagamento degli ospiti in televisione. È giusto vendere le proprie opinioni? È sbagliato? Sbagliato magari no, è un mestiere come un altro; casomai, sarebbe da approfondire la faccenda: come mai certi sì e altri no? Come si spiega che, gira che ti rigira amore bello, le facce siano sempre le stesse in un carosello infernale di talk show? È sano che la Rai, medium di stato, paghi coi soldi della collettività anche propagandisti e provocatori? Ma, soprattutto: cosa c’è dietro certi volti insistenti con così tante parole e così poco da dire? I giornalisti, gli intellettuali o come li si voglia considerare, non sono o non dovrebbero essere percepiti alla stregua degli istrioni: tutti i programmi sono, di fatto, contenitori di eventi, di libri, di dischi, di spettacoli proposti dall’invitato di turno, ma l’inviato è altro, è uno che di norma ha già un suo lavoro – nel giornalismo, nell’università, nella ricerca – e l’ospitata televisiva è di per sè un privilegio, accresce la notorietà, diventa volano per ulteriori incarichi. Quello che il pubblico non sa, e dovrebbe assolutamente sapere, è che dietro questi soggetti si agita uno scenario di manager, impresari, politici, maneggioni che fanno da cerniera tra il potere e la comunicazione.

Ci sono tre o quattro agenzie molto potenti: Beppe Caschetto, che di fatto colonizza Che tempo che fa (oltre ad altri programmi); Lucio Presta, uomo ovunque, sponsor del politico Renzi, che lo voleva sindaco di Cosenza; la Visverbi, cui si deve la costruzione di personaggi quali, tra gli altri, Andrea Scanzi, Selvaggia Lucarelli, Giuseppe Cruciani, Filippo Facci; poi ce ne sono altri, da Francesco Facchinetti (che ha ereditato proprio la Lucarelli da Visverbi) a nomi secondari, più concentrati sul parco musicale e televisivo in genere.
sono questi pochi, tra guerre intestine ed estemporanee alleanze. Nessun volto finisce nel vostro schermo di casa senza questi agganci, che gli spettatori ignorano ma sono decisivi. Sanremo è la quintessenza di questa tendenza: un campo di Agramante suddiviso fra ospiti, concorrenti, conduttori divisi fra Caschetto e Presta, con puntate di altri competitor (durante il mandato di Baglioni la parte del leone la faceva il suo manager, Riccardo Vitanza di Parole e dintorni, uno capace di gestire o almeno produrre in misura davvero trasversale il mainestream musicale, dallo stesso Baglioni a Francesco De Gregori, Zucchero, Claudio Baglioni, Francesco Guccini, Luciano Ligabue, Elisa, Renato Zero, Vinicio Capossela, Umberto Tozzi, Piero Pelù…).

Ora, la domanda che nessuno pone e invece è ineludibile, è la seguente: è giusto che un giornalista si trovi nella stessa scuderia di divi, personaggi da reality, cantanti, politici? Come fa, poi, a scriverne in termini critici? Uno come Saviano, gestito da Caschetto, è di fatto intoccabile: vi pare realisticamente possibile che venga messo in discussione da chiunque si affacci nel programma di Fabio Fazio? Il Fatto Quotidiano è una testata in continua flessione, letta da un numero assai contenuto di acquirenti – le ultime rilevazioni lo danno sotto le trentamila copie giornaliere. Ma i suoi scrivani sono i più sovraesposti sui media e sovente a pagamento. Come Scanzi, come, vedi caso, il professor Orsini, oggi di moda, passato a quel giornale mentre firmava un contratto da duemila euro a ospitata con Carta Bianca della Berlinguer. Assistiamo così a partite di giro per cui Scanzi è ospite di Gramellini, Travaglio di Fazio e tutti vanno (a gettone) da Lilli Gruber insieme a Gomez, Padellaro e altri, sempre del Fatto e tutti dati per contigui al Movimento 5 Stelle.

Quello che il pubblico grosso non sospetta è che a collegare il tutto è proprio l’impresario Caschetto, da sempre fortissimo a La7, gradito al Movimento di Grillo e popolare al Fatto e alla società di comunicazioni Loft che produce gli eventi della testata. Caschetto, ex sindacalista Cgil, come titolare della ITC 2000 management rappresenta o ha rappresentato (anche) svariati giornalisti e conduttori di La7: Lilli Gruber, Giovanni Floris, Luca Telese, anch’esso vicino ai 5 Stelle, insieme ad altri in quota piddina: Corrado Formigli, Fabio Fazio, Lucia Annunziata, Massimo Gramellini, in forza a Rai3. Il Fatto Quotidiano tramite Loft realizza trasmissioni, fra cui Accordi e Disaccordi con Andrea Scanzi, e dove il direttore del Fatto, Travaglio, è ospite quasi fisso; Belve, di Francesca Fagnani, fidanzata di Enrico Mentana, responsabile dell’informazione di La7; La confessione di Peter Gomez ed altri ancora. Tutta questa produzione viene poi rivenduta al Programmi che poi Loft del Fatto Quotidiano rivende al canale Nove, in cui Beppe Caschetto è presenza fortissima.
È un esempio, niente di più. Per dire che l’intero panorama televisivo si regge su questi accordi senza disaccordi. Tutto formalmente regolare, tutto lecitissimo: che sia anche eticamente cristallino, è da discutere. Insomma si fa ma si potrebbe pure evitare. L’importante è sapere che la concorrenza tra le reti è più fittizia che reale, che i giochi dell’informazione sono davvero senza frontiere: e i giornalisti, o opinionisti, non possono non patirne conseguenze in termini di libertà di opinione. Informava alla fine del 2020 il sito Vigilanza Tv: “A Quelli che il calcio, Caschetto rappresenta almeno otto membri del cast fisso. A Che tempo che fa ne rappresenta almeno cinque (Fazio, Littizzetto, il duo Ale & Franz, Enrico Brignano, Roberto Saviano) senza contare i vari ospiti di turno della stessa scuderia, come per esempio Sabrina Ferilli o Andrea Delogu (che ora è onnipresente in Rai e conduce un programma con Stefano Massini, ospite fisso di Piazza Pulita condotto dal caschettiano Formigli”.
Queste ed altre cose al pubblico non debbono interessare e infatti non gli vengono dette. Così, quando l’Orsini della situazione va in tivù, ci va a dispensare la sua verità, ma a tassametro, duemila euro più Iva. Dice la gente: beh, è giusto, se no è censura. Dice la gente: e allora i virologi? Ma anche i virologi sono lì a portar la voce non della scienza ma di questo o quel partito – e, in definitiva, di loro stessi. Noi però vorremmo che per ogni sacro opinionista, all’inizio di ogni trasmissione, venisse letta una scheda in cui si spiega: chi è il suo impresario, a quale prezzo, con quale forza politica di riferimento, se c’è. Siamo o non siamo nell’epoca della trasparenza?