Jane Campion vince il premio per la miglior regia con “Il Potere del Cane” agli Oscar 2022

Un risultato storico per la regista neozelandese: è solo la terza donna ad aggiudicarsi questo riconoscimento in 94 anni di Oscar

Oscar 2022

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Jane Campion ha vinto l’Oscar per la miglior regia, ed è solo la terza donna ad aver ottenuto questo riconoscimento in 94 anni di storia degli Oscar, dopo Kathryn Bigelow nel 2010 e Chloé Zhao nel 2021. Era uno dei premi più attesi, e anche ampiamente pronosticati di questi Oscar 2022. Importante perché la categoria miglior regia pure sotto il profilo simbolico è fondamentale per misurare il polso del progressivo cambiamento delle politiche sia dell’Academy che in generale dell’industria del cinema, nel senso di una sempre maggiore attenzione all’universo femminile e all’inclusività.

Costituisce un dato veramente epocale, e un segno di mutamento, la seconda vittoria consecutiva di una donna dato che l’Academy è sempre stata avarissima di riconoscimenti, o anche solo di nomination, al femminile. Prima di questi Oscar 2022 si contavano solo sette candidate: Lina Wertmuller, prima in assoluto nel 1977, con Pasqualino Settebellezze, seguita proprio da Jane Campion con Lezioni Di Piano (1994), Sofia Coppola per Lost In Translation (2004), la già citata vincitrice Kathryn Bigelow nel 2010 con The Hurt Locker, Greta Gerwig con Lady Bird (2018) e, nel 2021 l’altra vincitrice Chloé Zhao ed Emerald Fennell.

Questo risultato perciò è il segno di un cambiamento epocale, che il palmarès di questi Oscar 2022 sta confermando. È la dimostrazione che tutto quanto l’Academy sta facendo dal 2015 in poi in tema di inclusività, attraverso la nomina di tantissimi nuovi membri votanti tra donne e appartenenti alle minoranze – il numero di donne è raddoppiato, arrivando al 33% del totale degli elettori – comincia a produrre effetti tangibili. È il segno di un (faticoso) processo di cambiamento culturale che riguarda anche gli equilibri tra uomini e donne all’interno dell’industria del cinema.

Di questo cambiamento la 67enne Jane Campion può essere ben riconosciuta come un simbolo. La regista neozelandese ha una lunga e prestigiosa carriera e agli Oscar 2022 s’era già distinta per una serie di primati: prima donna nella storia degli Oscar con due nomination per la regia, come prima accennato; record per numero di nomination personali nella stessa edizione, ben 3 (a pari merito con Chloé Zhao), dato che, essendo anche produttrice, ha ottenuto la candidatura per film, regia e sceneggiatura non originale, anche se quest’ultimo premio l’ha vista sconfitta dalla Sian Heder de I Segni Del Cuore (ma nel 1994 aveva vinto già quella per la sceneggiatura originale, per Lezioni Di Piano); infine, nessuna regista prima di lei aveva diretto un film da 12 nomination totali (il pluripremiato Nomadland l’anno scorso ne aveva appena la metà).

Jane Campion è riuscita a prevalere su di un parterre di contendenti di alto profilo, comprendente Kenneth Branagh, Steven Spielberg, Paul Thomas Anderson e Ryûsuke Hamaguchi. La statuetta è anche un premio alla sua carriera: sin dai suoi primi film, Sweetie (1989), il bellissimo Un Angelo Alla Mia Tavola (1990) che l’impose all’attenzione internazionale e, ovviamente, Lezioni Di Piano, è stata autrice di un cinema molto attento all’universo femminile e alle complesse dinamiche che s’instaurano tra desiderio e repressione, bisogno di espressione della propria identità e norme coercitive che tendono, soprattutto rispetto alle donne, a mortificarlo.

In questo senso Il Potere Del Cane, giunto dopo oltre dieci anni di assenza dal cinema – nel frattempo però aveva lavorato per la tv con la serie Il Mistero del Lago – è perfettamente in linea con la sua poetica, un western atipico con al centro un cowboy che esibisce pose da macho reprimendo la sua autentica natura. Un’opera che riflette su questioni in linea con il tema dell’inclusione e anche una riflessione sfaccettata e complessa sul tema dell’identità, oltretutto condotta, e questo è un merito ulteriore, ricorrendo al genere americano e maschile per eccellenza, che nella rilettura della Campion dimostra la sua inesausta vitalità.

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