Storia senza vergogna di Gualtieri che piazza Raggi a Expo 2030

Questa è 'Italia: il Paese dove il sindaco più sciagurato dai tempi di Tito Tazio, una volta decaduto, viene messo dal successore a capo di un carrozzone che boicottava


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Per dire cosa è la politica in Italia. Virginia Raggi, il sindaco più assurdo ab urbe condita, finisce il mandato e il PD, alleato di governo del partito di Raggi, le mette contro un carneade, Gualtieri, fallimentare ministro economico ma buon strimpellatore di Bella Ciao. Raggi accusa, attacca, ma di fatto non danneggia, Gualtieri viene eletto come deciso anche perché la sedicente destra di Salvini e Meloni si guarda bene dal fargli concorrenza, un po’ come quando c’è Sanremo e gli altri network mandano repliche di repliche. In apparenza i rapporti sono gelidi, anzi inesistenti: “Mai con Gualtieri” dice Raggi. “E chi la vuole” risponde Gualtieri “lei ha sabotato le Olimpiadi a Roma, ha vietato qualsiasi evento sportivo mondiale in prospettiva, ha questionato con capo del Coni Malagò, diceva che qualsiasi cosa è fonte di corruzione, è stata disastrosa per la città”. Ma se uno ha una minima esperienza di faccende politiche, di ipocrisie di potere, capisce l’antifona. Passa l’inverno, i cinghiali a Roma restano, la immondizia per le strade pure, non si scorge gran cambiamento e intanto il governo piddino-stellato-leghista-forzista sbanda, arranca, ma tiene duro sulla serrata del Paese. Verso la fine di febbraio la Lega spinge per abolire il greenpass alla fine di marzo, in concomitanza con la cessazione di uno stato emergenziale divenuto eccezionale, ma le votano contro tutti, anche i quattri amici al bar di Renzi. Calenda fonda una listarella personale, di stampo pariolino, con l’evidente intento di condizionare il PD, di mettersi sul mercato della sinistra, esattamente come Renzi, e provoca i grillini dicendo praticamente che è disposto a farsela con tutti meno che con loro. I grillini tuonano, sputano fuoco e fiamme. Ricciardi, incredibile Rasputin dell’ultracomunista Speranza, che vuole ridurre l’Italia a colonia cinese e non ne fa mistero, subito si propone a Calenda. Calenda e Renzi sembrano agire frontalmente contro il PD dei mandarini, dei Letta e degli zombie che a volte ritornano, i D’Alema, i Bersani che hanno il potere vero perché ammanicati con Pechino. A fine febbraio Gualtieri, sindaco piddino, nomina Virginia Raggi presidente del carrozzone Expo 2030. Lei, che aveva bocciato tutti gli Expo possibili e immaginabili. Votano tutti a favore, anche i calendiani che non vogliono avere a che fare coi grillini, 11 favorevoli e una scheda bianca. Da calendari e renziani arrivano vibranti proteste, ma non si capisce contro chi, visto che l’hanno votata loro. I resoconti sembrano usciti da un reparto di igiene mentale: “Polemiche da Italia viva: «A guidare la commissione su Expo 2030 è stata scelta Virginia Raggi (che neanche può partecipare alle riunioni perché senza green pass). Quando si dice premiare il merito», scrive il deputato di Italia Viva Luciano Nobili. I consiglieri renziani (eletti con Calenda) Valerio Casini e Francesca Leoncini considerano «semplicemente folle» la scelta dell’ex sindaca e attaccano i colleghi della Lista Calenda: «Ci hanno tenuti all’oscuro dell’accordo»”.
Raggi di colpo smette di fare la nogreenpass, del resto si sa che per sedersi a tavola il QR è indispensabile. La sera arriva la carrellata di dichiarazioni dai portaparola dei partiti: “Noi siamo l’unica forza responsabile, coerente, lineare, avulsa da giochi di potere, alle poltrone preferiamo le idee, al beneficio personale anteponiamo l’interesse del Paese”. All’unisono, in processione, un megafono di Calenda, poi uno di Renzi, poi quello di Raggi, dulcis in fundo il piddino. Da destra, nulla osta, nessun commento, chi tace avalla. Cristallina e densa di significati la posizione del sindaco Gualtieri: “La nomina è una cosa positiva perché ci si assume un impegno sulle sfide più generali della città. Oggi la nomina di due presidenti della lista Calenda e del M5s hanno visto il coinvolgimento delle opposizioni”. Un po’ sgangherato, il sindaco è più bravo con la chitarra, ma efficace: le sfide più generali della città possono ricordare l’eterna spartizione, il sacco circolare, ma sono solo cattivi pensieri di disfattisti novax.
L’Italia è quel Paese dove tutti fanno il contrario di quello che dicono, però “tenuti all’oscuro” del proprio operato. Dove sputtanarsi è un’arte. Dove la politica è intesa come esclusivo sabotaggio o provocazione, manovra contorta, io ti piazzo questa così mando un avvertimento a quello, che non se la faccia con quell’altro perché poi non c’è trippa per gatti per quell’altro ancora e alla fine attenti che faccio cascare il governo. Dove le regole sono fatte per spargere fumo, a meno che non si parli di greenpass e di vaccini. Dove la morale sta in soffitta, però la si tira fuori e le si dà una sbattutina appena serve a legittimare un coprifuoco eversivo. Dove un consigliori politico sta in un dedalo di lobby e gruppi di pressione che, dato il suo ruolo strategico al ministero, lo rendono passibile di provvedimento immediato, però non succede niente perché la magistratura è docile e obbediente alle logiche del partito dominante che è quello del consigliori (le listarelle da fronda interna sono solo diverticoli). L’Italia è il Paese dove il sindaco più sciagurato dai tempi di Tito Tazio, una volta decaduto viene messo dal successore a capo di un carrozzone che, da sindaco, boicottava, mentre tutti protestano dopo averne votato la nomina. E nessuno ci trova niente di vomitevole.